di Marco Cucchini

Ragioni squisitamente politiche portano a riemettere in discussione l’Italicum. Si ipotizza l’eliminazione del ballottaggio e l’introduzione del premio di coalizione. Due novità che però minerebbero l’intero impianto di quella legge elettorale. Non sarebbe forse meglio ricominciare tutto da capo?

Perché si rimette mano alla legge elettorale

Si è riaperto il cantiere delle regole elettorali che sembrava chiuso con l’entrata in vigore della legge 52/2015. Ma perché modificare un sistema da poco approvato dopo una battaglia tanto aspra e divisiva dentro e fuori la maggioranza? E in che direzione andare?
La risposta alla prima domanda è semplice. Se l’Italicum verrà modificato non sarà per ragioni tecniche, bensì politiche. I limiti del sistema erano emersi fin dal principio, indicati in decine di contributi scientifici o giornalistici e potremmo limitarci a notare che la politica avrebbe dovuto dare maggiore ascolto quando era in tempo. Se si ipotizza un cambiamento, non sarà tuttavia per accogliere i suggerimenti critici ma per fronteggiare due esigenze puramente politiche, una di breve periodo, l’altra di medio-lungo, dando vita a una complessa partita a scacchi.
La ragione di breve periodo è legata al referendum del prossimo 4 dicembre: in parte della classe politica e dell’opinione pubblica c’è il timore che il “combinato disposto” riforma-sistema elettorale possa generare un eccesso di potere in favore del vincitore, sacrificando sull’altare della stabilità troppo del sistema di garanzie e limitazione del potere. Ed è espressamente per rendere meno accidentato il percorso referendario che il presidente del Consiglio si è espresso in favore della modifica dell’Italicum, affermando che “la riforma costituzionale è più importante”.

La seconda ragione è lo spettro di una vittoria del M5S alle elezioni politiche grazie al ballottaggio che – in un sistema tripolare – potrebbe portare le opposizioni a unirsi contro il governo. Come affermato dal presidente emerito Giorgio Napolitano in una intervista del 19 luglio scorso: “Con il tripolarismo (…) credo sia da considerare di non puntare a tutti i costi sul ballottaggio, che rischia, nel contesto attuale, di lasciare la direzione del paese a una forza politica di troppo ristretta legittimazione nel voto del primo turno”.
Poiché il sistema era tripolare già nel 2013, è evidente come sia stato il risultato delle amministrative di giugno a intimorire i fautori dell’Italicum, molti dei quali sono ora favorevoli a una nuova legge per impedire la vittoria di una forza politica considerata un’incognita.

Una riforma impossibile

Ma l’Italicum è riformabile? La mia risposta è no, a meno che i suoi sostenitori non siano disposti a rinunciare ai due capisaldi della retorica edificata attorno a esso: a) “la sera del voto si saprà chi vince” e b) “il sistema produrrà stabilità garantendo governi di legislatura”.
La garanzia del primo punto è possibile solo con un sistema a premio di maggioranza prefissato, com’era il Porcellum e com’è l’Italicum, dato che, in un contesto multipolare, nessun’altra formula può determinare con certezza una maggioranza, al massimo può limitarsi a favorirla. D’altra parte, però, o il premio di maggioranza viene attribuito al primo turno senza prevedere quorum (andando palesemente contro la sentenza della Corte costituzionale che anche su questo aspetto sancì l’incostituzionalità del Porcellum), oppure si prevede un quorum (che potrebbe non essere raggiunto e dunque niente “vincitore la sera stessa”), ovvero si ricorrere al ballottaggio, dando così corpo ai timori paventati da Napolitano. Insomma, poiché la formula magica del “vincitore la sera stessa” è giocoforza legata al premio di maggioranza, non è possibile eliminare il ballottaggio senza renderla vana.

Il secondo pilastro retorico dell’Italicum è quello della stabilità: “Una legge elettorale con vincitore certo produrrà governi di legislatura”. Ora, senza dimenticare che la stabilità è una virtù politica e non un ritrovato della tecnica, è chiaro che viene favorita da un sistema di attribuzione del premio a una lista singola: un premio di coalizione produrrebbe il rischio che uno o due partitini del 3 per cento possano ottenere i pochi seggi necessari a mettere sotto ricatto il partitone alleato, con buona pace del “governo di legislatura”. In più, l’attribuzione del premio a una coalizione aumenterebbe ulteriormente la percentuale di deputati “nominati” con lista bloccata.

Insomma, le principali modifiche ipotizzate – eliminazione del ballottaggio e introduzione del premio di coalizione – metterebbero in crisi l’intero impianto politico dell’Italicum. Certo, sono possibili ritocchi importanti (come l’eliminazione dei capilista bloccati o la sostituzione delle circoscrizioni con collegi uninominali e riparto proporzionale), ma da soli non risponderebbero alle esigenze politiche che determinano la necessità di un cambiamento.

La via maestra è probabilmente una sola, quella che il presidente del Consiglio non può percorrere: ammettere di aver sbagliato e fare un sistema elettorale nuovo. Questa volta semplice, lineare e comprensibile, per non rimanere nuovamente imbrigliato nella sua stessa ragnatela.

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