Vuoi vedere i voti di tuo figlio online? Devi pagare. È quanto ha deciso Fabio Navanteri, dirigente dell’istituto Ettore Majorana di Avola. Con una comunicazione ufficiale pubblicata sul sito della scuola si è chiesta la gabella a mamme e papà: “Si comunica ai genitori che per poter accedere al servizio del registro elettronico per l’anno scolastico in corso 2016/2017 , è necessario effettuare il versamento del contributo volontario previsto per l’indirizzo di frequenza del proprio figlio. Si ricorda inoltre, che dopo il versamento, è necessario recarsi nel nostro istituto per ricevere le nuove credenziali d’accesso”. In allegato tanto di bollettino per il pagamento.

A Navanteri poco importa che il registro online è un obbligo sancito dalla Legge 135/2012  che emana “Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica”. Il capo d’istituto del “Majorana” non ce la fa, ha i conti in rosso, non ha aiuti economici e l’unica “arma” che ha a disposizione per risolvere i problemi della sua scuola è rendere obbligatorio il contributo volontario per il registro elettronico: “Sono dirigente in questa scuola per il secondo anno. Quando sono arrivato – spiega il capo d’istituto contattato dal fattoquotidiano.it – ho trovato un disastro dal punto di vista economico: ho 1.500 alunni e 180 docenti. Ci sono quattro plessi, la Provincia di Siracusa non dà il contributo per la manutenzione da quasi cinque anni. Noi paghiamo bollette della luce, del gas, sto aggiustando 300 finestre. Ho un alberghiero che costa parecchio: sono arrivato a fargli fare un solo piatto per esercitarsi. Lo scorso anno ho riunito i genitori e ho spiegato loro che non riuscivo a mandare avanti la scuola”.

Una situazione drammatica aggravata dal fatto che la scorsa estate alcuni alunni minorenni dell’istituto hanno compiuto dei furti. Navanteri non sa dove sbattere la testa: “I servizi essenziali li devo fornire ma il registro elettronico lo pago seimila euro l’anno per dare un servizio extra ai genitori. È un costo che non riesco a sostenere così come le fotocopie. Non sto togliendo un servizio essenziale. Ho detto ai genitori che non sono in grado di comprare i prodotti per la pulizia e c’è il rischio che i loro figli prendano malattie infettive. Se non vogliono tirar fuori quel minimo di contributo, 40 euro ovvero due pizze, io non so che fare”.

Il preside è deciso ad andare avanti: “Ho detto a chi gestisce il registro di togliere le password ai genitori: le riattiviamo man mano che portano la ricevuta. A mia insaputa è stato messo quel messaggio sul sito ma non verrà tolto: al limite disdico il registro elettronico, non faccio più fotocopie, non faccio più i servizi extra per gli alunni”. Una questione, quella del registro elettronico che conoscono molti presidi che hanno tardato ad applicare la Legge: secondo gli ultimi dati a disposizione del ministero per l’Istruzione ad oggi il registro elettronico di classe risulta utilizzato solo nel 69,2% degli istituti statali mentre il registro del docente nel 73,6%. Peggio ancora nelle scuole paritarie dove è utilizzato solo nel 25,4% dei casi. Il servizio di comunicazione scuola – famiglia online è attivato nel 58,3% degli istituti statali e nel 49,/% di quelli paritari. Un cambiamento difficile che spesso ha dovuto fare i conti con i bilanci delle scuole dove nonostante una circolare del ministero sul contributo volontario qualcuno ne fa un uso ancora “improprio”: “Le risorse raccolte con contributi volontari – cita la nota del 2012 – delle famiglie devono essere indirizzate esclusivamente ad interventi di ampliamento dell’offerta formativa e culturale e non ad attività di funzionamento ordinario e amministrativo che hanno una ricaduta soltanto indiretta sull’azione educativa rivolta agli studenti”.

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