Il lucchetto lo ha simbolicamente messo la preside perché quella scuola presenta una “seria condizione di pericolo per gli occupanti”. La diagnosi tecnica è però della Asl, intervenuta dopo mesi di proteste e segnalazioni ufficiali da parte del dirigente dell’istituto, che adesso denuncia l’immobilismo della Provincia. Così oltre 600 studenti dell’Ipsia Ferraris di Brindisi si sono ritrovati a seguire le lezioni all’aperto. Almeno per un giorno, ma la situazione potrebbe anche durare più a lungo se non verrà trovata una soluzione. Di certo, in quell’edificio risalente al 1934 e mai interessato da una ristrutturazione, nessuno potrà tornarci per il resto dell’anno scolastico. Anche perché i soldi per metterlo a nuovo non ci sono. E secondo la Asl è insicuro.

Per la Asl “criticità impiantistiche e strutturali” – La fotografia scattata dagli ispettori dello Spesal, il servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria locale, è impietoso. La scuola ha “criticità a livello impiantistico e strutturale” e gran parte dell’edificio presenta “distacco degli intonaci all’esterno” e formazioni “di muffe e batteri e modifica dei materiali da costruzione, all’interno degli ambienti occupati”. Ancora, scrivono i periti dell’Asl, gli infissi “sono irrimediabilmente danneggiati e obsoleti” e “i singoli vetri di cui sono costituiti rappresentano un pericolo per la sicurezza di tutti gli occupanti della struttura”. La stabilità di alcuni locali sarebbe minata dai “solai intermedi e di copertura dell’edificio” che sono “di vecchia concezione” e “risultano per la loro obsolescenza e degrado visivamente ammalorati”. Ma nella scuola brindisina sussistono anche seri problemi negli impianti elettrici, sprovvisti di protezione delle prese, e innumerevoli infiltrazioni. Edificio inagibile, hanno quindi sentenziato, e stop alle lezioni prima che un incidente metta in pericolo la sicurezza di alunni, docenti e personale amministrativo.

“Nove segnalazioni, mai una risposta” – “È una violazione del diritto allo studio”, tuona la preside Rita Ortenzio De Vito. E ricostruisce una vicenda che rappresenta solo l’ultimo caso in un Paese dove, secondo i dati di Cittadinanzattiva, si sono verificati 117 crolli negli ultimi 3 anni, uno dei più gravi nella vicina Ostuni. Solo nell’ultimo mese, da Roma a Milano, fino al controsoffitto che ha ceduto a Nichelino, due giorni fa, se ne sono contati cinque. “Ho fatto 9 segnalazioni, la prima a marzo. Un lungo carteggio al quale non ho ottenuto risposta, nonostante a fine luglio avessi richiesto documenti importanti come il collaudo e l’agibilità – racconta la preside, contattata da IlFattoQuotidiano.it – la Provincia, responsabile dell’edificio, ha sempre taciuto. Siamo ancora in attesa del verbale della ditta che ha effettuato indagini diagnostiche dei solai. Cosa devo pensare? Che abbiamo qualcosa da nascondere, evidentemente”.

Bruno (Pd): “Mancano i soldi, facciamo il possibile” – “Non è vero, gli uffici tecnici si sono mossi dopo ogni segnalazione – ribatte il presidente della Provincia, Maurizio Bruno – i problemi si sono aggravati quando, alcune settimane fa, la città è stata colpita da piogge battenti per diversi giorni”. Resta comunque un problema di risorse. Illuminante a proposito una risposta della stesso Bruno (Pd) alla preside, postata negli scorsi giorni su Facebook: “Lei conosce bene la legge Delrio, che stabilisce le funzioni di presidente della Provincia ad un sindaco con conseguente impegno limitato – commentava, lunedì 11 – comunque l’impegno dell’Ente sulla tematica dell’edilizia scolastica, anche alla presenza di tagli enormi, non è mai mancato”. Una versione che il presidente dem conferma a IlFattoQuotidiano.it: “Ho 4,1 milioni di euro da impegnare nelle funzioni fondamentali, dalle strade alle scuole. Significa che posso destinare 10mila euro per ogni edificio scolastico della provincia. Il problema dell’edilizia delle scuole è una questione importante e seria. Però non esageriamo, con il muro contro muro non si va da nessuna parte. Servono risorse ma non le abbiamo – ammette Bruno – e dobbiamo fare i salti mortali per andare avanti. Appena mi è stato segnalato il problema, siamo intervenuti con fondi straordinari”.

“Senza sicurezza la Buona Scuola ha fallito” – Ovvero 150mila euro per il rifacimento dei solai e 50mila per gli infissi, trovati quando la situazione era ormai compromessa. “Una cifra esigua e irrisoria”, secondo la dirigente, che non risolverebbe tutte le criticità. “La Buona Scuola parla di innalzamento della qualità dell’insegnamento, di miglioramento delle competenze dei docenti e di opportunità per gli studenti. Parliamo di utopia – spiega De Vito – se non si parte dal soddisfacimento di un bisogno elementare come quello di studiare e insegnare in una struttura sicura. Se non c’è questo, la Buona Scuola ha fallito nei propri intenti”.

E ora che anche l’Asl ha certificato le condizioni critiche del suo istituto, la dirigente attacca: “Non un euro per la manutenzione straordinaria è stato destinato alla nostra scuola. Il primo nucleo del Ferraris risale agli anni Trenta, la situazione è nota e chiara. Se non si sono trovati i fondi, qualcuno ha agito con imperizia e negligenza. Gli unici interventi hanno riguardato il caricamento degli estintori e la sostituzione delle manichette dell’antincendio”. Fino al verbale dei tecnici dello Spesal e alla conseguente decisione della preside che hanno portato il prefetto di Brindisi a convocare un tavolo tecnico. La soluzione proposta dalla Provincia? Frazionare le classi in edifici diversi: “Anche questo vorrebbe dire compromettere il diritto allo studio, perché l’inagibilità prevede la chiusura degli uffici amministrativi. E mi dite – si chiede De Vito – come è possibile gestire una scuola in questa maniera?”.

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