“L’idea è che si può arrivare più lontano su una vecchia utilitaria che su un Suv nuovo, perché è più facile trovare un rapporto con le persone, incontrarsi, conoscersi”. Giovanni Veronelli ha 38 anni e nella vita fa il ristoratore; Daniele Veronelli, 40 anni, è un informatico; Alessandro Cini, 38 anni, è artigiano e restauratore. Tutti sono di Pavia e, insieme, hanno deciso di lanciarsi nella pazza idea di fare il giro del mondo a bordo della loro vecchia Fiat Uno del 1987. Raccogliendo fondi per beneficenza. “Con questi viaggi si possono fare grandi cose”, raccontano dalla Mongolia.

Tutto è nato una sera di tre anni fa, riguardando le vecchie fotografie del Mongol Rally, il charity rally corso nell’estate del 2007 in terra asiatica. Da tempo i tre amici partecipano a numerose gare di solidarietà a bordo dei propri bolidi, con la squadra ribattezzata Team 241. “Insomma, ci mancava l’idea di viaggiare. Volevamo avere un obiettivo ambizioso – raccontano i ragazzi – Da lì siamo andati alla ricerca dell’auto, l’abbiamo trovata da un concessionario della provincia di Como e abbiamo iniziato a fare i test”.

La durata pianificata è di cinque anni, passando per Mongolia, Russia, Giappone, per poi mandare via cargo l’auto in Alaska e dare inizio al percorso in terra americana, fino alla PatagoniaIl giro del mondo a bordo della Fiat Uno è strutturato in una serie di tappe obbligate, al termine di ognuna delle quali rientrano in Italia. La durata pianificata è di cinque anni, passando per Mongolia, Russia, Giappone, per poi mandare via cargo l’auto in Alaska e dare inizio al percorso in terra americana, fino alla Patagonia. Daniele, Giovanni e Alessandro sono partiti per la prima tappa del viaggio il 31 luglio scorso, dal loro garage di Pavia. In poco più di un mese hanno attraversato Austria, Ucraina e Russia, percorrendo oltre 10mila chilometri prima di arrivare a Ulan Bator, capitale della Mongolia.

Ad aiutare il team nel percorso ci pensano piccoli sponsor locali, che hanno versato una parte dei finanziamenti. “Ma la maggior parte dei soldi viene dalle nostre tasche – spiegano i tre amici – Per questo siamo costretti a strutturare il viaggio in tappe”. Alessandro è artigiano e restauratore: da più di dieci anni gestisce una piccola azienda con dipendenti. Daniele, soprannominato l’ammiraglio, è un tecnico informatico appassionato di motori e kart. Giovanni, invece, è un ristoratore. “Diciamo che amici, mogli e fidanzate si sono rassegnate al nostro bisogno fisiologico di viaggiare, e ci sopportano con grande pazienza”, sorridono in gruppo.

“Ci divertiamo, viaggiamo con qualsiasi mezzo a disposizione e – soprattutto – raccogliamo fondi per le associazioni del territorio”
Ogni tappa necessita di un grande preparazione, tra richieste di visti, struttura dei percorsi – rigorosamente usando cartine stradali – e “lettura di tantissimi libri”. La giornata tipo durante il viaggio inizia di mattina presto: colazione abbondante a base di caffè solubile cui seguono 4 ore in auto, fino all’ora di pranzo. Ogni due ore una piccola sosta per far riposare il motore e non caricarlo troppo. “Solitamente facciamo due o tre turni di guida”, spiegano i ragazzi. Ad ogni tappa, l’incontro con una cultura diversa: “Un momento straordinario”, raccontano. Daniele, Giovanni e Alessandro sono tutti ex volontari: insieme, in passato, hanno preso parte a diversi charity rally in Asia e Africa. “Ci divertiamo, viaggiamo con qualsiasi mezzo a disposizione e – soprattutto – raccogliamo fondi per le associazioni del territorio”. Insomma, anche con questi viaggi si possono fare grandi cose: come il finanziamento per la realizzazione di una scuola per 250 bambini a Bamako, Mali, dopo un rally corso in Africa due anni fa.

Il rapporto con l’Italia per i ragazzi del Team 241 è di amore e odio. “Come molte persone che lavorano in proprio, anche noi fatichiamo a portare a casa i frutti dei nostri sforzi a causa di burocrazia, lentezza e inefficienza del nostro Paese – spiega Alessandro – Quando siamo lontani, però, la nostra terra ci manca moltissimo”. Fare questi viaggi è una specie di droga. “Inizi e sai già che non riuscirai più a fermarti – aggiunge Daniele –. Ogni sfida è sempre più impegnativa della precedente”. E non mancano momenti emozionati lungo il percorso: “Come quando ci siamo fermati nella steppa mongola a bere un caffè. Intorno solo il deserto”, racconta Alessandro.

“Inizi e sai già che non riuscirai più a fermarti – aggiunge Daniele –. Ogni sfida è sempre più impegnativa della precedente”O come quando, a Tomsk, in Russia, “un simpatico proprietario di una Ford Escort anni ’70 non ci voleva più lasciar andare pur di raccontarci le caratteristiche speciali del suo motore”. Il giro del mondo in Fiat Uno durerà 5 anni. Prossima tappa? Mongolia-Tokyo, per poi ripartire dal Sud America. Per il momento la macchina non ha dato problemi, nonostante migliaia di chilometri alle spalle su strade impervie e scoscese. “Nel nostro piccolo, anche con una Fiat Uno – concludono – possiamo cambiare il mondo”.
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