La violazione della licenza d’uso del software è uno degli illeciti più comuni in Italia, ma non per questo è meno grave. Sorprende quindi che a commetterlo sia stata un’istituzione quale la Banca d’Italia nello svolgimento di un’attività lucrativa a favore di un privato: il consorzio Patti Chiari. E’ quanto emerge dalla Consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Tribunale d’Imperia nell’ambito di un procedimento civile per una richiesta di risarcimento danni promossa da un privato nei confronti del consorzio Patti Chiari e di IntesaSanpaolo. L’investitore lamenta di aver acquistato obbligazioni Lehman Brothers proprio perché figuravano nell’elenco dei titoli a basso rischio/rendimento redatto dal consorzio bancario, il quale – nonostante la promessa al pubblico di monitorare costantemente la rischiosità dei titoli – non ha invece provveduto ad aggiornare la lista cagionando ingenti perdite agli investitori che in buona fede si erano fidati dell’iniziativa. In particolare, le obbligazioni Lehman Brothers hanno continuato a figurare nell’elenco di Patti Chiari con un rating A+ anche dopo il fallimento della banca statunitense, mandando definitivamente in frantumi assieme ai risparmi di migliaia di italiani, anche la credibilità del consorzio.

Ma che c’entra la Banca d’Italia in tutto questo e come è arrivata a infrangere la licenza d’uso del software RiskMetrics utilizzato per desumere la rischiosità delle obbligazioni? Per capirlo occorre leggere con attenzione la consulenza tecnica d’ufficio depositata dal consulente incaricato, Omar Monzeglio, e il suo commento finale alle osservazioni dei consulenti di parte. Fin dalle prime righe si capisce che il consorzio Patti Chiari non aveva in realtà controllo alcuno sull’iniziativa con cui dava la “patente” di affidabilità a determinate obbligazioni. Fin da subito il consorzio aveva deciso di affidare in outsourcing calcoli e aggiornamenti creando un gruppo di lavoro ad hoc con l’Ufficio Italiano Cambi e la società Sia-Ssb spa. L’Ufficio Italiano Cambi (in seguito assorbito da Banca d’Italia che subentrerà nel gruppo di lavoro promosso dall’Abi) era licenziatario del software “RiskMetrics” la cui licenza d’uso annuale (75mila euro) – osserva Monzeglio – era pagata dal consorzio Patti Chiari in qualità di “third party payor”, cioè di soggetto terzo pagatore. “Tra le clausole espresse nel contratto di licenza RiskMetrics – si legge nella consulenza tecnica d’ufficio – vi era quella relativa al diniego perentorio e categorico al licenziatario (cioè l’Ufficio Italiano Cambi) alla trasmissione del software, di sue parti, di eventuali sue modifiche […] e/o di qualsiasi risultato e/o prodotto ottenuto, anche parziale, in favore di qualunque soggetto terzo estraneo al Licensee stesso”.

In sostanza, l’Ufficio Italiano Cambi non poteva trasmettere al consorzio o alla società Sia-Ssb spa i dati relativi ai VaR delle obbligazioni, cioè gli indicatori che misurano la perdita potenziale degli investimenti in un determinato orizzonte temporale e che servono quindi come misura del rischio. Facendolo, l’Ufficio Italiano Cambi ha violato la licenza d’uso del software. Un illecito che peraltro sarebbe stato commesso scientemente dato che, come rileva il consulente tecnico d’ufficio nella sua memoria conclusiva, “il rapporto tra l’Ufficio Italiano Cambi e il gruppo di lavoro Abi e Sia inficia il contratto di licenza tra l’Uic e Rmg (la società multinazionale proprietaria del software RiskMetrics, ndr) in quanto il primo è antecedente alla sottoscrizione del secondo, quindi nella piena consapevolezza (almeno del consorzio e dell’Uic) che quanto l’Uic e Patti Chiari veniva firmato con Rmg non poteva essere deontologicamente corretto, visto che era già stata precedentemente approvata la trasmissione dei dati a Sia in violazione del License Agreement con Rmg!”.  Come se non bastasse, “in ulteriore aggravio, Patti Chiari procedeva al pagamento del rinnovo annuale della licenza anche ex post la dissoluzione nel 2007 del Licensee (l’Ufficio italiano cambi, ndr), in favore di un soggetto terzo (la Banca d’Italia, ndr) arbitrariamente subentrato nella disponibilità del software RiskMetrics, senza darne alcuna notizia a Rmg che, inconsapevolmente, si vedeva rinnovata con regolarità una licenza in favore di un soggetto divenuto inesistente”.

