Quando i romani, esasperati da una città senza più governo, dalla corruzione dilagante, dal precipitare della loro qualità di vita – segnalata da tutti gli indicatori sociali – senza che nessuno più se ne curasse, votarono in massa Virginia Raggi chiedevano una sola cosa: discontinuità con il passato. Anzi discontinuità radicale, in particolare con i cinque anni più bui della recente storia della città, 2008-2013, amministrazione Alemanno. Un’amministrazione che ha ridotto Roma allo sfascio completo, affondando le municipalizzate con la sua Parentopoli, saccheggiando la città e portandola a un degrado senza limiti grazie all’aiuto di un manipolo di gente corrotta e anche mafiosa, come l’ha definita l’inchiesta di Mafia Capitale. L’altro nome con il quale i romani non volevano più avere a che fare era quello di Renata Polverini, amministratrice di una Regione che in quegli anni ha toccato il fondo della barbarie, e di cui il caso Fiorito è stato il simbolo perfetto.

Non importava dunque che ci fosse qualcuno di buono nelle due amministrazioni, né che qualcosa di buono avessero fatto i successori, ad esempio il sindaco Ignazio Marino. Chi ha votato cinquestelle non chiedeva blande riforme, ma una rivoluzione, un taglio netto col passato, e pazienza se avrebbe comportato tagli di teste dirigenziali, non sarebbe stato spoil system ma nuovo inizio per una città stremata. Bastava dunque guardare il curriculum di Marra per capire che mai e poi mai avrebbe potuto rappresentare tutto questo, al di là delle inchieste che presto lo avrebbero portato agli arresti: nel 2006, come riporta il Corriere di oggi, Marra va all’Unione nazionale incremento razze equine (Unire), a dirigere la sezione galoppo. E chi è segretario dell’Unire? Franco Panzironi, ex braccio destro all’Ama di Alemanno. Nel 2008 entra in Campidoglio: e chi è che lo nomina? Alemanno, a direttore del dipartimento patrimonio e casa, e poi dell’ufficio per le politiche abitative. Luogo delicatissimo, dove vigono corruzione e clientelismi che certo Marra non risolve. Nel 2010 diventa consulente economico del direttore generale della Rai, sotto il governo Berlusconi. Infine nel 2011, ciliegina sulla torta, guida la direzione personale, demanio e patrimonio della Regione Lazio, con la giunta Polverini, per tornare in Comune nel 2013 e avvicinarsi a Virginia Raggi.

Mi chiedo: c’era bisogno di altro per scartare il cv di Marra? Come è potuto diventare un dirigente della giunta Raggi e per di più un fedelissimo della sindaca? Chi ha votato il Movimento perché tutto cambiasse è rimasto attonito fin dall’inizio. Perché questa scelta aveva un passato pesante, altro che taglio radicale, altro che rivoluzione. I romani volevano un’amministrazione totalmente nuova, con gente presa dal basso, fuori dai cerchi magici, fuori dalla politica di sempre, specie nera. Forse era una speranza naif, dal momento che la Raggi, totalmente inesperta e nuova, ha compiuto errori  gravi, anzi tanto più gravi visto che da Roma passa il futuro del Movimento.

Per noi cittadini ora la scelta si fa sempre più tragica: tra corrotti, inesperti che assumono accusati di corruzione e la politica al governo, una casta di intoccabili che continuano a varare governi tecnici pur di non farci votare – e soprattutto pur di arrivare al giorno in cui scatterà il vitalizio, che solo quello gli importa – la decisione si fa sempre più ardua. Come in molti hanno scritto, l’assenza di autentici leader è assordante. Il paese va avanti, sempre meno governato, all’insegna di una stanca sopravvivenza. E, soprattutto, senza più alcuna speranza nella politica.

I nuovi Re di Roma

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