Diciotto ottobre 2015, ore due del mattino. Davide Casaleggio chiacchiera sui divanetti di un hotel alle porte di Imola con un’attivista storica del Movimento 5 stelle di Milano. Il comizio del padre e di Beppe Grillo per Italia 5 stelle è finito qualche ora prima: “Cosa ne penso? Non sono io a dover parlare, ci sono altre persone che hanno il compito di farlo per il Movimento”. Un anno dopo è cambiato tutto, e forse non è cambiato niente. Davide si prepara al raduno M5s di Palermo da protagonista: non sarà più una presenza nei corridoi dietro le quinte, ma il viso che tutti cercheranno nella folla insieme a quello del comico. Salirà sul palco a fianco del leader e per lui sarà la prima volta. Il Movimento che si incammina verso la Sicilia per la convention annuale è un gruppo di sopravvissuti con le occhiaie nere: sul palco davanti agli elettori e agli attivisti si presenta con due vittorie importanti (a Torino e a Roma), un lutto (la morte di Gianroberto Casaleggio) e una ferita aperta nella Capitale. “Nessuno ha mai pensato che sarebbe stato facile, resistiamo, andiamo avanti”. E’ questo il messaggio che si ripetono, guardandosi negli occhi, ma anche alle spalle preoccupati per quello che sarà. Perché con la conquista delle poltrone che contano nelle città è iniziata anche la paura che tutto potesse franare sotto il peso degli scontri interni. Palermo arriva così nel bel mezzo di una crisi e sarà come un termometro per vedere come sta il Movimento.

Da Genova a Imola, passando per Roma: quando il M5s torna in piazza – Dal primo V Day del 2007 a oggi il M5s è cresciuto insieme agli ostacoli che gli si sono presentati davanti. Dalla traversata a nuoto dello stretto di Messina di Beppe Grillo per le regionali del 2012 a Virginia Raggi che pranza mentre il presidente del Coni la aspetta in Campidoglio. La storia dei grillini è una parabola di improvvisazioni, passi falsi e impennate ogni volta che hanno indovinato il vento. La piazza è dove tutto è cominciato per i 5 stelle e anche dove si torna a fare i conti quando scende la sera. Il primo raduno dopo l’elezione in Parlamento è stato quello di Genova: lo slogan era “Oltre” e l’obiettivo era quello di dare il lancio verso le elezioni Europee cercando di far dimenticare il debutto tra liti sugli scontrini e dirette streaming dei lavori parlamentari venute male. Poi fu la volta del Circo Massimo a Roma: sembrava l’incoronazione definitiva di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, ma la storia ci ha insegnato che il percorso non sarebbe stato così scontato. Infine Imola, quando Beppe Grillo provò davvero a fare il suo passo di lato: a Gianroberto i discorsi politici, a lui le provocazioni, il canto e le esibizioni sul palco. Annunciò addirittura che il suo nome non sarebbe più stato dentro il simbolo. Ma quello era il piano di un anno fa, fatto a tavolino senza calcolare gli imprevisti.

Ora che il governo è realtà: il ritorno di Grillo e le due sindache – Dodici mesi dopo a Palermo i 5 stelle si presentano agli attivisti con un Movimento che sembra una polveriera mentre tutti fumano come ciminiere. Il tema è il governo, ma se un anno fa il punto era quello di riuscire a dimostrare che si sarebbero fatti trovare pronti, ora invece si tratta di fare i conti con il presente. Torino e Roma sono i banchi di prova: se escono vincitori da quelle esperienze amministrative o limitando i danni, potranno ambire ad avere un ruolo alle prossime politiche. Per questo le sindache Chiara Appendino e Virginia Raggi sono le ospiti più attese: una considerata da imitare per la buona partenza sotto la Mole, l’altra da proteggere in pieno spirito degli inizi quando si pensava di avere tutti contro. Il regista e il vero responsabile è naturalmente Grillo: il comico è rimasto l’unico garante del Movimento 5 stelle e lui è tornato di prepotenza in campo quando ha visto le difficoltà in Campidoglio. Lui è sceso a incontrare la sindaca, lui ha dettato i tempi e chiesto il pugno duro per il No alle Olimpiadi e l’allontanamento dei personaggi che rischiano di rovinare il M5s (vedi i dirigenti Romeo e Marra, che i griilini chiamano “il gatto e la volpe”, vedi l’assessora all’Ambiente Muraro). “Non abbiamo fatto tutta questa fatica per vedere bruciato così il Movimento da quattro incompetenti”, hanno detto alcuni dei più vicini a Grillo nei giorni della crisi in Campidoglio. Era vero, è vero. Almeno per Grillo che ha messo in soffitta i suoi piani artistici e ha chiamato Davide. Il Movimento del dopo la morte di Casaleggio è ripartito così. Il comico che chiama il figlio del suo amico e compagno di tante battaglie, i due che mettono da parte gli attriti sullo statuto M5s (annunciato da mesi e non ancora reso pubblico) e stringono i ranghi. Da qualche settimana lavorano insieme e i risultati sono tornati a vedersi in termini di efficienza e capacità comunicativa.

