E’ una vicenda torinese, ma il ragionamento vale per tutte le grandi città italiane, e per molte anche più piccole. Si è discusso tanto di Manet, ma troppo poco di monnezza. A Roma se n’è parlato, più che altro in termini di pulizia. Mentre il problema principale ovunque è – o meglio dovrebbe essere – quello del mancato riciclo. Insomma, di uno spreco gigantesco e quotidiano che ha dei costi economici ed ambientali. E’ in particolare una forza come 5 Stelle che dovrebbe mobilitarsi pancia a terra affinché i cittadini differenzino tutti i rifiuti con attenzione.

Dunque, sentite qual è la storia torinese emblematica: un inceneritore quasi completamente fermo da due settimane.

Il Comune di Druento, in provincia di Torino, non vuole più ricevere le oltre 160 tonnellate giornaliere di rifiuti che a causa della crisi provvisoria dell’inceneritore del Gerbido vengono portate nella sua discarica. La sospensione dell’attività del Gerbido è dovuta alle quantità eccessive di mercurio riscontrate durante i controlli. Si tratta di verifiche precauzionali, nessuno è veramente allarmato. A seconda dei punti di vista, si può commentare che ciò dimostrerebbe la pericolosità dell’inceneritore o, al contrario, la sua sicurezza perché i controlli sono meticolosi. Ma il punto che deve destare l’attenzione non è il gioco del cerino tra i Comuni, tra inceneritore e discariche, bensì la quantità spropositata di rifiuti indifferenziati che vengono portati a smaltimento a fronte del fatto che la stragrande maggioranza è riciclabile o, nel caso dell’umido, compostabile. Che Torino continui a portare a bruciare quasi 700 tonnellate di rifiuti al giorno, questo è il problema, questo dovrebbe essere lo scandalo. Basta aprire un cassonetto dei rifiuti per capire a occhio nudo, senza particolari analisi, senza avere una formazione scientifica, che la maggior parte di ciò che viene buttato come indifferenziabile sarebbe perfettamente differenziabile.

Settecento tonnellate sono il doppio dell’ammissibile: non stiamo parlando di desideri o di opinioni, ma di doveri di legge. La giunta regionale ha recentemente approvato il “Testo Unico sui Rifiuti” che prevede “entro il 2018 la produzione annua pro capite di rifiuto indifferenziato a livello di area vasta dovrà essere non superiore ai 190 chilogrammi ad abitante, ed entro il 2020 non superiore ai 159”. Dai primi dati rilevati dai consorzi rifiuti, fa sapere la Regione, la produzione pro capite di rifiuto urbano indifferenziato nel 2015 è stata di circa 201 kg/abitante. Un dato generale, quest’ultimo, che sembra un buon punto di partenza per il raggiungimento di questi obiettivi. Se però entriamo nel dettaglio delle varie realtà emerge la situazione problematica  del capoluogo regionale.

La Regione lo sa e nel testo approvato dalla Giunta per Torino, “in ragione della sua dimensione demografica e delle sue caratteristiche peculiari, le due scadenze slittano di due anni”. Il bonus concesso al capoluogo, con scadenza ultima 2022, non è detto che possa bastare. In base ai dati dell’Osservatorio provinciale Rifiuti, nel 2014 la quantità di rifiuto indifferenziato pro capite è stata di 279 kg/ab. Nel 2015 (dato non definitivo) la produzione di Torino è stata intorno ai 284 kg/ab. Nel 2016, inoltre, la quantità potrebbe crescere ulteriormente visto che la produzione di rifiuti indifferenziati è aumentata ancora nei primi nove mesi dell’anno. Da anni siamo fermi, la percentuale di raccolta differenziata non aumenta e le iniziative promozionali dei buoni comportamenti rimangono sporadiche. Non è molto utile né giusto prendersela sempre con qualcun altro quando lo spreco quotidiano è dovuto ai gesti sbagliati anche nostri, quelli di centinaia di migliaia di persone che vanno corresponsabilizzate.

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