Tutto in cinque giorni. I più rutilanti, travolgenti, esagerati cinque giorni dell’anno. Nella città americana che pure ne sa qualcosa di eccessi e di glamour. Da quando Art Basel, una delle principali mostre-mercato  internazionali di arte moderna, contemporanea e di ricerca, è sbarcata a Miami Beach, nel 2002, i primi giorni di dicembre non si dorme mai. Artisti super affermati, protagonisti delle avanguardie, emergenti di ogni dove, vip veri o presunti, collezionisti, galleristi, critici e giornalisti si danno appuntamento al sole della Florida. E gli appassionati (di arte, di feste o di tutte e due) fanno altrettanto. Esposizioni, fiere collaterali, installazioni, performance, concerti e party si sono via via moltiplicati negli anni. Sono usciti dagli spazi canonici per colonizzare parchi, spiagge, locali, alberghi e magazzini. Hanno attraversato la baia di Biscayne per prendersi la City of Miami, sulla terraferma. Perché Miami Beach non è semplicemente la spiaggia di Downtown, è proprio un’altra città. Con i suoi centomila abitanti, per metà americani e per metà arrivati da ogni parte del pianeta, tutti a crogiolarsi al sole respirando il profumo del mito. Un giovane mito.

Nel 2015 Miami Beach ha festeggiato infatti i suoi primi cent’anni con manifestazioni ed eventi spettacolari. L’isola grande cominciò ad attrarre yankee benestanti in cerca di novità a partire dagli anni Venti. In un paio di decenni a South Beach si sviluppò un quartiere in un originalissimo stile definito Art Déco “tropicale”. Un unicum. Ma tanto non bastò a sottrarre l’area all’abbandono nel secondo dopoguerra. Per fortuna, tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta, architetti celebri e capaci salvarono oltre 800 di quei vecchi palazzi. E allora ci fu il boom. Arrivarono le star della moda, Gianni Versace in testa. Sulla Ocean Drive, la passeggiata più costosa e chic di Miami Beach, c’è la sua leggendaria casa, villa Casuarina. Costruita nel 1930 ispirandosi all’Alcázar de Colón a Santo Domingo, fu acquistata dallo stilista nel 1992 e riempita di tutto ciò che di più ridondante ci possa essere, compresa una piscina rivestita di piastrelle d’oro. L’imprenditore calabrese amico delle rockstar, dei fotografi di grido e delle top model più pagate fu ucciso nel 1997 proprio sugli scalini di quella sfarzosa dimora. Che è diventata uno dei “monumenti” più visitati degli Stati Uniti. Anche, ahimè, per il macabro fatto di sangue su cui si è tanto speculato Da pochi anni l’edificio ospita un preziosissimo albergo con dieci fantasmagoriche suite. C’è anche un ristorante italiano che si chiama, neanche a dirlo, Gianni’s. Un omaggio dovuto, in casa “sua”. Nella città alla quale diede nuovo impulso. L’uomo più importante – dicono in tanti – dopo i fondatori.

Alla fine Miami – tanto Beach quanto Downton e dintorni – è quella che ti aspetti. Anche la prima volta che ci vai. Perché ce l’hai già in mente. La Miami che Enrico Salvatore Rizzo, il “Sozzo”, sogna di raggiungere, contraltare caldo e dolce alla fredda e dura New York. Miami non si vede nemmeno nel film. Il piccolo immigrato italo-americano, povero e zoppo figlio di lustrascarpe, non ci arriva mai. Muore prima, indossando la sua nuova camicia a fiori, sul Greyhound che lo sta portando nella Florida lucente, insieme con il cowboy-gigolò fallito. Era il 1969 quando uscì Un uomo da marciapiede, segnando una tappa fondamentale nel cinema americano. Dustin Hoffman e Jon Voight diventarono due star, tutti fischiettavano il motivo dell’armonica della colonna sonora e quel nome, Miami, diventava sinonimo di sogno. O mito. Anche qui, nella lontana provincia italiana.

