di Tito Borsa

Partiamo dal presupposto che chi definisce “illegittimo” il governo guidato da Paolo Gentiloni non sa di cosa si sta parlando: nel nostro sistema istituzionale, l’esecutivo non viene mai eletto dal popolo. Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio che si presenterà con la sua squadra di governo davanti al parlamento che vedrà se dargli o meno la fiducia. Detto questo, il discorso che rende biasimabile la scelta di Paolo Gentiloni come premier è diverso.

Due necessarie premesse:
1. Matteo Renzi non poteva non dimettersi: dopo aver detto a più riprese che avrebbe lasciato palazzo Chigi (nonché la segreteria del partito e la vita politica) in caso di sconfitta al referendum, l’ex premier non poteva fare altro;
2. è impossibile andare al voto oggi perché serve un’omogeneità fra la legge elettorale per la Camera e quella per il Senato. Quindi un governo, avente come principale scopo la modifica della legge elettorale, era necessario.

Ciò che causa più di qualche perplessità è la indubbia continuità fra l’esecutivo di Gentiloni e quello di Renzi: da una parte il nuovo presidente del Consiglio era ministro nel governo uscente, dall’altra buona parte degli uomini di Renzi si “riciclano” nel governo Gentiloni: da Padoan ad Alfano, per arrivare alla “madrina” delle Riforme Maria Elena Boschi, nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Un altro punto dubbio è generato dalle parole di Sergio Mattarella che rifiuta l’idea che l’esecutivo di Gentiloni sia un governo di scopo, etichetta che racchiude i governi nati appositamente per fare una riforma, in questo caso quella della legge elettorale. Dal punto di vista politico questa è una scelta discutibile: è vero che la Consulta, dopo aver dichiarato incostituzionale il Porcellum, non ha decretato l’illegittimità di questo Parlamento, ma è anche vero che è bene chiudere il prima possibile questa parentesi di un Parlamento eletto con una legge elettorale illegittima. È una questione politica e di buon senso: andare alle urne dopo aver prodotto una legge elettorale secondo i dettami costituzionali taglierebbe la testa al toro e ridarebbe una volta per tutte al Parlamento quella autorevolezza e quella dignità che troppe volte (e non sempre a torto) è stata messa in discussione dal 2013.

A complicare le cose ci sono i sondaggi: Nando Pagnoncelli ha mostrato come dal voto dell’8 dicembre sia emerso che il Movimento 5 Stelle è il primo partito italiano, quasi due punti sopra il Pd. La maggioranza parlamentare però è la stessa che ha sostenuto il governo Renzi, ossia Pd e frattaglie varie come Ncd e Ala; a questo punto risulta difficile immaginarsi un governo che fa una legge elettorale che rispetti l’uguaglianza del voto e la sovranità popolare, se questo significa consegnare la vittoria nelle mani dei 5 Stelle. Ovviamente speriamo di sbagliarci, ma le premesse del governo Gentiloni non sono certo incoraggianti.

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