Il quesito unico del referendum, secondo i giudici, non restringe la libertà dell’elettore. Chissà cosa direbbero gli stessi tribunali del quiz della Stampa che ha messo a disposizione dei propri lettori/elettori 5 domande per far sciogliere i dubbi agli indecisi, quota significativa in tutti i sondaggi finché sono rimasti pubblici. Ma le 5 domande sembrano un po’ “suggestive”, come direbbe per l’appunto un magistrato in un’aula giudiziaria. I lettori, per completare il test, devono rispondere vero o falso ai quesiti (qui “spacchettati”).

Prima domanda: “La novità di una sola Camera, anziché due, può rappresentare un pericolo per la democrazia”. Seconda: “215 senatori in meno sono un taglio apprezzabile alla Casta politica”. Terza: “Leggi meno dibattute ma più tempestive: la rapidità è un passo avanti”. Quarta: “E’ sbagliato che lo Stato si riprenda alcune competenze dalle Regioni, fissando delle regole valide ovunque”. Quinta: “Con le nuove regole sui referendum e sulle leggi di iniziativa popolare, la riforma dà più voce alla gente”.

Naturalmente le domande necessitano di sintesi e la sintesi per una riforma costituzionale è complicata. Ma dare un’interpretazione così “tagliata” induce a rispondere in un certo modo. E’ sbagliato che tutti rispettino le regole: vero o falso? Un divieto di sosta può provocare una maxi-rissa: vero o falso? Ti piacciono più le lasagne o un crampo? Tanto più che la Stampa – a differenza di altri giornali – non ha mai fatto endorsement a favore o contro la riforma costituzionale, come peraltro fanno tutti i giornali del mondo prima di un voto importante per il Paese (ma in Italia, quando succede, è una notizia, com’è successo con Paolo Mieli quando era direttore del Corriere della Sera).

Poste così naturalmente le domande del test della Stampa sembrano essere indirizzate verso una opzione ben precisa, anche perché manca tutto ciò che è stato detto in queste settimane sulla riforma, le critiche nella forma e nella sostanza, a prescindere dalla giustezza o meno di quelle critiche. Il No, per esempio, non ha tra i suoi temi principali il fatto che il monocameralismo porti a una deriva antidemocratica. Il taglio del numero dei senatori non è la sola critica che si fa, eventualmente, al possibile nuovo Senato. La tempestività dell’iter di una legge non porta necessariamente qualità e, anzi, diversi giuristi e costituzionalisti ipotizzano che il nuovo sistema porti più complicazione che semplificazione.

La questione delle competenze esclusive di Stato e Regioni è difficilmente risolvibile con la domanda se è sbagliato “che le regole siano valide ovunque” (cosa dovrà mai rispondere un cittadino dotato di buon senso): in realtà sulla “sfida” Stato-Regioni ci sono vari aspetti da indagare, primo tra tutti la cosiddetta clausola di supremazia, introdotta dalla riforma, secondo la quale – nel caso ravveda “un interesse nazionale” – lo Stato può soverchiare anche le competenze esclusive delle Regioni. Infine, i referendum e le leggi di iniziativa popolare: in un certo senso una proposta avanzata spesso – non con queste forme – dal M5s e che la riforma ripropone. Ci sono anche qui dubbi e obiezioni: per dirne due, l’innalzamento delle firme per le leggi popolari, la divisione tra diversi quorum per i referendum. Sintetizzarla e proporla come “La riforma dà più voce alla gente” porta chi risponde da una sola parte.

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