Esce Undici, tredicesimo album di studio di Nek. Lo produce colui che già si trovava dietro il banco la volta scorsa, quando Nek è tornato a vivere dopo un momento di morte apparente, con Prima di parlare, album particolarmente fortunato, lanciato al Festival della Canzone Italiana di Sanremo dal singolone Fatti avanti amore. Il nome del produttore è Luca Chiaravalli, uomo di lungo corso della discografia italiana, già a fianco di Renga, Anna Tatangelo e tanti altri artisti, e co-autore del brano che è valso la vittoria sempre al Festival degli Stadio. Un ottimo autore e un bravo produttore, il lavoro fatto con Eros Ramazzotti per Noi e con i Tiromancino per Nel respiro del mondo lo dimostra, ce ne fosse bisogno. Proprio lui, recentemente, mi faceva notare come, per uno strano caso del destino, fosse passato indenne sotto la mia penna tante e tante volte, sorte non così comune. “Qualcuno penserà che con me fai favoritismi,” mi ha detto, ridendo. Ecco. Credo che finalmente sia arrivato il momento di fugare questi cattivi pensieri.
Perché trovo che Unici di Nek sia uno dei dischi più brutti che io abbia ascoltato negli ultimi anni. Vorrei esagerare, e dire che trovo Unici uno dei dischi più brutti che io abbia ascoltato in assoluto, ma non vorrei far passare questa stroncatura, di questo si tratta, come qualcosa atto a dimostrare una mia presunta imparzialità. No. Il punto non è se io sia o meno imparziale. Il punto è che Unici è un album che, non l’avesse fatto Nek, probabilmente non sarebbe neanche arrivato nei negozi di dischi, sempre che ancora ne esistano. Invece è qui, in tutta la sua bruttezza. Nek tutti mi dicono persona piacevole, simpatico. Ha una bella voce, la conosciamo, vagamente stinghiana, gradevole, ma è anche un cantante che è sempre suonato vecchio, sin dal suo esordio, giovanissimo. Sentirlo cantare melodie banalotte su basi electropop proprio non si può. Quello che sentiamo dire nei talent a concorrenti giovanissimi, cioè che non sono credibili mentre interpretano canzoni che presuppongono un certo vissuto andrebbe applicato anche ai Big. Nek non è credibile su queste canzoncine con ambizioni dance. Esistessero pene corporali per le brutte canzoni (come Differente e Il giardino dell’Eden, per dirne due), meriterebbe qualcosa di estremo, tipo quelle che nel medioevo prevedevano che il prigioniero fosse legato a due ruote giganti che gli staccavano ossa e muscoli dal resto del corpo, con dolori lancinanti prolungati nel tempo.
P.S
Luca, hai visto, alla fine è toccato pure a te, ce l’abbiamo fatta…