La scorsa settimana il capo della Procura generale di Roma, Giovanni Salvi, ha trascorso parecchio tempo nell’ufficio del presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ‘caso Moro’, Giuseppe Fioroni. Scopo dell’incontro il coordinamento delle azioni investigative finalizzate a scoprire quel che non è ancora chiaro (tanto) della dinamica della strage di via Fani e dell’assassinio del presidente della Dc.

La collaborazione tra i due uffici è avviata da tempo ma ora la novità è l’arrivo alla Procura generale di Roma di una grande professionalità come quella assicurata da Francesco Piantoni che lascia la Procura di Brescia dove ha testardamente e incessantemente lavorato per ricostruire le responsabilità della strage di Piazza della Loggia. Piantoni trova a Roma il collega Otello Lupacchini, grande esperto di eversione di destra e criminalità organizzata, oltre allo stesso Salvi e alla dottoressa Laura Tintisona, della Polizia di Stato, ‘ufficiale di collegamento’ con la Commissione parlamentare. Quest’ultima continuerà ad avere uno sguardo anche alla ricostruzione storica del caso, terreno estraneo al lavoro dei magistrati della Procura che cercando di scavare, in particolare, da quel che si apprende, dentro i segreti delle strutture occulte come Gladio e del loro possibile coinvolgimento nel caso Moro.

Dove porterà tutto questo lavoro? Se non mancano osservatori critici che lamentano la scarsa concretezza delle acquisizioni fin qui ottenute dal lavoro dell’organismo parlamentare, occorre tuttavia ricordare che numerose dichiarazioni dei commissari e dello stesso presidente evidenziano la certezza di aver smantellato tutto il falso raccolto dei fatti proposto dal Memoriale di Valerio Morucci, avallato dal capo brigatista Mario Moretti e dal protagonista democristiano della ‘narrazione’ (taroccata) del caso Moro, Remigio Cavedon, all’epoca della stesura del Memoriale (1984) vice direttore de Il Popolo. Punto per punto, a cominciare dal numero dei partecipanti all’agguato di via Fani, quel racconto sarà oggetto della prossima relazione della Commissione attesa per fine anno (l’altra è stata fatta lo scorso dicembre).

Del resto, per chi voglia esercitarsi nelle critiche, suggeriamo di non scegliere il terreno dei costi: la legge istitutiva della Commissione (82/2014) stanzia 17.500 euro per l’anno 2014, 35.000 per il 2015 e 17.500 per il 2016 – metà a carico del bilancio interno del Senato, metà a carico di quello della Camera. Le spese sostenute dalla Commissione nel 2015 ammontano a circa 7.500 mentre nel 2016, fino ad oggi, a circa 12.300 euro. Non molto se si considera che la posta in gioco è la ricostruzione del delitto politico più importante del Novecento italiano. Il compito di una Commissione parlamentare è quello di contribuire alla comprensione dei fenomeni oggetto della propria ricerca: ad esempio, il precedente organismo guidato dal senatore Giovanni Pellegrino, noto come Commissione Stragi, non riuscì a votare un documento conclusivo ma scrisse pagine fondamentali per la nostra attuale conoscenza della strategia della tensione.

Vedremo, dunque, se l’attuale Commissione Moro saprà essere all’altezza del suo importante mandato. A proposito di novità, sarà molto interessante ascoltare le audizioni del capo della Procura di Reggio, Federico Cafiero de Raho, e del suo sostituto, Giovanni Lombardo, previste per la fine di ottobre: si parlerò di ‘ndrangheta e il caso Moro. Il 27 torna a parlare Alberto Franceschini, l’ex Br arrestato nel 1974 che ha dato un grande contribuito di analisi e comprensione del fenomeno brigatista, delle sue origini e dei suoi torbidi inquinamenti.

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