Il dibattito sul referendum costituzionale, lungi dall’essere un sereno scambio di opinioni su una materia che riguarda i cittadini tutti, votanti e non, ha scatenato gli istinti peggiori.

Al di là della drammatizzazione degli esiti di un Sì o di un No, della quale ha la sua cospicua parte di responsabilità Renzi, la cosa che veramente repelle è l’attitudine criminalizzante della fazione del No verso chi si è allineato con il Sì: “Volete la morte della democrazia, siete complici di delinquenti” e altre amenità del genere, accompagnate da solenni enunciazioni di propria saggezza e virtù, alcune decisamente strampalate tipo “voto No perché non voglio altre leggi come il Jobs act o la riforma Fornero” e tutte comunque espressione di una presunzione di purezza e di superiorità morale che suggerirebbero un delirio di onnipotenza.

Peggio ancora, poi, se chi annuncia il suo Sì ha avuto trascorsi nei quali le sue idee, le sue posizioni politiche su un argomento specifico o il suo impegno in qualche vertenza hanno coinciso con quelle dei fautori del No, perché allora la critica diventa ancora più libera; si entra nei dettagli, come ha fatto recentemente Andrea Scanzi nei confronti di Roberto Benigni. Le accuse generiche si estendono all’interesse personale, al vile denaro, perché se uno non la pensa come te esistono solo due alternative, o sei disonesto e corrotto, oppure stupido; siccome è un po’ difficile dare a Benigni dello stupido, Scanzi lo dipinge come un disonesto: “Cambi la storia e sostituisci i russi con gli americani, altrimenti l’Oscar non te lo danno mica”; “E magari, se vince il Sì, ti regalano pure un’altra serata su RaiUno e un’altra bella vagonata di soldi (anche nostri)”. Insomma: le tue idee non sono opinabili ma proprio biecamente derivate dal soldo, dal desiderio di successo e di ricchezza; insulti a ruota libera.

Non si dovrebbe neppure commentare su atteggiamenti del genere, se non fosse che, specialmente da quando i 5 stelle hanno sdoganato l’insulto come pratica politica principale, il fenomeno si è diffuso e allargato; la fallacia ad hominem ha contagiato moltissimi e ormai non si argomenta più sulle idee degli altri, ma li si squalifica come moralmente corrotti. Molto più facile e redditizio di consenso a buon mercato che non il dover addentrarsi in perché, analisi, spiegazioni. Una volta bollato l’avversario come eticamente riprovevole le sue idee finiranno automaticamente per essere squalificate senza bisogno di discussione ulteriore, complessa, faticosa e per la quale occorrerebbero anche doti intellettuali e informazione.

Eppure basterebbe un momento di riflessione, lo spogliarsi per un attimo da quella sensazione truffaldina di auto-referenzialità e di possesso della Verità per ritornare nel mondo reale, per ricordarsi che la politica è, deve essere, prima di tutto dialogo e che la convinzione di essere nel vero assoluto può portare alla dittatura, delle idee prima e fisica poi.

Così, si può pensare che il bicameralismo perfetto sia migliore della Camera singola o anche il contrario; si può sostenere che la Camera singola snellisca il processo legislativo e diminuisca il potere di veto e di influenza delle lobby oppure che la doppia lettura e approvazione delle leggi garantisca una maggiore riflessione sui meriti delle stesse, ma non si può pensare né tantomeno affermare che chi propende per la prima ipotesi sia un nemico giurato della democrazia; il farlo è presuntuoso, arrogante, logicamente falso e si propone di vincere una contesa politica in modo non politico.

Potrà far vincere una o anche più sessioni elettorali, ma a che prezzo sociale?

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