Un mese fa, quando vennero assolti tre dirigenti di Grandi Motori, azienda produttrice di motori diesel con stabilimento nei pressi del confine giuliano con la Slovenia, il pubblico ministero Matteo Tripani realizzò che altri morti per mesotelioma non avrebbero dovuto restare impuniti. E così decise che nel caso ancora più eclatante della Ferriera di Trieste, prima di arrivare al processo sarebbe stato utile il vaglio di una perizia da effettuare con il meccanismo dell’incidente probatorio. Per questo il magistrato, affiancato dalla collega Cristina Bacer, ha iscritto quindici ex dirigenti dello stabilimento di Servola nel registro degli indagati e ha chiesto una perizia nell’ipotesi di omicidio colposo e lesioni gravi che avrebbero avuto come vittime almeno una quarantina di operai che hanno lavorato per anni fino al 2004.

La notizia, anticipata da Il Piccolo, ha avuto grande risonanza in città dove la Ferriera, che nel frattempo è passata di mano e fa oggi parte del gruppo Arvedi come Siderurgica Triestina, è un tema scottante per le ricadute della produzione sull’ambiente. Il quotidiano ha anche indicato i nomi delle persone che hanno ricevuto l’avviso di garanzia, precisando che i fatti risalgono a un periodo compreso tra il 1979 e il 2004, e che le cause delle morti sono riconducibili al mesotelioma pleurico (causato dall’amianto) o al carcinoma polmonare.

La lista contiene diversi livelli. Ci sono manager e dirigenti operativi che avevano un compito di “garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori”, ma che sono sospettati di non avervi adempiuto con il necessario scrupolo. In questa fascia ci sono Piero Nardi (già consigliere delegato di Servola Spa, quindi amministratore dello stabilimento) e Giuseppe Lucchini, che fu fino al 2001 presidente di Servola Spa e per alcuni anni anche amministratore delegato. Il gruppo Lucchini, gravato dai debiti, ha poi venduto la fabbrica.

In una seconda fascia troviamo manager dell’Italsider come Didimo Badile, Sergio Noce e Gianbattista Spallanzani, o di Terni spa come Guido Denoyer, Costantino Savoia, Attilio Angelini (ex presidente) e Luigi Broccardi Schelmi. C’è poi il gruppo di dirigenti di Altiforni e ferriere di Servola: Paolo Felice, Franco Asquini, Michele Bajetti (ex amministratore delegato), Vittorio Cattarini (ex presidente), Francesco Chindemi e Mauro Bragagni.

Sotto accusa è la mancata osservanza delle norme di sicurezza sul lavoro e l’aver trattato con “negligenza, imprudenza e imperizia” la tutela rispetto a sostanze come l’amianto e gli idrocarburi, la cui pericolosità era nota a tutti. I lavoratori, secondo i pm, sarebbero stati esposti a polveri e fumi con conseguenze letali nel tempo. La perizia chiesta al gip (con specialisti di medicina legale, del lavoro e di epidemiologia) dovrà accertare l’esistenza di un nesso di causalità tra lavorazioni e tumori. E dovrà tenere conto di un lungo arco di tempo, in cui vi fu la “latenza” del male, poi la sua induzione, quindi una successiva esposizione alle fonti cancerogene (tra queste anche benzene, benzoapirene, idrocarburi policiclici aromatici, ammine aromatiche, polveri e fumi di metallo). Nessuna dichiarazione da parte della proprietà di Siderurgica Triestina, che è estranea all’inchiesta.

Articolo aggiornato alle 12.30 del 10 novembre

Articolo Precedente

Fabrizio Corona al giudice di Sorveglianza: “Ho commesso errore ma non un reato”

next
Articolo Successivo

Palazzo Chigi, condannato l’ex generale Ragusa: “Truccò la gara per la sicurezza delle comunicazioni informatiche”

next