Il prezzo da pagare? Cinquanta euro a voto. Venti a chi, materialmente, accettava di scrivere quel nome sulla scheda elettorale, il resto ai mafiosi della zona. Natale Mariella, candidato alle elezioni regionali del 2015, nella lista dei Popolari, a sostegno del governatore Michele Emiliano, non è stato eletto, ma – secondo gli inquirenti che oggi hanno arrestato 22 presunti elementi di spicco del clan -, una parte dei 5866 voti che ricevette, provenivano da un accordo con la mafia. Quale sia stato il suo ruolo in tutta la vicenda è ancora in corso di accertamento, per ora risulta iscritto nel registro degli indagati. Ma, sono certi i sostituti procuratori di Bari, Carmelo Rizzo e Federico Perrone Capano, c’era chi ha lavorato per lui. Armando Giove, factotum dell’amico politico, finito questa notte in manette assieme a 21 affiliati al clan Di Cosola, sarebbe stato il collante tra Mariella e la mafia.

Le indagini erano partite nel novembre 2015, dopo le dichiarazioni rese in carcere dal pentito Michele Di Cosola, figlio del capo clan. L’accordo prevedeva il pagamento di 50 euro per ogni preferenza procurata a Mariella, più un anticipo di quasi 30mila euro. A quel punto, sono iniziate le pressioni: votare chi veniva imposto, intascando 20 euro, o guai, ma guai seri.
Il candidato in questione non è riuscito a conquistare lo scranno del parlamentino pugliese, ma ha portato a casa un risultato notevole, soprattutto – sottolineano i carabinieri al termine della retata – “in quelle sezioni elettorali garantite dal clan, sebbene a lui sfavorevoli” perché lontano dal suo naturale bacino elettorale. Del resto il gruppo mafioso che ha condotto l’operazione è uno dei più temuti e attivi della zona. Radicato nell’hinterland di Bari si è di recente federato con i Parisi del noto boss Savinuccio, i Capriati e i Deomede-Mercante, allo scopo di condividere arsenale e uomini per contrastare e arginare gli Strisciuglio, potentissimi e ramificati a Bari e dintorni. Proprio indagando sulla scia di sangue scaturita dal riaccendersi della faida tra i clan, gli investigatori hanno scoperto l’accordo sul voto di scambio. Le accuse per i 22 arrestati sono (a vario titolo) di aver preso parte ad un’associazione armata di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso e coercizione elettorale in concorso.

Per il governatore Emiliano ha, comunque, vinto “la saggezza degli elettori” mentre le indagini dei carabinieri di Bari, “hanno distrutto per sempre l’immagine ed il nome delle persone coinvolte e dato un insegnamento a tutti coloro che ancora pensano che la politica sia un modo per darsi un ruolo sociale con ogni mezzo”. Ma i Cinque Stelle pugliesi non è sufficiente perché non è il primo episodio di questo genere nelle liste del centrosinistra. Il riferimento è al candidato Gianni Filomeno (al centro di un presunto caso di voto di scambio) e a miss preferenze Anita Maurodinoia (Pd) (sulla quale pende il sospetto di aver stilato un presunto tariffario per rappresentanti di lista e promoter). “Nonostante le prese di distanza del governatore – denunciano i grillini – ciascuno di questi soggetti ha trovato una collocazione proprio per mano di Michele Emiliano: Alessandro Cataldo, il cugino del marito di Anita Maurodinoia è stato nominato a capo dell’Adisu e lo stesso Natale Mariella è stato nominato nel consiglio di amministrazione della Camera di Commercio di Bari”. I Cinque Stelle pugliesi, nei mesi scorsi, avevano bollato come “inopportuna” la nomina di Mariella, chiedendo di ritirarla. Ma nulla accadde perché Emiliano spiegò che al governatore spetta “la ratifica” e nulla più.

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