Imprese contro l’estensione degli strumenti contro l’evasione dell’Iva per la quale il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha chiesto martedì il lasciapassare della Ue. E anche l’ex viceministro del Tesoro Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica, critica la scelta di prorogare di tre anni il raggio d’azione del cosiddetto split payment, il meccanismo in base al quale l’imposta sulle forniture alle pubbliche amministrazioni sia versata direttamente all’Erario senza passare per le casse dei privati. “E’ il classico strumento che serve per la caccia al gettito indiscriminato nei confronti delle imprese, non per la lotta all’evasione. Lo introducemmo in via sperimentale con la legge di Stabilità per il 2015, la prima del governo Renzi e per fortuna anche l’ultima in cui a Palazzo Chigi si diede credito alle soluzioni di noti tassatori old style“, scrive Zanetti in un comunicato.

“Il fatto che il governo Gentiloni voglia ora proporre la proroga di questo strumento e addirittura un suo ampliamento – secondo l’ex montiano diventato verdiniano – è un segnale eloquente che è in atto una vera e propria regressione. Ancor più se si pensa che l’intensificazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle liquidazioni Iva trova una propria accettabilità solo se finalizzata ad evitare di ricorrere ancora proprio a misure invasive di massa come lo split payment”.

Dal canto loro anche le aziende fanno muro. Rete Imprese Italia, che riunisce artigiani e commercianti, fa notare che con l’applicazione dello split payment “le numerose imprese che forniscono beni e servizi alla pubblica amministrazione, oltre a soffrirne i cronici ritardi di pagamento, si trovano costantemente a credito di Iva e subiscono maggiori costi amministrativi legati agli adempimenti e alle eventuali garanzie richieste in sede di presentazione delle istanze di rimborso“. Il contrasto all’evasione Iva, nell’ambito dei rapporti con la pa, “non può avvenire snaturando il funzionamento del tributo e caricando sempre le imprese di nuovi oneri, ma va esercitato attraverso il controllo ed il costante monitoraggio delle fatture elettroniche veicolate attraverso il sistema di interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate”, si legge nel comunicato dell’organizzazione delle pmi. Che auspica di conseguenza che, “in coerenza con le indicazioni della Commissione europea”, venga “rispettato il termine di scadenza del 31 dicembre 2017 e termini l’applicazione di questo strumento rivelatosi vessatorio per le imprese che pagano regolarmente l’Iva”.

L’Aniem, Associazione delle imprese edili aderente a Confimi Industria, si dice a sua volta “sconcertata” per la richiesta di proroga triennale presentata a Bruxelles da Padoan. Il presidente Dino Piacentini sottolinea come “tale meccanismo mette nelle condizioni le aziende di fungere da bancomat allo Stato: l’azienda, con lo split payment, mentre non riceve l’Iva sulle commesse dovrà comunque versare in pagamento l’Iva su fattura ai propri fornitori. E aspettare fiduciosa che la pubblica amministrazione ‘restituisca l’Iva’”. Si tratta di “un cambio di rotta rispetto a quanto da anni si cerca di fare, anche a livello Codice Appalti, sui temi di maggiore attenzione e tutela delle Pmi nel mercato delle commesse pubbliche per evitare di dare il colpo di grazia ad un sistema produttivo, lo ricordiamo, costituito da micro, piccole e medie imprese”.

Critico anche Mario Lucenti, presidente di Coseam Italia, il Consorzio stabile di riferimento operativo di Aniem che rappresenta le pmi attive nel settore dell’edilizia e delle infrastrutture: “E’ una misura che non va certo nella direzione di incentivare le aggregazioni e le reti tra imprese. Basti pensare che solo nel 2017, lo split comporterà per il nostro Consorzio una perdita di liquidità di circa 500mila euro“.

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