L’alterazione del principio della concorrenza, l’aumento dei costi per i lavori realizzati e le vicende penali che hanno coinvolto diversi appalti. Sono queste le principali criticità rilevate nella gestione di Expo dalla Corte dei conti nella sua relazione sull’esercizio 2015, l’anno di effettiva apertura al pubblico dell’esposizione universale, prima della messa in liquidazione della società. Partendo dai dati di bilancio, il documento fa il punto sui numeri che hanno caratterizzato l’evento. A partire dagli investimenti pubblici che dal 2008 in poi hanno finanziato la corsa verso la realizzazione della manifestazione.

In tutto i contributi in capo agli enti pubblici, compresi quelli che al 31 dicembre 2015 erano ancora da versare, sono stati di 1,26 miliardi di euro: 893 milioni dal governo, 161 milioni da Regione Lombardia, 159 milioni dal comune di Milano, 30 milioni dalla Camera di commercio e 16 milioni dalla provincia di Milano. Somme solo parzialmente compensate dai ricavi ottenuti con l’apertura dei padiglioni nel 2015: 745 milioni (tra cui 218 milioni di sponsorizzazioni e 427 milioni per la vendita di 21,5 milioni di biglietti di ingresso). In particolare il 2015 si è chiuso con una perdita di 23,8 milioni di euro, come era emerso nei mesi scorsi dopo le bugie a riguardo dell’ex amministratore delegato della società Giuseppe Sala, che per settimane aveva negato il rosso di bilancio.

Il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 è pari a 30,7 milioni, dopo una rettifica al rialzo rispetto ai 14,2 milioni comunicati dal cda nella relazione presentata un anno fa all’assemblea dei soci. La consistenza del patrimonio netto, su cui influiranno anche i conti del 2016 e degli anni successivi fino alla definitiva liquidazione della società, è in ogni caso inferiore a quanto previsto da Expo nelle relazioni dei bilanci precedenti a quello del 2015 e dalla stessa Corte dei conti, che nella relazione relativa all’esercizio 2013 scriveva: “Il patrimonio netto alla fine dell’evento sarà pari a circa 135 milioni di euro”. Su tale gap, la nuova relazione dei magistrati contabili riporta le motivazioni della società: mancati versamenti da parte dei soci per 66 milioni, mancato rimborso di costi per l’innalzamento del livello di sicurezza per i rischi di terrorismo (14,1 milioni), mancato rimborso dei costi per il programma volontari (7,1 milioni), mancato rimborso dei costi per il parcheggio di Cascina Merlata (15 milioni).

“Alterazione del principio della concorrenza” – Per quanto riguarda le criticità, come detto, la Corte dei conti rileva innanzitutto “l’alterazione del principio della concorrenza in molti appalti affidati”, su cui ha influito l’utilizzo frequente di procedure di affidamento diretto. “Le gare ad evidenza pubblica – si legge nel documento – si attestano anche nel 2015 ad appena il 61 per cento circa del valore totale degli affidamenti per servizi, e al 44,25 per cento del totale degli affidamenti di lavori, o misti”. Tra le cause che hanno portato alla “grande urgenza che ha accompagnato tutto il periodo di preparazione dell’evento” e al ricorso a frequenti affidamenti diretti, i magistrati individuano “il ritardo nell’acquisizione delle aree a causa delle originarie divergenze tra Regione Lombardia e comune di Milano, protrattesi fino al 2011”.

Molte varianti in corso d’opera che possono vanificare il ribasso – I maggiori costi di lavori e servizi sono stati provocati, tra le altre cose, “dalle numerose varianti in corso d’opera, in molti casi dovute anche al verificarsi di eventi imprevisti”. I magistrati contabili non mancano però di sottolineare che l’eccessivo ricorso a varianti ed opere complementari “rischia di determinare vere e proprie anomalie della fase esecutiva dell’appalto”. E che “tali sopravvenienze si concretizzano pur sempre in un considerevole aumento dei costi delle opere rispetto a quelli negoziati che, laddove intervengano in affidamenti aggiudicati esclusivamente sulla base dell’offerta economica possono di fatto vanificare lo stesso ribasso di gara; in altri casi possono favorire l’alterazione della leale concorrenza, ove fenomeni corruttivi si siano eventualmente insinuati nella fase preliminare alla gara o nel corso della stessa”.

Vicende giudiziarie e altre criticità – La presenza di fenomeni corruttivi viene ricordata anche in un altro passaggio del documento, in riferimento alle “vicende giudiziarie penali relative alla gestione di alcuni appalti”. La relazione si sofferma poi sulla “difficoltosa fase di start up della società” e sulle criticità riscontrate dalle verifiche di internal audit della società, “specie con riferimento alla tracciabilità delle attività operative e di controllo interno, all’accuratezza dei dati riportati e all’adeguata archiviazione, oltre che alla congruità di alcune voci di spesa in relazione alla natura delle stesse”.

Twitter @gigi_gno

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