E’ tornato in piazza per dare il via al rush finale per il Sì. Per farlo ha messo in fila tutti gli spauracchi: Grillo, l’Europa che non ci ascolta, Berlusconi, D’Alema, la vecchia classe politica “che ha fallito”. Ma se il copione del presidente-segretario Matteo Renzi ormai lo conoscono in tanti, il battito cardiaco più autentico lo danno le reazioni della folla in piazza del Popolo (“e non del populismo”). Nomina Berlusconi: buuuh, risponde la folla. Lui però indugia, non ci marcia: “Boni” li calma anzi dal palco. Si coccola e si esalta, invece, con i fischi e con il chiasso dei militanti Pd arrivati da tutta Italia quando prima pronuncia il nome di D’Alema e poi quelli che delle riforme hanno parlato per trent’anni e poi non hanno fatto niente. Dalla gente arriva un boato. Qualcuno fa partire il coro: Matteo, Matteo, Matteo.

Ha capito che può diventare la chiave per cambiare l’inclinazione della campagna elettorale. Futuro possibile contro passato che ha fallito. Prima i fuochi d’artificio con Massimo D’Alema, poi il dibattito tv – diventato incredibilmente supersocial – con l’88enne Ciriaco De Mita. E poi Dini, e poi Monti. Di là ci sono Napolitano, Violante, Casini, ma fa lo stesso: lui la mette giù così, Prima e Seconda Repubblica contro la presunta Terza o Quarta o chissà. Renzi contro tutti, comunque. E infatti il rumore più forte del pubblico democratico arriva quando con voce quasi sfinita ricorda quelli di vent’anni fa che hanno detto che “se lo avessimo scritta noi l’avremmo scritta meglio”. “Può darsi – replica il capo del governo – Il punto è che non l’hanno scritta. L’hanno discussa, chiacchierata, digerita e poi si son dimenticati di scriverla”. Così conquista definitivamente la folla alla quale indica quasi una missione: “Siamo destinati a cambiare il Paese”.

E da lì viene facile estendere il discorso: è l’Italia del Sì contro quelli che “dicono sempre No”, che “bloccano il Paese”, perché se non va a punto questa riforma, bisognerà “ripartire dal via”. Per questo prova a rovesciare la prospettiva, rimescolare le linee. Fino a mettere nel Partito della Nazione anche il Fatto Quotidiano. “Il vero Partito della nazione – dice – è quello del No. Il partito che va da Brunetta a Travaglio, che sull’Europa mette insieme Monti e Salvini, che tiene insieme Gasparri e De Mita, che da Berlusconi a Grillo a D’Alema dice solo No. Questo è il partito che vuole bloccare l’Italia”. 

Renzi non deve convincere nessuno, lì sotto già ci sono persone che già hanno deciso di votare sì, a parte Gianni Cuperlo. Così l’operazione è quella di galvanizzare. Anche troppo. Il conduttore dal palco parla di “centinaia di migliaia di persone” che è troppo anche per la capienza di piazza del Popolo. Gli organizzatori correggeranno in 50mila presenze. La cifra più verosimile, visto che la piazza è piena a metà, è di circa 20-25mila persone.

Renzi fa leva sull’orgoglio del Pd che coincide con quello per l’Italia. “Noi e gli altri”. Noi Pd, loro M5s. Noi Italia, loro Europa dell’austerity. Noi Italia, lui Orban che “si deve sciacquare la bocca prima di parlare dell’Italia”. E infine un appello finale agli studenti a lavorare sulla campagna referendaria alle superiori e all’università e a tutti gli altri di organizzare una cena a settimana per parlare del referendum “semplicemente leggendo il quesito” a vicini, colleghi, amici.

Questa è la piazza che non urla e che non insulta, rivendica Renzi. Il riferimento è fin troppo chiaro. Qui è passata la Notte dell’onestà del M5s, è passato Salvini con le croci celtiche di CasaPound. Ma “questa è piazza del popolo, non del populismo”. “Gli italiani vogliono da noi concretezza e capacità di risolvere i problemi – dice il segretario del Pd – Va di moda il grido ‘onestà, onestà’, è il nostro grido ma bisogna risolvere i problemi del Paese. L’onestà è la condizione base. Ma l’onestà non basta, serve competenza”. E quindi “noi siamo quelli delle proposte, non dei vaffa”. Ma con i Cinquestelle bastano una battuta e una risata, come quella sui frigoriferi: “Voglio dire ai pullman dei militanti di non lasciare in giro i frigoriferi per Roma. Perché noi siamo contro i complotti”.

