Un viaggio a piedi lungo duecento chilometri, camminando a fianco della M25, l’arteria autostradale che circonda Londra, svelando gli scheletri nell’armadio della capitale inglese e narrando di storie quotidiane e di antiche leggende metropolitane. Questo è London Orbital, del prolifico e poliedrico scrittore e film-maker Iain Sinclair (Il Saggiatore; edizione italiana a cura di Nicoletta Vallorani; traduzione di Luca Fusari).

Si tratta di un testo straordinario, originale e ritmicamente perfetto. Sinclair, in compagnia di un fotografo, un pittore, un regista e uno scrittore si muove attraverso le assurdità e i controsensi della periferia-campagna londinese. Un periplo alla Cuore di tenebra underground, tra le fosse comuni dei maiali sterminati in quanto vittime dell’afta epizotica, gli avanzi dell’eredità industriale, pub dimenticati dove lievitano le saghe di contrabbandieri, assassini, gang. Camminando sotto cieli lividi il drappello si imbatte in profughi balcanici intenti a grigliare pollo sulle rive di canali inquinati, incrocia accampamenti di zingari abili nel riciclare rifiuti, entra dentro i tanti manicomi vittoriani abbandonati che puntellano, come torri medioevali, gli accessi alla città.

Il raccordo autostradale, inaugurato in pompa magna da Margaret Thatcher il 29 ottobre del 1986, appare come un collare di sicurezza che soffoca il condannato: l’abitante di Londra. Chi sta dentro vorrebbe andare fuori, chi ha scelto di uscire dalla metropoli si è reso conto che la M25 non è una modalità utile, sotto forma di cementificazione, per proteggere le contee rurali dalla corruzione urbana, gli omicidi, i furti e gli stupri. Legoland ballardiane che scompaiono tra le nebbie del Fenland, megastore futuristici e speculazioni trascurate che cercano di unire schegge impazzite che dovrebbero rappresentare epoche diverse, di cui ormai si è persa la memoria.

A volte, leggendo London Orbital, sembra di entrare in un romanzo di Graham Greene, in una di quelle storie dove anonimi omini in giacca e cravatta decidono, a suon di cospirazioni, il futuro, decadente, dello status quo britannico. Altre volte appaiono gli echi di Dickens e dei suoi orfanotrofi, le allucinazioni di Blake, le follie marziane di Wells, il no future punk rock dei Sex Pistols, la Rolls Royce psichedelica di John Lennon. E mentre i nostri eroi camminano, tra acquitrini, boschi violentati, discariche abusive dove le automobili vengono cannibalizzate e cani rabbiosi si scagliano contro recinti di fil di ferro, l’aroma che persiste è quello del gasolio, delle perdite chimiche, del maiale contaminato ultrafritto, delle gomme sull’asfalto, degli escrementi umani e dei rifiuti tossici ospedalieri.

Nessun londinese sano di mente intraprenderebbe mai questo viaggio, dice lo stesso autore, affermando senza tanti giri di parole che lui e i suoi compagni sono dei folli, dei fugueurs contemporanei. Rispetto al più compassato flâneur, il fugueur è un camminatore con il gusto dell’imprecazione, un osservatore che individua nella pazzia un corso di sopravvivenza psichico. Personalmente, non vedo l’ora di tornare a Londra per avventurarmi verso l’M25 in compagnia di questo stupefacente libro: London Orbital è il modo più intelligente per capire la città senza mai avvicinarsi a Trafalgar Square.

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