Ammette che la sconfitta è anche la sua. Definisce la campagna elettorale una “gran brutta storia“, fin da subito una “contrapposizione con molti schematismi e con crescente virulenza”. E mette in fila almeno tre errori di Matteo Renzi: tra questi aver puntato su temi da anti-politica per attrarre sostenitori per il Sì. L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parla al Messaggero, nella prima intervista dopo la bocciatura nel referendum della riforma costituzionale che lui aveva chiesto e sulla quale lui aveva creduto: “Non mi nascondo dietro un dito – dice Napolitano – Ho creduto da lunghissimo tempo nella necessità di una revisione in punti cruciali della seconda parte della Costituzione repubblicana” e “aver visto fallire, lo scorso 4 dicembre, il terzo o quarto tentativo di riforma è certamente stata una sconfitta anche per me”.

Il senatore a vita rivendica la decisione di “indicare esigenze di rinnovamento della Costituzione al fine di rafforzarne la vitalità e l’efficacia”, come fece nel 1991 Oscar Luigi Scalfaro, precisa. E ribadisce che l’approvazione della riforma “avrebbe permesso alle nostre istituzioni di realizzare grandi passi avanti, liberandoci da storiche debolezze del nostro ordinamento”. Eppure sul No si sono concentrate molte energie diverse tra loro. Per esempio, ricorda il presidente emerito, una corrente di opinione “non ha negato la necessità di una revisione della seconda parte della Carta, ma ne ha drasticamente criticato e rifiutato il testo di legge“. E d’altra parte in Parlamento è “inevitabile un confronto che passasse non solo attraverso dissensi ma anche attraverso compromessi”. E’ facile, poi, fuori dal Parlamento criticare “quel che appare non ben chiaro, non ben scritto”.

Poi la campagna elettorale “è partita male”, dice Napolitano, “innanzitutto da un preannuncio clamoroso di No che ha caratterizzato il documento firmato da 56 studiosi” e poi “la personalizzazione e politicizzazione del confronto ad opera dell’allora presidente del Consiglio si è subito trovata di fronte ad una personalizzazione alla rovescia da parte delle più variegate opposizioni”. Renzi ha riconosciuto quell’errore, ricorda Napolitano, ma “tutto troppo lentamente, non in modo conseguente e troppo tardi”.

Altro errore “è stato quello di considerare la legge elettorale da approvare, e poi approvata con la sigla dell’Italicum, come strumentale rispetto ai cambiamenti voluti con la riforma costituzionale”. E poi il terzo, più grande, errore, secondo il senatore a vita: “Ci si è illusi di guadagnare voti per il Sì con argomenti che si credeva potessero funzionare facendo concessioni all’anti-politica“. La linea di condotta “negli ultimi due mesi almeno della campagna referendaria – aggiunge – ha rasentato il parossismo. Come ha dimostrato l’accanita insistenza nel motivare la riforma con l’obiettivo di tagliare soldi e poltrone ai politici, alla casta”.

Napolitano è quasi scettico – e per certi versi sarcastico – su cosa potrà avvenire adesso, in quanto a riforme: “In quanto a prospettive ulteriori di riforma costituzionale, vedremo a quali iniziative riterrà di cooperare il nuovo governo, oltre il fondamentale impegno a rivedere l’Italicum e ad armonizzare la legislazione elettorale nel suo complesso. E vedremo anche che fine faranno annunci rassicuranti sulla possibilità, dopo la sconfitta del Sì, di una riforma in tre articoli approvabile in sei mesi”. Quanto alle dinamiche del nuovo governo e della dialettica politica, conclude l’ex presidente, “intendo seguirle con sempre maggiore distacco sulla base dell’esperienza compiuta in rapporto al problema della riforma costituzionale: conto di dedicarmi piuttosto a testimonianze e a riflessioni di carattere storico e culturale”.

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