Ma il vero avversario è un altro e per combatterlo parla un vocabolario simile a quello grillino, perché ha imparato che occupare il terreno degli altri partiti un po’ paga. Gli applausi li prende tutti quando parla di quelli che finora non hanno fatto niente e che ora si schierano per il no. Il portabandiera corrisponde al nome di Massimo D’Alema. “Mi hanno detto che è stata una riforma frettolosa. Ma sono 35 anni che ne parliamo – ribadisce per l’ennesima volta – E questa riforma è contro gli inciuci e per dare stabilità ai governi, visto che ne abbiamo avuti 63 in 70 anni”. Il fatto, aggiunge, “che voi abbiate fallito non vuol dire che anche noi dobbiamo fallire“.

La giornata di piazza del Popolo (il discorso di Renzi inizia a 3 ore e 11 minuti)

C’è anche Cuperlo: “Qui con le mie convinzioni”
Non è solo una festa renziana. E’ la festa di tutto il Partito democratico: c’è il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, c’è l’ex ministro Cesare Damiano, c’è il ministro della Giustizia Andrea Orlando, c’è perfino uno dei leader delle minoranze del partito, Gianni Cuperlo. Il primo vota sì, il secondo ha detto che voterà no se non si cambierà l’Italicum. Tanti gli stringono la mano e gli chiedono di aderire al sì. Lui risponde di essere “qui con le mie convinzioni, ad una manifestazione del mio partito. Mi rendo conto che il sentiero del dialogo c’è ma è stretto. Mi auguro che i vertici del Pd vadano avanti nel dialogo. Fino alla fine spero in un accordo”. All’arrivo in piazza del Popolo è stato accolto da abbracci e strette di mano dei manifestanti. “Bravo, dobbiamo stare uniti” gli ha gridato qualche militante. L’ex diessino è stato accolto dal vicesegretario Lorenzo Guerini che lo ha scortato fino al retropalco. “Quando il partito chiama tutti dovrebbero rispondere” ha ribadito Guerini. Il riferimento è a Bersani e Speranza, che dopo l’evento di Roma scrive che serve “rispetto per chi nel Pd vota no” e a Renzi dice di “non far finta di non vedere o il rischio è non sentirsi più a casa”.

In realtà quella di piazza del Popolo non è solo una festa renziana e lo vuole ribadire anche la piazza stessa che a un certo punto Bella Ciao, quasi una “provocazione” visto che tra coloro che votano No non ci sono solo pezzi di sinistra, ma anche gli stessi partigiani. Certo, l’aiutino arriva dal programma musicale sul palco sul quale un gruppo femminile ripropone canzoni della tradizione della lotta operaia. “C’è il popolo a cui appartengo, il mio partito – spiega il governatore Rossi – Voterò Sì per ragioni diverse da quelle espresse dalla propaganda e che non mi convincono”. Giusto esserci, nonostante tutto, insomma. Non l’hanno pensata così Bersani, Speranza e l’altro pezzo di sinistra Pd.

Squadra governativa al completo (Sala compreso)
Al gran completo, invece, l’area governativa del partito. Il ministro Maria Elena Boschi, per esempio, ha cominciato la sua giornata “social” dalla partenza in treno, a Campo di Marte, Firenze: “C’è tanta gente che sta arrivando a Roma, tante persone, persone in carne ed ossa, non profili facebook: persone vere che stamani si sono alzate presto e stanno andando in piazza”. 

Poi ci sono i sottosegretari di Palazzo Chigi Luca Lotti e Claudio De Vincenti, il presidente del partito Matteo Orfini, i vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro. L’intervento di Matteo Renzi è previsto intorno alle 17. “La piazza è del popolo” è la scritta che campeggia sul palco, dove si sono alternati gruppi di musica popolare e interventi di persone comuni. Militanti del Pd sono arrivati da tutta Italia grazie a oltre 300 pullman e 7 treni charter messi a disposizione dall’organizzazione.

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