Poi arrivò il telefilm pieno di detective perfetti, con i capelli sempre in ordine, rigorosamente vestiti Armani e al volante di Ferrari e Mustang, pieno di viali con le palme, di spiagge infinite e mai una giornata di pioggia. Si chiamava Miami Vice, un altro cult. Da allora non si contano le pellicole girate lì. Così, quando arrivi, quel che vedi non è una città ma un set cinematografico. Facile. E te le vai proprio a cercare le immagini eccessive, per stupirti, ingenuo sperduto turista della prima ora. Il traffico, i grattacieli, i parchi con lucidi (sono tutti lucidi da queste parti) jogger, le colonne di auto strane, gli alberghi faraonici. Da dentro, se sei fortunato, sennò da fuori. Anche da lontano va bene: basta l’insegna per capire. Fa niente se i poliziotti di Miami Vice avevano a che fare con una criminalità che poi Scarface rivelò meglio, e che negli anni Ottanta la città fosse il naturale punto di transito della droga proveniente dal Sudamerica e contasse un numero di crimini da annientare le statistiche della famigerata Ciudad Juárez. L’idea di una vita facile in camicia a fiori era forse un’illusione…

Tempi passati, almeno all’apparenza. E anche secondo la percezione di chi ci abita, dicono i più recenti sondaggi, nonostante i nudi e crudi indicatori sociali ed economici collochino la City of Miami al primo posto fra le peggiori in cui vivere negli Stati Uniti, con un divario fra ricchi e poveri (e un numero di crimini) ben al di sopra della media nazionale. Sarà perché comunque “meglio oggi di allora”, soprattutto per chi può godersi glamour e spiagge, come quell’esercito di retired che si è rifugiato qui con i dollari “puliti” della pensione e si gode i 180 giorni di sole garantiti dai dépliant, spazzati (ma solo qualche volta) da un acquazzone tropicale. Che sembra organizzato dall’ufficio del turismo giusto per colorare un po’ il cielo e dare qualche brivido ai nuovi arrivati.

Miami-Miami, in fondo, è una “cittadina” di 430mila abitanti (ma se contiamo l’area metropolitana sono oltre 6 milione, con un trend di crescita che pare inarrestabile). Data di nascita ufficiale: 28 luglio 1896, con circa 400 abitanti. Praticamente una boom town, tipo quegli agglomerati urbani che nel West nascevano in fretta intorno a una miniera appena scoperta e diventavano ghost town appena la vena si esauriva. Miami, invece, si sviluppò con l’arrivo della ferrovia. Meta per americani provenienti dalle più fredde città del nord e poi per cubani e centroamericani in fuga. C’è un quartiere storico che si chiama Little Havana, appunto. E cubano di origine è il sindaco Tomás Pedro Regalado, al suo secondo mandato, così come quello della contea di Miami-Dade, Carlos A. Giménez. Entrambi repubblicani. Adesso che Scarface ha fatto il suo tempo (sembra) arrivano anche europei a caccia di piacevolezze. Vere o presunte. Inseguendo lo stesso sogno di “Sozzo”.

Da turisti, Miami è piacevole davvero. Un misto fra stile yankee e atmosfere caraibiche, con spiagge enormi, locali, gallerie e negozi aperti 24 ore su 24. E nelle vicinanze ci sono Key West e le Everglades. Vedere tutto ciò che è suggerito dalle guide richiede un tour de force di giorni. Con il Metromover, una monorotaia sopraelevata, si fa un giro, gratuito, volando fra i grattacieli, con virate degne di un gabbiano che sembra di stare in un videogioco. Con un bus di quelli scoperti si va anche un po’ fuori, oltre il grappolo di skyscraper. Si sfiorano parchi di magnifiche ville in stile coloniale, quartieri di casette di legno con il prato davanti e un Jack o uno Steve che taglia l’erba o prepara il Bbq, ma anche ammassi di miserabili baracche con uomini accampati sotto i portici. E già si era vista una buona distribuzioni di homeless per le vie del centro.

E poi c’è Wynwood. Una pragmatica zona industriale, capannoni quadrati, scatole di cemento grigio, impianti di condizionamento, elettrici o idraulici, a vista. Era andato un po’ in disuso. Un progetto a tavolino ha trasformato magazzini e fabbricati industriali, consegnati a un manipolo di artisti vari e a un esercito di writer, in un’esplosione di vita e colori. E così Wynwood è oggi una delle aree più chic di Miami. Quasi una città a sé, una zona franca assegnata al genio artistico di ogni tipo. Ogni secondo sabato del mese c’è ArtWalk, e allora gallerie e studi aprono le porte al pubblico, con feste e concerti che vanno avanti tutta la notte. E nella ex periferica e defilata Wynwood si riversa più gente che sulle spiagge o sulla metropolitana all’ora di punta. Come in occasione di Art Miami, giunta quest’anno alla 27esima edizione. Più vecchia di Art Basel Miami Beach e ora satellite della più quotata fiera arrivata da Basilea 15 anni fa. Meglio così. Per avere tutto e tutti in quei cinque giorni di inizio dicembre.

