Un avvertimento per Donald Trump affidato alle colonne dei media ufficiali. Gli Stati Uniti rischiano di dover fronteggiare una “guerra su vasta scala” nel caso in cui decidano di provare a bloccare l’accesso di Pechino alle “sue” isole nel mar Cinese meridionale. La risposta di Global Times e China Daily alle parole di Rex Tillerson non si è fatta attendere. Qualora le recenti affermazioni diventino reali a seguito dell’insediamento del tycoon alla Casa Bianca, “le due parti farebbero bene a prepararsi a uno scontro militare“. La replica più soft del ministero degli Esteri di Pechino sul richiamo “a mutuo rispetto e cooperazione” e a relazioni basate sul “non scontro, non conflitto e mutuo beneficio” ha ceduto il passo oggi, secondo una schema già rodato, a giudizi più pesanti e duri da parte dei giornali vicini al Partito comunista.

Cosa aveva detto capo in pectore della diplomazia Usa? Aveva affermato che “l’accesso a queste isole non dovrebbe essere consentito” a Pechino, senza fornire dettagli su come farlo, quando gli esperti credono che possa avvenire allo stato solo con l’uso della forza militare. Tillerson ha assimilato la mossa cinese a quella della “Russia che ha occupato la Crimea“. Il Dragone, che rivendica la quasi totalità del mar Cinese meridionale, ha sempre respinto le richieste simili di Paesi del sudest asiatico (come Vietnam e Filippine) e di Taiwan, avendo trasformato scogli e secche in isole fortificandole, tra piste aree, radar e batterie antimissile e contraerea, provocando la reazione di protesta dei vicini e degli Usa.

“Tillerson – è l’invito dell’editoriale apparso sul Global Times, nato da una costola del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista – farebbe bene ad approfondire le strategie sulle potenze nucleari se vuole costringere una potenza nucleare a cancellare il suo territorio”. La Cina ha “sufficiente forza e determinazione e per assicurare che il suo agitatore non riesca nei suoi intenti. A meno che Washington non pianifichi una guerra su larga scala nel mar Cinese meridionale, altri approcci per prevenire l’accesso cinese alle isole sarebbero stupidi”.

L’amministrazione di Barack Obama ha mantenuto una posizione di neutralità sulle dispute territoriali, anche se in più occasioni ha sfidato la Cina sulla libertà di navigazione, inviando la marina militare a “testarla”. Se questa politica più aggressiva, includendo il divieto di accesso alla Cina delle isole che controlla, dovesse cambiare, allora “ci sarebbe il viatico per un devastante confronto tra Cina e Stati Uniti”, ammonisce invece il China Daily.

A prescindere dai toni aspri e di minaccia, traspare ancora la sorpresa e l’incapacità di capire e definire le contromisure verso “The Donald”: non è un caso che al party per il nuovo anno ospitato dal ministero degli Esteri giovedì sera a Pechino per la stampa estera, con tanto di sobria band musicale, il tema sia stato il tycoon con un sondaggio informale su cosa farà.

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