Hai mai letto la Costituzione Italiana? Dico davvero, letta tutta, anche dove le parole si fanno complicate, dove i concetti sono da interpretare, dove il senso prende strade ambigue.
Regalarla ai diciottenni sembra il futuro. Pare un monumento a quanto siamo bravi.

Tu l’hai letta? Io mai, davvero. Mai letta. Sfogliata sì, qualche volta, però ne ho sentito parlare spesso. Poi m’è toccato farlo, leggerla, lentamente, proprio di questi tempi, dove a forza di parlarne t’è passata la voglia di toglierti la curiosità, una volta per tutte: leggerla davvero.

L’ho fatto, ma l’ho fatto per lavoro, mica perché sono italiano, che poi è un po’ come credere in qualcosa senza andare in chiesa. E con lentezza, senza fare finta, ecco che nella Costituzione, per fare un esempio (ma ce ne sono altri) c’è l’art. 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Ed è bello, è giusto, tanto che quel “lavoratore” credi metta tutti d’accordo. Poi, però, c’è quell’art. 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.

Perché certe emergenze di cambiare non coincidono con le urgenze di migliorare?

Due articoli così vicini e tanto distanti, nero su bianco, uomo e donna e la donna in funzione di… accessorio a... Ma si può sempre cambiare e magari in meglio e magari togliendo prima quelle differenze che abituano l’uomo a credersi meglio e padrone della donna.

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