Mia mamma. Mia mamma si chiama Milena (avrebbe dovuto chiamarsi Morena ma il prete si rifiutò di battezzarla con quel nome). Mia mamma è fiorentina, ultima di otto creature tutte con la “M” iniziale: Marcella, Margherita, Marcello, Mario, Mirella, Mauro, Marna e Milena.

I maschi sono morti, le femmine sono tutte vive.

Marcella, la primogenita, ha la bellezza di 95 anni e le poche volte che si lamenta dice: “Oh, come stavo bene quando avevo 94 anni!”.

Mia mamma è incantevole, infatti negli anni Sessanta vinse il titolo di miss Incanto e fece il giro in Lambretta all’interno dello stadio di Firenze insieme alle altre finaliste, una passerella motorizzata d’altri tempi. Mia madre è nata per curare una strana malattia di sua madre Elvira che aveva perso il tatto, e il medico disse che un parto l’avrebbe curata, e così fu, dopo la nascita di mia madre, nonna Elvira tornò a sentire gli oggetti. Misteri del corpo umano.

Mio padre Aldo, nato al Cairo da genitori italiani, passava le vacanze in casa di mia madre perché fra di loro c’era una lontana parentela. Si videro per la prima volta a 13 anni, avevano la stessa età, e per mio padre fu amore a prima vista. Anche se era miope, appena vide questa graziosa fiorentina disse a sua madre Isabella: “C’è un regalino anche per quella ragazza dai capelli neri?“.

Finite le vacanze estive, papà tornava in Egitto e scriveva lettere d’amore fissando la Sfinge. Poi i Farina si trasferirono a Roma e fu più facile incontrarsi: si incontravano a metà strada tra Roma e Firenze e quando andavano in trattoria e il conto era troppo alto, mamma passava i soldi sotto il tavolo a papà. Finalmente a 24 anni si sposarono, e papà trovò lavoro a Milano come ingegnere.

Dopo 6 anni venni alla luce e alle tenebre. E dopo altri 4 venne alla luce e alle tenebre anche mio fratello Roberto.

Ellisse temporale: alla fine del 2004 papà ci lasciò tutti di stucco con un colpo di genio: morire. Siamo rimasti in tre, con l’ombra di papà nel cuore. Io e mio fratello viviamo a Milano, mamma vive a Cinquale, in Versilia. Andiamo spesso a trovarla per tre motivi fondamentali: primo, perché è nostra madre; secondo, perché l’amiamo e terzo, perché cucina bene ( papà pesava 140 chili e non gli stavano nemmeno le camicie su misura).

Mamma non è sola perché se hai amato molto qualcuno non sei mai sola. E poi ci siamo Roberto e io che ci contendiamo i suoi baci. L’Arno e il Nilo confluiti nel nostro sangue grazie a una storia d’amore bellissima.

Col tempo sono riuscito anche a perdonare mamma di avermi condannato a morte facendomi nascere. In fondo la vita è l’arte dell’incontro.

Concludo con la frase di Giulia, una bambina di cinque anni che ha chiesto a sua madre: “Mamma, ma io e te come ci siamo conosciute?”.

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