Il direttorio, le lotte di potere e la tentazione di azzerare tutto- Sullo sfondo ci sono le lotte di potere e l’incognita della vita del direttorio. Luigi Di Maio è stato a suo modo protagonista del Circo Massimo nel 2014 quando venne acclamato sul palco come il più probabile candidato presidente del Consiglio. La sua carriera è iniziata lì, girando tra gli stand e sotto il palco con il codazzo di giornalisti a ripetere come un ritornello che il “Movimento non ha leader”. Intorno gli è nato il direttorio, con i magnifici quattro (Sibilia, Di Battista, Fico e Ruocco) a fare da alleati, contraltare e spesso sponda. A Imola subì le battute poco ironiche dello stesso Grillo, ma ancora una volta fu acclamato come la guida naturale in caso di elezioni politiche. Oggi la storia è diversa. La gestione del caso di Roma, l’essere stato costretto alle scuse davanti alla piazza di Nettuno per aver nascosto la notizia dell’indagine a carico dell’assessora Muraro, le sconfessioni del gruppo: la piazza gli dà pacche sulle spalle per dirgli di non mollare, ma è più probabile che a mollarlo siano gli altri. Dietro di lui c’è Grillo che ha una sola religione, quella della rivoluzione e dello scoperchiare il tavolo al momento giusto. E questo potrebbe esserlo davvero: tra la linea ortodossa che chiede di tornare alle origini e quelli che invece credono nelle mediazioni, il comico è sempre più tentato dall’azzeramento del direttorio per smascherare definitivamente le guerre di potere. “Se ci fosse ancora Gianroberto Casaleggio, avrebbe già tagliato i rami secchi”, ripetono i grillini quasi fosse un augurio. La politica dei tagli netti, delle azioni mediatiche, del senza pietà per piangere ora e non avere rimpianti dopo: quello ha insegnato Casaleggio e in tanti sperano di vedere la sua filosofia finalmente applicata.

La democrazia diretta e la promessa di Davide Casaleggio a cui ora tutti chiedono di più – La base che aspetta i grillini al Foro Italico ha un conto in sospeso con i 5 stelle e si chiama democrazia diretta. Davide si presenterà per parlare della partecipazione dal basso e della piattaforma Rousseau, ovvero quella che è la più grande eredità del padre. Il rilancio del sistema operativo, che di fatto era già in uso ed è stato solo implementato, è avvenuto proprio il giorno della morte di Gianroberto per dare un segnale. Il cofondatore M5s voleva che si facesse leva sul coinvolgimento degli iscritti perché i parlamentari sono solo “uno strumento nelle mani degli elettori”. Il piano è andato avanti tra numerosi rallentamenti e scossoni. Un anno fa Casaleggio da Imola promise che la squadra di governo sarebbe stata scelta in rete dagli utenti M5s, così come il candidato presidente del Consiglio. Ora tocca a Davide salire sul palco e garantire che quella partecipazione ci sarà e che la base avrà voce in capitolo. Questo almeno tutti si aspettano di sentire dalla voce del figlio. Meetup e attivisti portano pazienza da mesi: credono nella buona fede dei leader e aspettano che venga il loro turno. Di votare, di esprimersi, di presentare le leggi: qualcosa è stato fatto, ma per i più ortodossi non è abbastanza. Fino adesso c’è sempre stato bisogno di fare gruppo per superare le difficoltà e resistere agli attacchi di quelli che loro chiamano “i poteri forti”, ma non staranno in silenzio per sempre. A Palermo che arrivino in camper da Milano o in macchina da Catania si presenteranno con il solito entusiasmo, ma anche con tante domande. Tocca a Davide Casaleggio, Grillo e quel che resta del direttorio cercare di ascoltarli da uno dei palchi più difficili della storia del Movimento.

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