Stanno trasformando le strade di Napoli nelle strade di un paese sotto le bombe. La percezione, il timore collettivo di un imminente agguato o rappresaglia è ciò che si respira all’ombra del Vesuvio. Lo stato di insicurezza indotto da azioni violente e sconclusionate mette a rischio l’ordine pubblico e la tranquillità del napoletano medio. E’ un condizionamento psicologico, una probabilità non più remota ma reale che qualcosa di grave può accadere all’improvviso in una strada, in una piazza, in un vicolo, nei pressi di un monumento. E’ la stessa tensione di chi vive in un teatro di guerra. Anzi almeno lì si è coscienti che c’è un conflitto armato, visibile, tragico.

Nuova dimostrazione di forza, in gergo stesa, nel cuore della notte nel centro storico della città d’arte. Esplosione all’impazzata di proiettili, a pochi passi, dall’ospedale Vecchio Pellegrini. Siamo a Montesanto, ai Quartieri Spagnoli. Un colpo ha raggiunto un balcone conficcandosi in un condizionatore dell’aria installato all’esterno dell’abitazione. Questa è la terza scorribanda nello spazio di tre settimane. Le parole sono disidratate e sfilacciate. Qui c’entra poco la camorra o meglio la sua rappresentazione comunemente accettata. Si tratta di atti di terrorismo urbano apparentemente fuori controllo che attraverso una sorta di scala Richter ne misurano l’efficacia in termini di spettacolarizzazione e teatralizzazione. Gesti epici choc da celebrare sui social. Un’epica intimidatoria che serve a dare forza e a promuovere un nuovo pseudo-potere criminale: le abusate paranze dei bimbi.

Si tratta di falange armate ‘a loro insaputa’ che affondano le radici nella rabbia cieca di un sottoproletariato di livello medievale abbandonato e dimenticato dal resto della città. Con piglio animalesco portano avanti una vendetta. Appunto come i kamikaze dell’Isis. C’è qualcuno che vende a loro speranze avvelenate. La prospettiva di una facile conquista di un loro paradiso. Li fanno illudere che sono i primi attori, protagonisti di una grande inedita avventura di conquista criminale. In realtà sono ‘usati’ e ‘vittime’ di mandanti raffinati. Ci sono padrini sornioni, dormienti che attraverso una guagliunera di disadattati, con evidenti problemi psichiatrici, cocainomani, ossessionati dai soldi e privi di un briciolo di umanità stanno ingaggiando indirettamente una sfida allo Stato. I boss irriducibili, i loro luogotenenti non hanno gettato per niente la spugna. Nonostante condanne, disarticolazione dei clan, pentimenti e collaborazioni, sequestri e confische sono lì che agiscono nel buio.

E’ un gangherismo violento e criminale di elevata pericolosità sociale. Con gli atti terroristici  delle stese creano agitazione, allarme sociale, pongono questioni delicate di ordine pubblico, impegnano le forze dell’ordine, mettono in fibrillazione importanti uffici giudiziari ma soprattutto condizionano la vita della gente. E’ un clima ben confezionati di astuta distrazione, tenere in scacco una intera città profondamente cambiata che trova dentro sé convinzioni, valori, protagonismi di visibile discontinuità rispetto al passato. Eccoli. Sono loro. I regnanti dell’ombra. I pupari che muovono i fili. Penso ai Contini, ai Licciardi, ai Moccia, ai Mallardo, i Polverino a pezzi di sotto clan degli Scissionisti ma anche ad esponenti della cosca dei Di Lauro mestatori del torbido che tengono in ostaggio Napoli con lo spauracchio della dittatura delle terrore. Puntano a seminare scompiglio, mettere in tensione pezzi dello Stato, creare una piattaforma di contrattazione: vogliono una trattativa. Le condanne pesano, la carcerazione al 41 bis è inaccettabile, le indagini patrimoniali e le confische di colpo li hanno resi poveri. I sequestri di droga bloccano la circolazione del denaro da investire nel welfare criminale come nelle attività commerciali-lavatrici. Non è casuale se a Napoli – lo dicono i sequestri – circolano molte armi e esplosivo pronto per l’uso. Segnali che con urgenza occorre cogliere.

Lo Stato deve affrontare quest’inedita emergenza di terrorismo criminale. Come? Adeguando gli strumenti di lotta. Perché non trattare i terroristi criminali napoletani come quelli dell’Isis? Inaugurare una stagione nuova: colpire con durezza sul piano repressivo senza se e senza ma. Adoperare in Campania ciò che si fa in Calabria: togliere la patria podestà. Mettere in sicurezza i figli. Interrompere il familismo amorale sottraendo i minori alle famiglie malavitose. Un atto forte, dolorosa, importante. Ma necessario. Asciugare la guagliunera e rassegnarsi nel aver perso almeno due generazioni. Fare una lotta anche contro i simboli liturgici che alimentano una certa sub-cultura. Una volta per tutti occorre entrare nei quartieri-fortino e smantellarli. Avviare una grande operare di bonifica urbana: penso allo scempio dei Quartieri spagnoli con le cappelle ed i tempietti eretti abusivamente delle famiglie camorriste e benedette da parroci troppo genuflessi. Ruspe e legalità. Una vera guerra di liberazione che passa obbligatoriamente contro quei boss che superficialmente sono stati collocati nel dimenticatoio. Il tempo è finito.

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