Cavaliere del Lavoro, Grande Ufficiale, Commendatore. In Italia titoli e onorificenze si attribuiscono a pioggia, ma levarli non è così facile. Neppure quando diventano una macchia per la stessa Repubblica che li ha conferiti, come dimostrano i tanti dittatori, pluricondannati, piduisti, faccendieri tuttora presenti negli elenchi dei benemeriti della nazione. Si prospetta dunque impervia la battaglia dei parenti delle vittime di Viareggio per far revocare il titolo di Cavaliere del Lavoro a Mauro Moretti, ex ad delle Ferrovie dello Stato appena condannato dal Tribunale di Lucca a sette anni per la strage in cui morirono 32 persone. Non a caso in serata è arrivata la notizia di una mozione ad hoc dei senatori M5S, che chiedono di calendarizzare subito. Perché? Perché come detto conferire titoli è una passeggiata, per toglierli non basta la candeggina. La trafila è del tutto analoga a quella per assegnarli, ma da percorrere al contrario. Col vento contro, s’intende.

Ai sensi della legge 194/1986 a proporre riconoscimento o revoca sono i prefetti e i ministri che devono trasmetterli al Ministero per lo Sviluppo Economico entro il 15 marzo di ogni anno. I prefetti preparano l’istruttoria che finisce sul tavolo del Presidente della Repubblica che valuta la rosa di nomi e sceglie, di fiore in fiore, fino a 25 Cavalieri l’anno. L’art. 8 della legge prevede di allegare documentazione utile alla valutazione e al primo posto c’è proprio l’estratto del casellario giudiziario e il certificato dei carichi pendenti. Il punto è che una volta “cavalierato” qualcuno – vista la trafila e quanti soggetti politico-istituzionali devono metterci becco – farlo scendere da cavallo è quasi impossibile. Anche in caso di condanne che smentiscono i requisiti fondativi dell’onorificenza stessa, posto che il terzo articolo della legge mette al primo punto “aver ottenuto una specchiata condotta civile e sociale”. Insomma, il requisito essenziale smentito nei fatti non comporta la decadenza automatica, e neppure manuale.

Questo spiega perché ancora sono benemeriti della Repubblica anche un Poggiolini o un Romiti. Che non sia una strada facile lo sanno benissimo quei parenti che ora, in forza della condanna, invocano la revoca del titolo di Cavaliere del lavoro. Il ragionamento è chiaro, nelle parole di Marco Piagentini, sopravvissuto con gravi ustioni all’esplosione della cisterna di gpl: “Come si fa a dare un cavalierato del lavoro a uno che è stato condannato per la morte di 32 persone?”. Perché il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha nominato Moretti proprio nel primo anniversario della strage ferroviaria: il botto è stato il 29 giugno 2009, la medaglia con croce greca bordata d’oro e l’emblema della Repubblica è arrivato il 31 maggio del 2010. E’ un tarlo da allora. Già a gennaio del 2015 i parenti delle vittime avevano scritto al commissario prefettizio di Viareggio, Valerio Massimo Romeo di farsi carico della richiesta di revoca, come richiede la procedura. Un tentativo disperato di vedere le istituzioni dalla loro parte, non solo a parole, ma anche con i simboli. Che il prefetto abbia poi mosso un dito o meno è irrilevante: è passato un anno da allora, e ha fatto prima la giustizia. La politica e le istituzioni attendono.

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