La Banca Popolare di Bari, prossima alla trasformazione in società per azioni, è finita al centro di un’inchiesta. Il sospetto del procuratore capo Giuseppe Volpe è che il gruppo pugliese abbia “ostacolato le funzioni delle Autorità pubbliche di vigilanza”. I finanzieri del Nucleo tributario di Bari, con i colleghi del Nucleo di polizia valutaria di Roma, hanno perquisito all’alba di giovedì il centralissimo palazzo di corso Cavour, a Bari. Durante il sopralluogo durato diverse ore e proseguito anche negli uffici amministrativi poco distanti, stando a quanto trapela, sono stati esaminati documenti, computer e tutto il materiale utile ad accertare se – come ipotizzato dai procuratori Antimafia Lidia Giorgio e Federico Perrone Capano – negli ultimi anni sono state commesse “irregolarità”.

Al momento nulla di più trapela dai palazzi della giustizia barese. L’inchiesta è alle battute iniziali e non ci sono indagati. La Banca guidata da Marco Jacobini ha immediatamente replicato rimarcando la “correttezza del proprio operato, sia in riferimento alle procedure interne sia, e soprattutto, relativamente agli obblighi nei confronti delle Autorità pubbliche di vigilanza”. Dopo aver “collaborato a fornire ogni chiarimento”, confidano in una celere conclusione degli accertamenti per non rischiare di intaccare “la reputazione conquistata in oltre 50 anni”.

Una precedente perquisizione nella sede della banca barese era avvenuta nel luglio scorso. In quella occasione a delegare la finanza era stata la Procura di Ferrara. L’indagine, partita nel 2015, riguardava l’aumento di capitale della Carife e la sottoscrizione indiretta di azioni per 23 milioni di euro tra la stessa e quattro istituti di credito, tra i quali la Popolare di Bari. Operazione, questa, vietata e avvenuta, secondo quanto è emerso, tramite società veicolo della Carife. La sottoscrizione reciproca di azioni (vietata dall’ex art. 2632 c.c.) si verifica quando una società sottoscrive o acquista azioni appartenenti ad altra società che è contemporaneamente socia della prima. “Nel caso in questione – scrissero i finanzieri – a causa della sottoscrizione reciproca la stessa somma, nella misura della reciprocità, ha concorso a formare il capitale sociale delle banche intervenute col risultato che al capitale così formato non è corrisposto un patrimonio effettivo. Tale condotta oltre a rilevare ai fini del già contestato reato di aggiotaggio integra anche quello di formazione fittizia di capitale, conducendo così all’incriminazione per bancarotta”. Al termine delle operazioni di indagine furono notificati 21 avvisi di garanzia ai componenti pro-tempore del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Carife, di una società “veicolo” utilizzata da questa nella reciproca sottoscrizione di capitale, ai vertici pro-tempore degli istituti di credito partecipanti e a un dirigente di una società di revisione. Le due indagini non sarebbero collegate.

Queste sono settimane molto cruciali per la Banca Popolare di Bari: la riforma delle popolari varata nel 2015 dal governo Renzi impone le trasformazione in spa entro il 27 dicembre. L’iter, però, si è complicato dopo che il Consiglio di Stato ha sospeso in via cautelare la circolare della Banca d’Italia che contiene le misure attuative sulla trasformazione e ha investito della questione la Corte costituzionale. Dopo il pronunciamento, l’istituto ha rinviato l’assemblea che dovrà varare l’operazione dall’11 al 27 dicembre, ultima data utile, in attesa di un probabile intervento del nuovo governo.

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