Tutta colpa dell’Fbi. Hillary Clinton punta il dito contro il direttore del Federal Bureau of Investigation, James Comey, come responsabile della sua sconfitta. Parlando, in conference call, con un gruppo di fundraiser che hanno raccolto oltre 100mila dollari per la sua campagna elettorale, la candidata sconfitta infatti ha espresso la convinzione che sia stata la seconda lettera di Comey al Congresso, quella in cui è stata di nuovo scagionata per il Mailgate, più che la prima, quella con cui il 27 ottobre l’Fbi annunciava la riapertura dell’indagine, a danneggiarla di più.

Secondo una fonte citata da Politico, l’ex Segretario di stato ha spiegato che dopo il durissimo colpo ricevuto a 11 giorni dal voto i sondaggi la davano in risalita, ma la seconda lettera, ad appena a tre giorni dal voto, ha galvanizzato e mobilitato gli elettori di Donald Trump. Secondo la fonte, il tono della Clinton nella conference call, che è durata 32 minuti, è suonato “ovviamente triste ma non privo di speranza”. Come ha fatto nel suo concession speech, ha esortato infatti i democratici a rimanere attivi, a non demoralizzarsi nonostante la pesante sconfitta e continuare la lotta politica.

L’indagine che era stata clamorosamente riaperta il 28 ottobre sulla base di nuove email è stata definitivamente chiusa – con una decisione altrettanto eclatante – a 48 ore dal voto. Che l’inchiesta potesse danneggiare la candidata democratica era apparso subito chiaro perché era stata riaperta mentre l’Fbi indagava su uno scandalo sessuale. L’incursione senza precedenti dei federali nella corsa alla Casa Bianca era stata criticata anche da barack Obama che aveva difeso la Clinton. La domanda di molti però era: come è possibile che i federali siano riusciti ad esaminare oltre 650mila email in così pochi giorni?

Le email sono state per tutta la campagna elettorale il vero incubo di Hillary Clinton che da segretario di Stato – si scoprì nel marzo 2015 – usò un account privato di posta elettronica anche per comunicazioni ufficiali e di lavoro, alcune delle quali ‘top secret’. Cosa che non avrebbe dovuto fare per motivi di sicurezza nazionale, utilizzando invece l’account del Dipartimento di stato legato ai server del governo federale. Hillary chiese scusa e testimoniò per ben undici ore davanti a una commissione del Congresso. Intanto fu avviata l’inchiesta dell’Fbi poi archiviata nel luglio 2016 per assenza di reato. Anche se l’Fbi ammise che la gestione delle proprie email da parte di Hillary Clinton fu “estremamente superficiale”. Quelle conclusioni erano state ribadite, ma probabilmente sono costate la Casa Bianca alla donna che aspirava a essere la prima presidente donna.

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