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Merci patron! – “Karl Marx in versione camera nascosta”, il docufilm “contro” Bernard Arnault anche in Italia

Le Monde ha scomodato Ernst Lubitsch, Frank Capra e Michael Moore. Ma ha anche parlato di “Karl Marx in versione camera nascosta”, per commentare la regia di François Ruffin, giornalista e attivista, direttore di Fakir, bimestrale satirico che lui stesso ha fondato nel 1999 ad Amiens, e che grazie all’eco del film è passato dalle 40mila a 80mila copie vendute

di Alessandro Trevisani

È il documentario dell’anno in Francia, dove al cinema l’hanno visto oltre mezzo milione di spettatori. Ma è anche il film-manifesto delle proteste – accesissime – contro la Loi Travail voluta dal ministro del lavoro Myriam El Khomri, con conseguenze pesanti a livello di diritti, orari, permessi, straordinari, per i lavoratori del pubblico e del privato. La versione italiana di Merci patron! sbarca in Italia grazie al lavoro di adattamento dell’associazione culturale Nie Wiem, che lo ha proiettato in anteprima nazionale ad Ancona giovedì 8 dicembre nell’ambito del festival Corto Dorico diretto da Daniele Ciprì (ma il film è stato già richiesto da altre piazze, a partire da Roma, Urbino e Parma). Per Merci patron! Le Monde ha scomodato Ernst Lubitsch, Frank Capra e Michael Moore. Ma ha anche parlato di “Karl Marx in versione camera nascosta”, per commentare la regia di François Ruffin, giornalista e attivista, direttore di Fakir, bimestrale satirico che lui stesso ha fondato nel 1999 ad Amiens, e che grazie all’eco del film è passato dalle 40mila a 80mila copie vendute.

Di cosa parla Merci patron!, è presto detto. Ruffin comincia a filmare nel 2013, quando l’uomo più ricco di Francia, Bernard Arnault, chiede la nazionalità belga. Un gesto che scatena le sinistre e gli procura un titolone su Libération: “Casse-toi, riche con!”. Un vaffa di quelli pesanti, per il ceo di Lvmh, megagruppo del lusso, che tiene insieme marchi come Fendi, Bulgari, Louis Vuitton, Givenchy, Moët & Chandon, Loro Piana, TAG Heuer e diversi altri. Ma perché Arnault è a tal punto malvoluto? Perché ha delocalizzato in Bulgaria decine di fabbriche del gruppo, lasciando senza occupazione migliaia di lavoratori.

È qui che entra in scena Ruffin, che ironicamente confeziona mug e magliette con la scritta “I love Bernard”, e si propone come alfiere di una gigantesca operazione di riconciliazione, girando la Francia del Nord col suo furgone e la sua troupe, e stuzzicando, con la complicità dei sindacalisti della Cgt, gli ex operai di Lvmh. Prima fase: diventare azionisti del gruppo, per intervenire all’assemblea generale a Parigi. Ma è un fallimento: Arnault evita ogni ipotesi di “abbraccio”, relegando gli azionisti minori in una sala a parte, collegati all’assemblea mediante megaschermo, con Ruffin che viene portato via di peso appena indossa la sua maglietta-sfottò.

Il clou arriva quando Ruffin conosce Serge e Jocelyn Klur, una coppia che per oltre 25 anni ha lavorato alle confezioni degli abiti di Kenzo, altro marchio Lvmh, a Poix-du-Nord, nella regione di Calais. Finché, nel 2007, sono stati licenziati in tronco, proprio a causa di una delle delocalizzazioni del gruppo. I Klur sono in difficoltà: coi 400 euro del sussidio non riescono a pagarsi i conti e stanno per rimetterci la casa. Addirittura Serge progetta di dare fuoco all’abitazione, ispirandosi a una puntata di Una casa nella prateria. Ruffin si spaccia allora per il figlio dei due, e contatta la sicurezza di Lvmh, mettendo in pratica una singolare minaccia: mamma e papà hanno preparato una lettera da spedire a politici, sindacalisti e giornali, dove minacciano di dare scandalo a Parigi, in concomitanza con un evento di gala di Lvmh. Ecco allora che un emissario di Arnault va a casa dei Klur e propone loro, in cambio del silenzio, un versamento sul conto corrente e un contratto di lavoro con Carrefour – altra controllata del patron – da scegliere con comodo tra tre diverse filiali. Solo che la videocamera di Ruffin è nascosta in salotto e filma tutto, per il divertimento del pubblico francese…

Ma come ha reagito Arnault, che tra l’altro è proprietario del quotidiano Le Parisien, al successo del film di Ruffin? “Lui dice sempre che non ha mai visto il film, ma ci sono giunte voci che sia andato del tutto in paranoia”, risponde Patrick Flecheux, collaboratore e attivista di Fakir, presente ad Ancona per la proiezione, “addirittura Le Parisien si è rifiutato di fare articoli sul film, anche davanti a proposte dei suoi redattori. A un certo punto abbiamo acquistato una pagina del giornale per 7mila euro, ma è stata eliminata all’ultimo momento”. Di azioni legali contro Fakir e Ruffin, autori del “ricatto” a scopo cinematografico, non se ne parla. “Arnault è troppo intelligente per mettersi contro un piccolo giornale”, dice Flecheux, “la sua tattica è ignorarci, anche se va detto che non c’è sala dove, alla fine del film, la gente non ci applauda”. La classe operaia si è quasi sentita vendicata dal film, mentre la Loi Travail sta per entrare in vigore, il prossimo gennaio. “D’ora in poi la contrattazione aziendale prevarrà sugli accordi nazionali”, spiega Flecheux, “e gli straordinari saranno pagati come ore di lavoro normale”. Ma ecco che Ruffin potrebbe alzare la posta, candidandosi alle imminenti elezioni nella Somme, la regione di Amiens. Il suo obiettivo è fermare “l’avanzata dei fascisti del FN”, spiega Flecheux, “a patto che la sinistra si unisca attorno a lui”.

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