Franca Sozzani è morta. La zarina dello stile, la donna che per decenni ha fatto il buono e cattivo tempo nella moda italiana, è scomparsa a 66 anni. Direttore di Vogue Italia dal 1988, Sozzani è stata per anni il contraltare europeo di Anna Wintour, l’unica in grado di tenere testa per autorevolezza e glamour all’omologa statunitense. Anzi, Franca Sozzani è riuscita a trasformare, come Vogue Italia, come riconosceva già nel 2011 Time Magazine, “da una pubblicazione locale nel più influente magazine di moda al mondo, nonostante la sua relativamente piccola diffusione di 140.000 copie rispetto al milione e trecentomila copie del più commerciale Vogue America”.

Una influenza globale che era la sintesi perfetta tra un’eleganza innata e una innegabile capacità di gestire un potere che avrebbe schiacciato personalità più deboli. Sempre a Time Magazine, Sozzani aveva confessato di non essersi mai vista come una donna in carriera, eppure gli ultimi ventotto anni di storia del costume mondiale raccontano di una signora in grado di condizionare la moda sia come espressione artistica e culturale che come business, diventando anche una preziosa alfiera del made in Italy. Forse suo malgrado, in realtà, perché incasellare Franca Sozzani nella nazionalità di un passaporto sarebbe riduttivo e non renderebbe merito alla sua dote principale: un cosmopolitismo innato, una capacità di dominare il jetset globale che nulla aveva a che fare con la nazione di origine.

Di decisamente italiano, però, aveva il tratto ribelle, anticonformista. Ecco, Franca Sozzani è stata davvero radical chic, nel senso più positivo del termine. Sapeva conciliare alla perfezione il progressismo illuminato dei salotti milanesi e uno stile di vita ovviamente di livello altissimo. E non c’era nessuna contraddizione nella sua attitudine radical chic, perché la storiella che chi si occupa di moda debba essere vuoto, superficiale e disinteressato ai problemi del mondo più valere solo per i discorsi da bar dei provincialotti di casa nostra. Il Black Issue del 2008, interamente dedicato alle modelle nere, ha avuto una eco globale, aprendo un dibattito affatto frivolo tra le sartorie e le passerelle di mezzo mondo.

Certo, per restare a quel livello per così tanto tempo, bisogna essere in grado anche di utilizzare il potere in tutte le sue sfaccettature, e Sozzani non era certo un agnellino tra un branco di lupi. E neppure questo era un difetto, sia chiaro. Donna di potere, donna di carisma e di creatività, imperatrice della moda capace di far impennare o crollare la carriera di uno stilista. La Miranda Priestley del Diavolo veste Prada forse non era solo l’alter ego di Anna Wintour. Forse c’era anche un po’ del direttore di Vogue in quel personaggio così iconico, fascinosamente prepotente, creativamente dittatoriale. La moda non è un gioco per bimbe indifese, ma per donne capaci di imporsi e di imporre.

Proprio a settembre scorso, poi, Francesco Carrozzini, figlio trentaquattrenne di Franca Sozzani, aveva presentato al Festival di Venezia un documentario sulla vita della madre (“Franca: Chaos & Creation”), un racconto fatto di materiale d’epoca, di filmini girati in famiglia, di testimonianze di grandi personaggi della moda come Karl Lagerfeld, Donatella Versace o Naomi Campbell, tutti lì in fila a spiegare perché Franca ha rappresentato così tanto nell’industria fashion. Col senno di poi, potremmo considerare il documentario di Carrozzini un grande omaggio alla figura materna, una sorta di testamento (non manca, infatti, una lunga intervista alla stessa Sozzani) culturale e spirituale che resterà come ultimo lascito di una figura leggendaria.

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