Brindisi non è solo una città senza governo, ma anche senza opposizione. Il colpo di grazia non è riuscito. E si allunga la conta dei giorni dell’ultimo anno solare in cui il capoluogo pugliese naviga a vista. Continuerà così almeno fino al 13 febbraio, quando in aula verrà votata quella mozione di sfiducia sottoscritta da 17 consiglieri, pronti a chiudere l’esperienza amministrativa di Angela Carluccio, iniziata appena lo scorso giugno. Avevano però deciso di accelerare, firmando le dimissioni dal notaio perché i numeri sono ballerini e il pressing affinché qualcuno cambi casacca pare stia diventando asfissiante. Brindisi galleggia appesa agli umori dei recordman di voti, ai consiglieri “banderuole” che potrebbero cedere alle lusinghe, alle difficoltà di alcuni partiti di potersi permettere una campagna elettorale immediata a un anno dall’ultima corsa verso gli scranni più alti dell’aula. Così, mentre la sindaca si è dimessa annunciando già d’essere pronta a ritornare sui suoi passi, l’opposizione – assieme a chi ha abbandonato la Carluccio, ora sostenuta solo dagli ex Pd, dai Cor di Raffaele Fitto e dalla civica Noi Centro di Massimo Ferrarese, presidente dell’Invimit – non è riuscita ad assestare il colpo di grazia firmando le proprie dimissioni dal consiglio comunale, che ne avrebbero provocato lo scioglimento immediato.

Brindisi vive ormai da un anno un periodo nero, senza una guida certa. Tutto è cominciato dopo l’arresto (ai domiciliari) dell’allora sindaco Cosimo Consales, accusato di corruzione. E in questi giorni ha espresso il peggio del proprio freddo calcolo, fatto sulla pelle della città. Come la crisi si fosse generata, tra aumento della Tari, già la più alta d’Italia, una nomina semi-trasparente dell’amministratore di una società partecipata e una lotta legata alle deleghe sui rifiuti, eterno epicentro degli scossoni amministrativi, ilfattoquotidiano.it lo aveva già raccontato negli scorsi giorni. Fino allo strappo del micro-gruppo consigliare di Pasquale Luperti, che ha rifilato lo schiaffo decisivo scollando la maggioranza e raccogliendo ben 17 firme – più del 50 per cento del consiglio comunale – per presentare una mozione di sfiducia, calendarizzata per il prossimo 13 febbraio. Troppo lontano, secondo molti, per essere certi di arrivare compatti.

E allora, martedì 25 gennaio, ecco il tentativo di ribaltone: tutti davanti al notaio per firmare le dimissioni e chiuderla subito, neutralizzando anche la mossa della Carluccio, dimessasi poche ore prima annunciando già d’essere pronta a ripartire se si troverà una nuova maggioranza. Ecco però il primo freddo calcolo di Forza Italia: ok le firme, ma da congelare fino al 25 febbraio, ultimo giorno buono per andare al voto in primavera. Brindisi, era il ragionamento ufficiale degli azzurri, ha bisogno di un lungo periodo di commissariamento per ritrovare serenità e ordine nello scacchiere politico. Una versione più profonda e pragmatica vede Forza Italia in difficoltà sotto il profilo elettorale (alle scorse elezioni si è fermata al 4 per cento) e con le casse esangui, quindi impreparata a un’altra contesa da giocarsi a breve. Fatto sta che il tentennare di Forza Italia ha provocato litigi e malumori: Luperti ha salutato la compagnia e si è allontanato. Niente firme, nessuna fine dell’amministrazione Carluccio. E pioggia di accuse su Forza Italia, rea di aver spaccato il tavolo.

A ricucire il tutto non è bastato l’intervento dell’ex sottosegretario alla Giustizia, Luigi Vitali, coordinatore regionale di Fi che mercoledì mattina ha ribadito la volontà del partito di farla finita subito. Quando i 17 sono tornati a incontrarsi nel pomeriggio, Luperti – ex assessore all’Urbanistica della giunta Consales indagato per turbata libertà di scelta del contraente, terzo più votato tra i consiglieri alle ultime elezioni e ormai padrone della crisi politica brindisina – ha detto no: “Ne parleremo in consiglio comunale, in modo tale che la città sappia”. Gli altri, volenti o nolenti, hanno dovuto adeguarsi. Hanno sbattuto la porta i Cinque Stelle: “Avevamo dato la nostra disponibilità per firmare le dimissioni e chiudere questa penosa parentesi politica. Avrebbero avuto effetto solo se presentate contestualmente da parte di almeno 17 consiglieri – dicono i grillini Stefano Alparone ed Elena Giglio – La nostra presenza a quel tavolo, decaduta l’unica motivazione, non aveva più alcuna ragione di proseguire”.

E il Partito democratico? La vice-segretaria regionale Sandra Antonica, commissaria del circolo cittadino spedita a Brindisi da Michele Emiliano per ripulire il partito, punta i piedi: “Eravamo lì per mandare a casa il sindaco. La posizione di Luperti è inaspettata. Non faccio oroscopi o illazioni, ma posso dire senz’altro che la sua decisione è maturata solo nelle ore precedenti all’incontro – spiega a ilfattoquotidiano.it –  Eravamo convinti di chiudere subito questa parentesi. Non parteciperemo ad altre riunioni. Chiediamo scusa alla città, perché il balletto delle responsabilità e lo spettacolo di questi giorni sono inqualificabili. La classe politica brindisina deve avere un sussulto di dignità e fare uno scatto in avanti. In consiglio saremo pronti a sostenere la mozione di sfiducia”. Se non fosse che adesso la (ex) maggioranza ha davanti quasi due settimane per portare dalla sua parte qualcuno dell’opposizione. C’è chi già in questi giorni si è lasciato scappare un “ora o mai più”, quasi a certificare le difficoltà di resistere alle lusinghe. Magari presentando il ribaltone come responsabilità di scilipotiana memoria.

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