“Stare chiusi in casa è inutile, bisogna ribellarsi alla malattia”. Ci sono molti modi per reagire. Uno di questi è non perdersi d’animo, programmare il futuro, viaggiare. Simona Anedda ha 42 anni, è nata e cresciuta a Roma e combatte la sua malattia viaggiando per il mondo. Dal 2012 è affetta da sclerosi multipla, costretta a vivere su una sedia a rotelle, non più autosufficiente. Ma questo non ha fermato la sua voglia di vivere. E di viaggiare: “Alla notizia ho reagito partendo da sola per il Brasile – racconta – per un viaggio durato due mesi”.

Di viaggi Simona se ne intende. A 23 anni la prima visita in Islanda, in Erasmus. Passando poi per Messico, Sud Africa, Francia, Cuba, ma anche Polinesia e Martinica. Laurea in Belle Arti, a 25 anni Simona ha iniziato a lavorare come tour leader per congressi medici; a 30 anni è partita per un viaggio on the road in Australia. Poi il trasferimento in Germania, e le collaborazioni con Finmeccanica e Agenzia Spaziale Italiana.

“Sono nata e cresciuta a Roma. Per me la quotidianità è davvero complicata”

Oggi, invece, la sua sfida è quella di fare il giro dell’India in sedia a rotelle e per realizzare il suo sogno ha avviato a una campagna sul web (qui). L’idea è nata quasi per caso: “Mi ha spiegato tutto un ragazzo della società che mi ha venduto la carrozzina – dice Simona –. Anche lui è tetraplegico e aveva lanciato un crowdfunding. Mi ha convinto a provarci”. Le donazioni sono arrivate da tutta Italia: in poco più di due mesi la raccolta fondi ha superato quota 8mila euro. A sostenerla sono amici, parenti ed ex colleghi, tramite organizzazione di eventi e passaparola. Si sono interessate alla sua storia anche alcune società farmaceutiche, promettendo donazioni per il viaggio: “Ma fin quando non vedo il bonifico non ci credo”, sorride.

La vita a Roma per Simona non è facile, il rapporto con la città è molto delicato. “Sono nata e cresciuta qui – spiega – ma per me la quotidianità è davvero complicata”. Simona non esce spesso di casa e ha bisogno di assistenza per lavarsi, vestirsi e mangiare. La malattia avanza progressivamente. “Avrei bisogno di una badante e non me lo posso permettere con la piccola pensione mensile che ricevo”. Per il momento, un aiuto concreto arriva dalla mamma di Simona, che vive poco lontano dal suo appartamento. L’obiettivo, un giorno, è quello di trasferirsi in un’altra città: “Sono stata a Ferrara per un’operazione e mi sono trovata molto meglio. Sto pensando di spostarmi lì”, racconta con un pizzico di amarezza.

Quello di Simona vuole essere anche “un messaggio di speranza per chi è nelle stesse condizioni”

Arrendersi? Manco a pensarlo. “Anche senza i soldi della campagna sarei partita lo stesso”, spiega Simona. Il volo è previsto il 20 gennaio 2017, per un tour che attraverserà l’India dal Nord al Sud. Prima tappa, la regione del Kerala, dove si fermerà per un mese all’interno di un centro ayurvedico. “Vediamo se sono così bravi come dicono – sorride – I medici mi hanno sconsigliato il viaggio, dicono che sono pazza. Ma sento che mi farà stare meglio”. Da lì si risalirà lungo la parte Est del Paese, fino a Calcutta. “Non ho un tragitto preciso, mi lascerò guidare dagli eventi e dalle persone che incontrerò”, aggiunge. Per affrontare un viaggio di almeno tre mesi, infatti, Simona ha bisogno di assistenza quotidiana. Per questo aveva lanciato un appello per trovare compagnia durante l’esperienza indiana, pagando tutte le spese necessarie. Il risultato? Due donne si sono offerte di accompagnarla, senza alcun compenso: “Saranno mie compagne di viaggio, non badanti”.

“Vogliamo creare un gruppo di disabili viaggiatori. Andremo fino in Groenlandia a farci trainare dai cani sulle nostre slitte”

 

Quello di Simona vuole essere anche “un messaggio di speranza per chi è nelle stesse condizioni”. L’ultima tappa sarà Almora, la città ai piedi dell’Himalaya. “Ci arriverò – aggiunge – non so ancora come e quando. Lo sapremo strada facendo”. Durante il viaggio terrà un diario di bordo quotidiano, dove raccontare storie e avventure della sua permanenza in Asia. Perché se la vita riserva brutte sorprese, non mancano mai aspetti positivi. Come le persone incontrate da Simona durante la sua campagna: “Il ricordo più bello? Il giorno dell’aperitivo organizzato a Roma per raccogliere fondi. Certo, stare seduti sulla sedia a rotelle mentre tutti erano in piedi è stato un po’ imbarazzante per me – sorride –. Ma ho sentito il calore della gente, anche di sconosciuti”. E una volta tornata? L’idea è di progettare il viaggio successivo. Perché salire su un treno, un aereo, un mezzo che porta lontano dalla quotidianità fa stare meglio. “Ho già contattato diversi amici: vogliamo creare un gruppo di disabili viaggiatori. Andremo fino in Groenlandia – conclude – a farci trainare dai cani sulle nostre slitte”.

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