È passato oltre un mese e mezzo dall’elezione di Donald Trump, che oggi viene ratificata dai grandi elettori in ogni Stato. Ma a poche settimane dall’insediamento ufficiale alla Casa Bianca, montano le pressioni al Congresso affinché si effettui una più vasta e approfondita inchiesta sui cyberattacchi guidati dalla Russia e volti a influenzare le elezioni americane. E sia dai democratici che dai repubblicani arriva la richiesta di una commissione apposita al Congresso. L’iniziativa è guidata dal senatore del Gop John McCain e dal democratico Chuck Schumer, leader della minoranza al Senato. Un nuovo sviluppo che supera le dichiarazioni di pochi giorni fa del leader repubblicano del Senato Mitch McConnell, che aveva escluso la formazione di una commissione ad hoc, dicendo che le commissioni Intelligence e Forze Armate del Senato sarebbero state incaricate dell’indagine.

Se al Congresso insistono per l’avvio di un’inchiesta sul voto, il collegio elettorale si riunisce oggi per votare formalmente il nuovo presidente degli Stati Uniti. Sullo sfondo i tentativi da parte democratica di indurre almeno 37 dei 538 di loro ad abbandonare Trump, che ha conquistato 306 grandi elettori contro i 232 della Clinton. La soglia da superare per la ratifica del voto è di 270. Appelli che proseguono su Twitter col l’hashtag #Dec19 e dalla Pennsylvania al Connecticut, dove diversi gruppi di sostenitori di Bernie Sanders – candidato per il partito democratico e sconfitto dall’ex segretario di Stato -, manifestano per chiedere ai grandi elettori a ‘tradire’ il neopresidente. Per ora l’unico repubblicano dichiaratamente infedele è Christopher Suprun, grande elettore del Texas. Dopo avere reso pubblica la sua scelta ha iniziato a ricevere minacce di morte per lui e la sua famiglia via email, al telefono e anche sui social. Ma lui non molla e dice alla Cnn: “E’ il momento di tirare il freno. Speravo che sarebbe diventato il presidente che tutti noi vogliamo che sia, ma continua a dimostrarmi che mi sbagliavo”, ha precisato.

I grandi elettori, chiamati a tradurre in voti effettivi il verdetto delle urne dell’8 novembre, non hanno infatti vincoli costituzionali o legislativi, tranne in alcuni Stati dove sono obbligati a esprimersi secondo l’esito del voto popolare. Finora solo uno di loro, Christopher Suprun (Texas), ha annunciato pubblicamente che seguirà l’appello alla rivolta. E il margine di Trump appare sufficientemente ampio per sventare sorprese. Le pressioni sul collegio elettorale tuttavia restano forti, da un lato perché Hillary Clinton ha vinto il voto popolare con uno scarto di oltre 2,5 milioni di voti, dall’altro perché le conclusioni dell’intelligence sulle ingerenze russe nelle presidenziali hanno gettato un’ombra sull’elezione del tycoon. I grandi elettori si riuniranno nei rispettivi stati in ore diverse, poi il loro voto (uno per il presidente e uno per il vice) sarà spedito o inviato con un corriere al Congresso, che il 6 gennaio conterà le schede e dichiarerà ufficialmente il vincitore.

E visto che alcuni Stati prevedono multe per i Grandi Elettori infedeli il regista Michal Moore si è offerto di pagarle personalmente. “In alcuni Stati è illegale che voi votiate in qualsiasi altro modo se non per Trump – ha scritto in una lettera su Facebook  – Se non votate per lui lo stato vi multerà… Io ovviamente non posso e non voglio darvi soldi per votare, ma se esprimerete il parere secondo la vostra coscienza e sarete puniti per questo, io pagherò la multa per voi”. “Sto semplicemente chiedendo di votare secondo la propria coscienza – ha continuato il regista ‘liberal’ – e vi prego di non mettere la nostra nazione in pericolo scegliendo Trump”.

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