Quando ha consegnato la sua prima commessa ad uno sceicco, Antonio ha ricevuto in dono una pregiatissima bottiglia di whisky che ancora conserva gelosamente. Gli affari si stringono in tarda serata, qualche cliente preferisce arrivare intorno a mezzanotte, magari l’una, quando il caldo della giornata cala dai 50 ai “piacevoli” 38 gradi. Antonio Riccio ha 28 anni, è originario di Torre Del Greco, e ha aperto la prima sartoria napoletana in Iraq, a Erbil.

Tutto è iniziato 7 anni fa, quando alla fine degli studi all’Accademia di Napoli, Antonio ha deciso di mettersi in proprio, aprendo una bottega a Torre del Greco: si è poi trasferito a Milano, dove ha lanciato la nuova collezione, Sartoria Napoletana. È lì che ha conosciuto i suoi futuri soci: Farhang Arab Mamal, 28 anni, businessman curdo-iracheno e Murat Demirel, 27 anni, fashion designer di Van, Turchia. “Condividiamo la passione per gli abiti su misura”, racconta.

“Erbil è stata il volano per gli Emirati Arabi. E’ una città è in grande fermento, con una storia e una cultura antiche”

Dopo l’apertura di una bottega ad Istanbul, sulla sponda occidentale del Bosforo, Antonio e soci hanno deciso di puntare su Erbil, 1,3 milioni di abitanti, nel kurdistan iracheno. La città è “tranquilla, una piccola oasi felice dove comunque arrivano gli echi della guerra” raccontano i tre imprenditori. La crescita economica è fortissima: “Erbil è in pieno sviluppo ed è stata il volano per gli Emirati Arabi – spiega Antonio – Questa città è in grande fermento, con una storia e una cultura antiche, con la voglia di guardare al futuro attraverso l’innovazione. Ci sono strutture avveniristiche in stile Emirati”. Antonio passa qui 15 giorni al mese: “È un po’ la mia seconda casa – aggiunge – Frequento molti posti, e sono radicato nella cultura locale. Tolleranti? Certo, se sei educato con loro”.

La Sartoria Napoletana Luxury, all’interno dell’Hotel Rotana di Erbil, dista più di 3.500 km da casa. Quando Antonio è arrivato la prima volta si è commosso: “Nella mia vita mai avrei pensato di aprire un negozio qui. È stata dura arrivarci”. La giornata inizia abbastanza tardi. Dopo la colazione a base di chai (tè locale), Antonio arriva in negozio non prima delle 12: chiama i clienti, fissa gli appuntamenti e si concentra sui nuovi capi da consegnare. Differenze in termini di guadagno? Sì, e pure parecchie. “L’italiano medio ha tutto o quasi – spiega Antonio – Qui, invece, c’è l’esigenza di volere sempre il meglio. È un segmento di lusso nel quale siamo entrati, ed è fortemente in crescita”. L’insegna della bottega è in italiano, le etichette dei capi in dialetto: tra un lavoro e l’altro Antonio insegna frasi tipiche ai suoi soci, rigorosamente in napoletano. “I turchi sono molto testardi, gli iracheni, invece, un po’ pazzarielli”, sorride.

“L’italiano medio ha tutto o quasi. Qui, invece, c’è l’esigenza di volere sempre il meglio. Il segmento del lusso è fortemente in crescita”

A fare un paragone Italia-Iraq, la differenza più grande è il sistema economico. “Qui c’è un’economia semplice e liberale, senza cavilli e incartamenti vari – rilancia l’imprenditore napoletano – Bisogna solo rispettare le poche ma essenziali regole alla base del libero commercio. Il nostro, invece, è un Paese con un’economia lenta, cavillosa: un sistema così non potrà mai essere competitivo. Si parla di semplificazione da decenni, ma nulla è cambiato. E anche per questo l’Italia attrae poche investimenti dall’estero”. Antonio si fa portavoce degli imprenditori del posto. “Conosco tanti uomini d’affari in Medio Oriente che sono pronti ad investire in Italia, ma hanno paura e sono bloccati, conoscendo la lungaggine dei tempi e le falle della burocrazia”.

La Sartoria Napoletana, comunque, non si ferma a Erbil. Dopo l’Iraq tocca ad altri Paesi mediorientali. “Apriremo negli Emirati Arabi: Dubai e Abu Dhabi diventeranno il centro del mondo grazie ai grandi eventi dei prossimi anni”, racconta Antonio. E non solo: “Stiamo pensando di aprire in Russia, a Mosca”, aggiunge.

Per Antonio l’Italia non è un capitolo chiuso. Anzi. “Il sogno è quello di dare qualcosa alla mia terra – spiega – Voglio aprire una scuola di sartoria nella mia città, formare nuovi giovani talenti, strapparli alla disoccupazione, dare una possibilità a questo territorio divorato negli anni da gente senza scrupoli”. Per questo Antonio aprirà nei prossimi anni una scuola di sartoria a Napoli: “Premierò tutti i miei dipendenti. Solo così l’azienda avrà un futuro”. Per il momento, però, si guarda avanti. “Sì, a Erbil capita di avere paura – conclude – Ma solo chi ha il coraggio di fare le cose, alla fine, vince”.

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