 

 

LA SETTIMANA DELL’ARTE

Art Basel Miami Beach
1-4 dicembre 2016 (apertura al pubblico)
Miami Beach Convention Center, 1901 Convention Center Drive
www.artbasel.com/miami-beach
Con 269 gallerie provenienti da Nord e Sudamerica, Europa, Asia e Africa.

FIERE COLLATERALI
Sono 25. Fra queste:

Design Miami
Meridian Avenue e 19th Street
http://miami2016.designmiami.com

NADA-New Art Dealers Alliance
Deauville Beach Resort, 6701 Collins Avenue (Miami Beach)
www.newartdealers.org

Pulse Miami Beach
Indian Beach Park, 601 Collins Avenue
http://pulse-art.com

Satellite Art Show
Parisian Hotel, 1510 Collins Avenue (Miami Beach)
http://satellite-show.com

X Contemporary
Nobu Hotel, 525 Collins Avenue (Miami Beach)
http://xcontemporaryart.com

Scope
Scope Pavilion, 801 Ocean Drive (Miami Beach)
https://scope-art.com

Fridge Art Fair
Betsy Hotel, 1440 Ocean Drive (Miami Beach)
www.fridgeartfair.com

Aqua
Aqua Hotel, 1530 Collins Avenue (Miami Beach)
www.aquaartmiami.com

Untitled
Ocean Drive e 12th Street (Miami Beach)
https://art-untitled.com/miami-beach

Art Miami
Midtown, Wynwood Arts District
www.artmiamifair.com
(+ www.contextartmiami.com e www.conceptionartfair.com)

Questo è il momento dell’anno in cui vengono presentano le collezioni più importanti. Se si ha “fiuto” è una buona occasione per scoprire talenti ancora sconosciuti. “Superfine! The fairest fair” (56 NE 29th St) tenta di avvicinare il mercato dell’arte al grande pubblico, mettendo in vendita opere del circuito artistico locale a un prezzo inferiore ai 10.000 dollari, la gran parte sotto i 4.000 (https://superfine.world/#superfine-1).

 

FESTE E DINTORNI
Sono centinaia. Alcune a invito, altre aperte a tutti. Basta comprare il biglietto. Ce ne sono per tutti i gusti e tutte le tasche. Per saperne di più si può, per esempio, vedere qui (www.miaminewtimes.com/music/art-basel-miami-beach-2016-party-guide-8910426 e www.miaminewtimes.com/music/art-basel-bucket-list-see-whos-throwing-this-weeks-best-parties-8949820) e qui (www.timeout.com/miami/things-to-do/art-basel-miami-2016-parties?package_page=81469).

Per info (fiere, appuntamenti, dove dormire, dove mangiare, come spostarsi ecc.): www.miamiandbeaches.it/events/art-basel

 

CITY OF MIAMI
Wynwood Arts District
A nord di Downtown, è racchiuso fra la North 36th Street (nord), la North 20th Street (sud), la Northeast First Avenue (est) e la la I-95 (ovest). Conta un numero impressionante di gallerie, musei, complessi espositivi e per performance, studi d’arte, spazi per il design, la moda, la musica e la tecnologia. La creatività in tutte le sue forme, insomma. Ci sono anche i Wynwood Walls, esposizione permanente di murales eseguiti da più o meno celebri street artist (www.thewynwoodwalls.com). Non mancano cinema, negozi, locali e ristoranti. Oltre alle fiere ospitate in occasione di Art Basel e all’appuntamento con ArtWalk ogni secondo sabato del mese, vengono organizzati moltissimi eventi, fra cui il Wynwood Live Street festival (21-23 aprile 2017, www.wynwoodlife.com).
Info: http://wynwoodmiami.com/home.php
Per tour (anche privati): http://wynwoodartwalk.com

 

MIAMI BEACH
Due strade “riassumono” South Beach, l’area più cool di Miami Beach.
La prima è la pedonale Lincoln Road, elegante via dello shopping e di ristoranti e caffè; la domenica vi si tiene un mercato agricolo e qualche volta improvvisati mercatini delle pulci (http://lincolnroadmall.com).
La seconda è la Ocean Drive, affacciata sull’Atlantico, con la lunga spiaggia, le palme, gli edifici déco, musica a ogni metro, auto luccicanti, ristoranti, locali. Lì, al civico 1116, si trova l’albergo The Villa-Casa Casuarina, ex residenza di Gianni Versace (http://vmmiamibeach.com).
Info: www.miamiandbeaches.it/places-to-see/south-beach-art-deco-district

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