“Chi sono io per giudicare? Io le barricate non le comprendo, ma alle barricate non si sarebbe dovuto neppure arrivare. Se io vengo a casa sua e le porto dieci persone, la avviso un po’ prima così che lei possa prepararsi, no?”. Don Paolo Paccagnella è da oltre 25 anni parroco di Gorino, il paese in provincia di Ferrara finito nel vortice delle cronache dopo le proteste contro l’arrivo di un gruppo di donne migranti e di alcuni bambini. Quando ormai è sera non ha molta voglia di parlare. Spiega di avere saputo solo alle 10 di mattina dei fatti della notte, avvenuti a poche centinaia di metri dalla sua parrocchia: “E’ stata una brutta giornata, i giornali ci hanno dipinti come mostri, come razzisti. Guardi quante lettere ho ricevuto piene di insulti. Ma le sembra giusto?” Nelle stesse ore l’arcivescovo di Ferrara Luigi Negri ha detto di sentirsi vicino “a coloro, donne e bambini in particolare, che hanno vissuto sul nostro territorio una notte così difficile e ostile, che ripugna alla coscienza cristiana”.

Ma Don Paccagnella chiede che si provino a capire anche le ragioni di chi abita in questo lembo di terra, tra il delta del Po e l’Adriatico: “Volevano mandare qui delle persone senza che neppure la popolazione sapesse niente. Volevano mandarla qui da un momento all’altro: ma che servizi ci sono qui a Gorino? Non ci sono le scuole, i bimbi devono andare a Goro. C’è un medico a ore solo alcuni giorni, una farmacia, due negozietti e nient’altro. Queste persone che volevano portare hanno bisogno di essere curate: e non solo con il mangiare. Bisogna creare un sistema di accoglienza, sennò che cosa fanno qui? Quando si farà questo, allora l’accoglienza ci sarà di sicuro. Anzi sono io il primo a dare questo consiglio ai miei concittadini: essere accoglienti”.

Poche ore prima intanto al presidio all’ingresso dell’abitato, scenario delle barricate della notte prima, la notizia della prefettura di Ferrara che le migranti non arriveranno più, viene accolta con soddisfazione. In prima fila c’è Fausto Gianella, ex consigliere comunale e iscritto a Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa: “Qui non c’entrano i partiti e ho preteso che non saltassero fuori bandiere di partito. Non c’entra il razzismo, non c’entra l’accoglienza”, spiega Gianella. “Questo ostello è di importanza vitale per un paese che vive di pesca e di turismo. Se viene a mancare questa struttura, la nostra economia basata su pesca e un turismo rischia di sparire”. “Lo Stato non può imporci di prenderci in casa della gente che non conosciamo, che Onon sappiamo da dove venga”, spiega Giovanna, una signora sulla quarantina arrivata per dare manforte al presidio. “Se a lei le dicono di portarsi in casa 10 persone, lei che cosa fa?”

Intanto tra Goro e Gorino non si parla d’altro e la vox populi sembra condividere la battaglia dei cittadini. Solo una signora di un ristorante di Goro sembra preoccupata. Guarda i tg della sera e le immagini che passano incessanti sulle barricate. Ci sono anche le immagini della discussione tra un carabiniere che cercava di spiegare che ad arrivare sarebbero state solo donne e bambini, e alcuni dei manifestanti a gridare “Non mi frega un cazzo”. “Che immagine stiamo dando, non si può parlare così di queste persone che scappano dalla guerra e dalle tragedie”.

Articolo Precedente

Terremoto Firenze, due scosse nel giro di due minuti. Nessun danno né feriti

next
Articolo Successivo

Profughi, c’è un’Italia che li aspetta con mazzi di fiori: “Famiglia di Aleppo sarà in casa privata”

next