Insomma, dalle prove documentali risulta evidente la violazione della licenza d’uso del software. Ma per quale ragione e a che titolo delle istituzioni pubbliche si sono messe al servizio di un privato compiendo tali gravi violazioni? Se lo chiede anche Monzeglio che nella consulenza tecnica d’ufficio scrive: “Tali attività […] rappresenterebbero il compimento di atti estranei all’oggetto sociale, al ruolo istituzionale e allo Statuto dell’Ente. […] Nel caso specifico che ci occupa, lo scrivente non ravvede nessun nesso tra l’attività prestata dall’Uic a carattere privatistico in favore di un consorzio per la derivazione di VaR teorici ottenuti applicando un tool di un software noleggiato in licenza a proprio nome per la gestione di titoli inseriti in un elenco organizzato e pubblicizzato da privati, con gli incarichi istituzionali dell’Uic”, che aveva il compito di “vigilare sulle operazioni di acquisto/vendita di valuta estera, oltre a funzioni di contrasto al riciclaggio, all’usura e a più generiche funzioni di raccolta di informazioni per l’elaborazione delle statistiche sulla bilancia dei pagamenti e alla posizione patrimoniale verso l’estero”. Di più, “allo scrivente Ctu sfugge l’eventuale nesso eziologico tra l’attività di derivazione di VaR teorici per matrici VaR di alcune obbligazioni internazionali con lo svolgimento dei succitati incarichi ministeriali ricevuti per decreto e, pertanto, l’accordo quadro con un gruppo di lavoro Abi e la società Sia-Ssb spa processor e il contratto di licenza RiskMetrics sarebbero inficiati anche sotto quest’ultima considerazione oggettiva”.

Ufficio italiano cambi e Banca d’Italia hanno poi messo a disposizione del consorzio privato risorse umane, economiche e strumentali che – come dimostrano le fatture – non si limitavano alla mera derivazione dei Var: nel 2007 l’Uic ha fatturato a Patti Chiari poco più di 147mila euro di cui 93.189 euro a titolo di costo delle risorse impiegate per quest’attività e 54mila per i canoni delle postazioni e i servizi Bloomberg, cui se ne aggiungono altri 37mila fatturati dalla Banca d’Italia per gli ultimi mesi del 2007. Nel 2008 – l’anno del crac Lehman Brothers – la fattura di Bankitalia a Patti Chiari ammonta a quasi 200mila euro, di cui circa 120mila a fronte di risorse impiegate e la parte restante suddivisa tra non meglio precisati “canoni postazioni” e “consumi di servizi in data licence”.  Abbiamo provato a contattare la Banca d’Italia per chiedere ragguagli sia sulla violazione della licenza d’uso del software sia sul tipo di attività prestata a servizio dei privati, ma l’istituto di Via Nazionale ha scelto di non rispondere alle nostre domande. Anche il consorzio Patti Chiari, la cui unica attività rimasta è sostanzialmente quella di difendersi e di resistere alle richieste dei danni avanzate dai risparmiatori ingannati, ha scelto di non rispondere, ma le sue gravi responsabilità emergono con chiarezza sia dalla consulenza tecnica d’ufficio, sia dai precedenti giuridici: a gennaio 2015 il Tribunale di Cuneo (sentenza n.44/2015) ha condannato il consorzio e la banca intermediaria al risarcimento del danno in un caso analogo a quello in discussione a Imperia.

Oltre alle gravi violazioni di cui si è parlato, infatti, dalla consulenza tecnica d’ufficio svolta da Monzeglio emerge anche tutta l’improvvisazione e l’inconsistenza di un’iniziativa – la pubblicizzazione e l’aggiornamento di un elenco di obbligazioni a “basso rischio” – del tutto velleitaria: “E’ emerso inconfutabilmente – scrive Monzeglio – che il consorzio Patti Chiari non aveva operato alcun calcolo, né aveva possibilità di controllo e/o di monitoraggio sulla lista, men che meno sul singolo titolo […]. Inoltre, le società outsourced (Uic e Bankitalia, ndr) non erano statutariamente previste per le attività loro assegnate in outsourcing dall’outsourcer (il consorzio Patti Chiari, ndr). Ulteriormente, la società (Uic e Bankitalia, ndr) suppostamente incaricata per il calcolo del VaR giornaliero e settimanale non operava alcun calcolo, ma derivava semplicemente dai tools del software RiskMetrics un VaR completamente inefficace […], addirittura neppure per singolo titolo dell’elenco, ma per titoli teorici in “specchio” del reale”. E su questo vale la pena soffermarsi un attimo: è come se “per determinare il valore di un furgone, avendo solo i riferimenti delle auto e dei carri armati, prendo in considerazioni questi ultimi per via del peso più prossimo a quello effettivo dei furgoni, rispetto alle più leggere automobili”, scrive il tecnico.

Se così stanno le cose, la posizione di Banca d’Italia diventa ancora più grave perché anziché occuparsi della tutela del pubblico risparmio – che dovrebbe essere il faro della sua azione anche perché è un obbligo costituzionale – ha collaborato dietro compenso a un’iniziativa privata (quella delle banche consorziate in Patti Chiari) fornendo dati inutili e soprattutto fuorvianti

 

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