Ci risiamo. Le paratoie del Mose fanno di nuovo cilecca. A fine maggio un collaudo alla bocca di porto di Lido Nord-Treporti aveva registrato un malfunzionamento nel rientro di due paratoie dopo l’innalzamento. Ora la stessa situazione di impasse si è ripetuta, sempre a Punta Sabbioni, a causa dei detriti che hanno intasato le camere dei cassoni sui fondali. Le pesantissime paratoie sono uscite dal fondo fino a realizzare la diga mobile che dovrebbe fare da barriera alle acque alte. Ma quando è stato il momento di rientrare in sede si sono verificati problemi analoghi a quelli del precedente collaudo, che hanno interessato quattro paratoie. Il che dimostra come per quest’opera imponente la manutenzione sarà ancora più costosa, visto che si dovranno tenere puliti i fondali da accumuli inconsueti e inattesi in fase di progettazione.

“Se lei deve scegliere un’auto, immagino che si ponga il problema del costo di gestione e della spesa per la sua manutenzione nel tempo. Ebbene, per il Mose non è così. Nessuno sa quanto verrà a costare, ogni anno, mantenerlo in attività e consentirgli di funzionare”. La professoressa Andreina Zitelli, veneziana, docente di Igiene Generale e applicata, già componente della commissione nazionale di Valutazione d’Impatto Ambientale, non è stupita dalle dichiarazioni rilasciate a ilfattoquotidiano.it da Luigi Magistro, uno dei tre commissari nominati dal governo dopo lo scandalo.

Nonostante il progetto definitivo sia vecchio ormai di una quindicina di anni e quello di massima di più di quattro lustri, nessuno è in grado di dire quanto costerà la gestione e la manutenzione di un’opera idraulica da più di cinque miliardi e mezzo di euro. Paradossale, ma vero. Bisognerà attendere la messa a punto e la sperimentazione di tre anni che verranno condotte dal Consorzio Venezia Nuova a partire dal 2018, quando tutte le paratoie saranno calate in acqua. Solo allora sarà individuabile una scala di grandezza, che terrà conto della reazione dei materiali e delle strutture a una prolungata permanenza in acqua. “Le incognite sono molte, dall’accumulo dei detriti e dei ‘peoci‘ (le cozze, ndr), alla necessità di pulire ciclicamente le paratoie, dall’usura delle cerniere che assicurano il movimento al funzionamento del jack-up, il natante che si occuperà del prelievo e della sostituzione delle paratoie” continua Zitelli. Che conclude: “Il Mose è una macchina di cui non si sa quasi niente. Per questo, dopo gli scandali, sarebbe stato più prudente, da parte del governo, procedere con una verifica tecnica dei costi”.

Uno dei due grandi interrogativi sul futuro dell’opera che deve salvare Venezia dalle acque alte è destinato a rimanere un “buco nero” per la finanza pubblica, anche se alcuni punti fermi per capire quale sarà il costo effettivo ci sono. Ma bisogna tornare indietro di sette anni, al 20 febbraio 2009 quando la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato della Corte dei conti licenziò una relazione allarmante. Dovevano ancora arrivare gli scandali e gli arresti che nel 2014 hanno travolto la “cricca” di Venezia, a partire dal presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati. La Corte scriveva: “I costi di gestione e di manutenzione dell’opera potrebbero risultare superiori a quelli stimati, creando problemi per la loro sostenibilità. Va affrontato, sin da ora, il problema del reperimento delle risorse per il corretto funzionamento dell’opera, previa la loro rigorosa determinazione, considerati anche il rilevante impatto finanziario annuale che esse sono destinate a produrre e le valutazioni per la loro effettiva sostenibilità”.

Quel “fin da subito” e quel “rigoroso” sono rimasti lettera morta, visto che si è marciato verso il completamento del Mose, ma il problema dei costi futuri non è stato affrontato. Eppure la traccia della Corte dei conti era illuminante. “Rilevanti risultano essere i costi di gestione e di manutenzione stimati nel Progetto definitivo, peraltro destinati a lievitare, secondo quanto emerso anche nell’adunanza del 23 ottobre 2008”. Il progetto del 2002 prevedeva un costo di gestione di circa 3 milioni di euro annui, comprensivo del costo del personale operativo (15 tecnici e 5 persone a presidio delle stazioni presso le tre bocche di porto) e dei consumi elettrici. “Il costo di manutenzione – anche per la sua difficoltà, a causa delle opere sommerse (migliaia di metri quadrati di superficie con anfratti), per l’aggressività dell’acqua marina e per deterioramento delle strutture per crescita delle incrostazioni biologiche – è stato stimato in 9 milioni di euro all’anno”. Così scriveva la magistratura contabile. In totale 12 milioni all’anno. Ma se l’innalzamento del livello del mare dovesse causare un incremento del numero delle volte in cui sarà necessario alzare le paratoie, allora gli “oneri di manutenzione sarebbero fortemente crescenti.”

Dodici milioni, questo il costo minimo. Una cifra ben presto ridicolizzata, come ha scritto la Corte dei conti. Basti pensare che il progetto di massima del 1994 stimava un costo di gestione di 2,7 milioni di euro. “Tale sostanziale invarianza dei costi di gestione rispetto al Progetto definitivo, considerato l’aumento rilevantissimo dell’onere per i lavori e per la manutenzione, suscita perplessità. Peraltro, già i valori del Progetto di massima furono contestati nel voto n. 48 del 18/10/1994 dal Consiglio superiore dei lavori pubblici”. Sempre nel 1994 l’onere di manutenzione era stimato in “12,8 miliardi di lire, cioè lo 0,4% del valore delle opere”. Importi “assolutamente sottostimati”.

Per arrivare a una cifra plausibile bisognerebbe moltiplicare i costi di almeno cinque volte. La Corte dei conti, nel 2009, aveva preso come parametro lo studio del comune di Venezia che già allora spostava la cifra verso i 50 milioni di euro all’anno. Ecco il ragionamento dei tecnici della giunta veneziana. “I costi della manutenzione che normalmente si calcolano per le opere civili ammontano a circa l’1% del valore dell’opera; percentuale destinata a salire almeno del 50% per le opere subacquee. Ai costi di manutenzione vanno aggiunti quelli di gestione che appaiono anch’essi sottostimati dal progettista. Se ci si rapporta al costo totale dell’opera, pari a 4,271 milioni di euro, i costi annui di manutenzione andrebbero calcolati in almeno 43 milioni di euro circa”.

Poiché nel frattempo il Mose ha superato il costo complessivo di 5 miliardi e mezzo di euro, a prendere per buone quelle cifre, si deve pensare che gestione e manutenzione debbano costare come minimo 55 milioni di euro (se restiamo all’1%), ma trattandosi di opere subacquee si può arrivare anche a 80 milioni di euro (ipotesi 1.5%). Per gli amanti dei numeri, basta moltiplicare per cento volte la somma per avere il costo totale nel secolo di vita pianificato per il Mose.

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