martin_luther_1529Il segnale che viene dal viaggio ecumenico di papa Francesco, appena concluso, non sta tanto nell’omaggio rivolto dal pontefice argentino al padre della Riforma protestante e nei programmi di cooperazione comune. Anche Benedetto XVI, durante il suo viaggio in Germania del 2011, aveva rievocato la sete di Dio di Lutero e già nel 1999 aveva firmato con la Chiesa evangelica un’importante documento sulla “Giustificazione”: concetto centrale nella teologia di Lutero.

L’orizzonte nuovo, che si apre dopo il pellegrinaggio di Francesco, deriva dall’aver aperto una breccia nel confine, che fin qui delimitava i rapporti fra le Chiese cristiane. Un limite rappresentato precisamente dal fatto che le loro relazioni, anche dialogiche, erano sempre improntate allo stile di rapporti tra entità distinte, ognuna chiusa nel recinto della propria storia.

Con un balzo in avanti Francesco rovescia questa impostazione. Con lui per la prima volta un pontefice romano considera le vicende della Riforma protestante come parte di una comune storia cristiana. Lutero, ha fatto capire recandosi a Lund per la celebrazione dei 500 anni della Riforma, è parte di una storia che cattolici e luterani devono sentire condivisa.

Già l’aver deciso di presenziare a una commemorazione dell’evento è stato il segnale di questo salto di qualità. Commemorare insieme significa festeggiare insieme, rendere grazie per i frutti che l’evento del 1517 ha prodotto. Il Papa ha usato poche parole, sottili, sufficienti a dare il segno della svolta.

La storia del protestantesimo, ha spiegato Francesco nell’intervista a Civiltà Cattolica prima di partire per la Svezia, ha qualcosa da insegnare alla Chiesa cattolica: “Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo. Riforma e Scrittura sono le due cose fondamentali che possiamo approfondire guardando alla tradizione luterana”. Ancora più esplicito è stato durante la preghiera ecumenica nella cattedrale luterana di Lund: “Con gratitudine riconosciamo che la Riforma ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”. Più netto ancora il riconoscimento nella Dichiarazione congiunta firmata con il presidente della Federazione luterana mondiale, vescovo Munib Yunan. Cattolici e luterani sono “profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma”. Parole che sono pietre miliari.

Di questa storia cristiana, che d’ora innanzi dovrà essere considerata “comune”, fa parte (al di là della richiesta di perdono per le ferite reciprocamente inflitte già preparata dal grande mea culpa voluto da Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000), fa parte un concetto tipicamente bergogliano: le guerre in nome della religione sono sempre combattute da “uomini di potere”.
Con questa idea-guida di una comune storia cristiana papa Bergoglio seppellisce dolcemente la grande pietra d’inciampo ad un autentico riavvicinamento delle Chiese cristiane rappresentata a suo tempo dal documento “Dominus Jesus” pubblicato nel 2000 dal Joseph Ratzinger, prefetto del Sant’Uffizio, con l’avallo di Giovanni Paolo II. Documento che degradava le altre Chiese cristiane a “comunità ecclesiali” e sanciva che l’unica Chiesa di Cristo “sussiste” nella Chiesa cattolica. Come dire che c’era una Chiesa di prima classe, la cattolica.

Nella visione del papa argentino simili elucubrazioni teologiche non trovano spazio. Se i cristiani sono una sola famiglia, con una sola storia, non esistono figli di rango maggiore degli altri.
Vale la pena notare che anche nei confronti del mondo ortodosso Francesco segue da anni questa strategia di condivisione. Più volte ha ricordato che la Chiesa cattolica ha da imparare dalle Chiese ortodosse in tema di “sinodalità”, cioè di metodo collegiale. E se nella sua enciclica ecologica “Laudato si’” egli cita più volte il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo è perché vuole sottolineare che anche il patriarca ecumenico ortodosso può essere “maestro” per i fedeli cattolici.

Certamente dopo il viaggio del pontefice in Svezia restano le differenze tra cattolici e protestanti in tema di ordine sacerdotale, eucaristia e sacerdozio femminile. Sicuramente nei prossimi anni sarà intensificato l’ecumenismo pratico del “servizio al mondo” come lo chiama Francesco, iniziative di carità e giustizia sociale. Ma tutto ormai è collocato in una dimensione diversa, che dovrà essere sviluppata. La visione di un cammino comune attraverso la storia. Cattolici, ortodossi, evangelici, ma anche pentecostali e altri movimenti cristiani visti come “tralci della stessa vite”, sorta dall’avvento di Cristo.

Per questo il presidente della Federazione luterana mondiale Yunan, riferendosi alla commemorazione congiunta con Francesco, ha potuto parlare di “moderno miracolo dello Spirito Santo”. Uno Spirito che “semina unità tra i seguaci di Gesù”.

In ultima analisi il 31 ottobre 2016 a Lund e Malmö costituisce un passo in avanti verso la realizzazione del traguardo che il teologo protestante Juergen Moltmann ha espresso nel suo colloquio con il cardinale Walter Kasper alla vigilia del viaggio papale. “Quel che io desidero – ha detto il grande pensatore di tradizione evangelica – è un concilio mondiale di tutte le Chiese cristiane”.

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