“… E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire…” dall’album ‘Emozioni‘, musica di Lucio Battisti su testo di Mogol. Poeticamente bellissima, ma dal punto di vista educativo assai discutibile. Sì, perché il problema degli incidenti stradali con il loro carico di perdite di vite umane e di feriti, altissimi costi sociali e anche economici, ha trovato nuovi subdoli alleati negli strumenti di comunicazione (smartphone, tablet, ecc.) e nell’uso avventato dei social network anche durante la guida.

Dal momento che il 93% degli incidenti stradali deriva dal comportamento del guidatore (dati Ocse) è evidente che il primo destinatario di un messaggio che abbia lo scopo di prevenire il fattore di rischio di incidenti non può essere che lui, il suo modo di guidare e l’attenzione che mette nel viaggiare. I fattori di rischio però, non sono riconducibili solo ai comportamenti umani, ma discendono con diverse modalità anche dai mezzi meccanici e dalle infrastrutture e dal loro stato di manutenzione, nonché dalle relazioni fra gli stessi.

Per questo motivo ci è parso utile indagare nuovamente nei dati statistici per descrivere la realtà delle cose e per vedere quali iniziative negli anni sono state prese, su cosa hanno puntato – informazione, repressione, paura – e se e quali esiti hanno avuto.

Prima di tutto abbiamo voluto verificare se l’Ue avesse politiche specifiche in merito alla sicurezza stradale. Obiettivo dell’Ue è quello di ridurre, nell’arco temporale 2010-2020, del 50% la piaga degli incidenti stradali mortali che affligge, in misura diversa, tutti i Paesi della Comunità europea. E’ un obiettivo ambizioso, poiché – se i ritmi di decrescita continueranno sul trend tracciato nei primi 5 anni, in cui si è in presenza di una diminuzione di appena il 15,5% di morti per incidenti stradali – il dato si attesterà intorno alle 26.000 unità e non alle auspicate 15.500 (Graf. 1).

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In questa lotta verso la limitazione dei morti su strada, anche il nostro Paese si è impegnato riuscendo (Tab. 1) a ridurli del 52% circa in 15 anni, tra il 2001 e il 2015, ma in modo ancora insufficiente per poter raggiungere il traguardo prefissato per il 2020 dalla Ue, che – se non si sarà in grado di imprimere una sferzata ulteriore a tutte le forze messe in campo per contenere il più possibile questo fenomeno – si attesterà intorno alle 2.500 unità, invece che alle circa 2.000 (Graf. 2).

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Osservando la Tab. 1, va anche rilevato che, mentre nell’arco temporale 2001-2015 il numero dei morti per incidente stradale, come già detto, si è dimezzato, non così è stato per gli incidenti e per i feriti, che hanno subito un decremento inferiore pari, rispettivamente, al 33,9% e al 27,1%. La sicurezza stradale, dunque, è forse più frutto dei dispositivi di sicurezza installati sulle autovetture dalle aziende automobilistiche, che di una guida più consapevole da parte dei conducenti.

Questo ci porta a un’altra riflessione circa i motivi a base degli incidenti stradali (Tab. 2). Oltre il 60% delle cause e il cui peso nell’arco di 3 anni (2012-2014) non è assolutamente variato, risiede nella guida distratta o andamento indeciso (nel 2014: 16,9%), nel non rispetto della precedenza o del semaforo (nel 2014: 15,8%), nella velocità troppo elevata (nel 2014: 11,2%), nel non mantenimento della distanza di sicurezza (nel 2014: 9,8%), nella manovra irregolare (nel 2014: 7,2%).

Tra queste cinque categorie di cause, le prime due, da sole, costituiscono 1/3 delle motivazioni a base degli incidenti stradali. Poiché nel tempo – sebbene limitatamente a soli 3 anni – non si assiste nemmeno a una piccola variazione che possa farci ipotizzare un’inversione del fenomeno e un suo ridimensionamento, previsto in un tempo piuttosto lungo, sembrerebbe che il fenomeno vada imputato ancora, in larga parte, all’automobilista e a una sua cattiva educazione: è su di lui che ancora molto si deve lavorare sia a livello individuale e sia di campagne a sostegno dell’importanza di una guida non pericolosa.

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Si può tentare un collegamento tra le cause di incidente e la tipologia di contravvenzioni che si rilevano (Tab. 3).

La maggior parte delle contravvenzioni rilevate riguarda le soste, fermate e arresti non consentiti, che hanno raggiunto oltre le 3,2 milioni di unità nel 2015 (2,7 milioni circa nel 2014), seguite dal superamento dei limiti di velocità, che oltrepassa i 2,5 milioni in entrambi gli anni considerati.

Queste due categorie di contravenzioni rappresentano poco meno dei 3/4 del totale di quelle effettuate, in leggera crescita tra il 2014 e il 2015. La seconda delle violazioni punite è quella che produce anche il secondo motivo di morti per incidente stradali, mentre l’inosservanza della segnaletica orizzontale e dei semafori, punita in circa 314.000 casi nel 2014, nello stesso anno ha prodotto poco meno di 35.000 incidenti.

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Le violazioni che preoccupano perché in crescita tra il 2014 e il 2015, almeno dal punto di vista della loro rilevazione, sono il non uso di lenti o uso di radiotelefoni o cuffie (+4,4%), l’uso di cinture di sicurezza e seggiolini per bambini (+8,3%), l’inosservanza della segnaletica orizzontale e semaforica (+15%).

Ed è anche interessante prendere in considerazione un altro dato che mette in luce il fenomeno incidente stradale con morti: l’orario e il giorno della settimana in cui accade (Tab. 4). Circa 1/4 degli incidenti mortali si verifica di notte con una concentrazione massima tra giovedì e domenica e una punta nel sabato.

Sono le abitudini e i comportamenti sociali che determinano tale situazione: i weekend più o meno lunghi, le uscite serali nei fine settimana di giovani e meno giovani, in cui spesso si eccede in alcolici o altre sostanze che alterano l’equilibrio psico-fisico degli automobilisti. Nel breve periodo considerato e di cui si dispone dei dati più aggiornati (2012-2014), si assiste a una riduzione di tale tipo di incidenti in tutti i giorni, tranne che nella domenica, dove, invece, il fenomeno è cresciuto.

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Ha collaborato Mariano Ferrazzano

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