Il ministero dello Sviluppo economico ha presentato ricorso al Consiglio di Stato per evitare che l’erario debba restituire oltre 30 milioni di euro alle compagnie petrolifere. Lo ha annunciato il sottosegretario Antonio Gentile, in risposta a un’interrogazione dei senatori grillini Gianni Girotto e Gianluca Castaldi. A luglio il Tar della Lombardia aveva dato ragione alle aziende, stabilendo che possono chiedere indietro il 20% delle royalty (percentuali sugli utili) versate nel 2015 sulla produzione di gas del 2014. Questo mentre le casse di Stato, Regioni e Comuni già soffrono perché il crollo dei prezzi del greggio ha fatto ovviamente calare anche le royalty.

I giudici avevano accolto il ricorso di alcune compagnie, tra cui Eni, Edison e Shell, che contestavano le somme chieste dal ministero dello Sviluppo economico sostenendo che il conteggio di via Veneto è ancorato al vecchio indice Qe (il riferimento per il calcolo della quota materia), soppiantato a fine 2013 con gli aggiornamenti trimestrali dall’Autorità per l’energia. A valle della decisione, il ministero si è quindi messo al lavoro per capire a quanto possa ammontare quel 20%. Ne è emerso, come spiegato da Gentile, che lo Stato deve dare alle società circa 16,3 milioni di euro, le Regioni 12,7 e i Comuni 1,16. Parliamo quindi di oltre 30 milioni di euro, di cui, a quanto si apprende, 21,7 li dovrebbe intascare solamente il Cane a sei zampe. Altre somme dovranno poi essere restituite per il 2015, ma è ancora presto per le stime.

Non sono cifre altissime, ma è comunque una stangata per lo Stato e gli enti locali, considerato che negli ultimi due anni le royalty totali (gas e greggio) già erano crollate a causa del ribasso del prezzo del petrolio e del calo della produzione. Nel 2015 il gettito è diminuito di circa 50 milioni di euro, a 352 milioni dai quasi 402 del 2014. Rispetto al 2013 è sceso di 68 milioni. Lo Stato, in particolare, ha incassato quasi 16 milioni in meno (55 dai quasi 71 del 2014), le Regioni 19 (163 da 182) e i Comuni quasi 3 (26,4 da oltre 29). Sono entrati meno soldi anche al fondo per lo sviluppo economico e per la social card (76 milioni contro 85,6) e all’aliquota per l’ambiente e la sicurezza (-2,5 milioni, ossia 31,4 dai 33,9).

In questo quadro poi gli enti locali non sanno ancora se riusciranno a vedere l’Imu/Ici per le piattaforme petrolifere davanti alle loro coste. La Cassazione ha infatti sancito il principio secondo cui le compagnie devono versarlo ma il ministero dell’Economia ha subito dopo diffuso una circolare chiarendo che per estendere l’imposta occorre uno specifico intervento normativo. La questione è ferma al palo da qualche mese.

Il governo quindi cerca ora di salvare il salvabile e almeno questi 30 milioni vorrebbe tenerli ben chiusi nel cassetto. Così i tecnici del ministero dello Sviluppo hanno preso carta e penna per scrivere il ricorso contro la decisione del Tar. “Abbiamo già provveduto tempestivamente a presentare i ricorsi in appello al Consiglio di Stato, con istanza di sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate”, ha detto Gentile. Il contenzioso quindi è ancora nel vivo.

Enigate

di Claudio Gatti 15€ Acquista
Articolo Precedente

Banche, le responsabilità di Société Générale e dell’attuale ad di Unicredit nel caso del buco miliardario di Kerviel

next
Articolo Successivo

Monte dei Paschi, le prove di bail-in in corso a Siena e gli ultimi scampoli di fiducia nel sistema bancario

next