Il Gruppo Percassi, nota società di costruzioni e immobiliare di Bergamo, con orgoglio ha annunciato la prossima apertura di un nuovo borgo dello shopping e del ‘bel vivere’ a Settimo Torinese, comune a pochi km dal capoluogo piemontese.

Il nuovo villaggio ha come simbolo una torre svettante, un sorte di Tour Eiffel visibile a diversi km di distanza che, come una stella cometa, dovrebbe guidare i confusi consumatori alla meta.

Anzi, nel sito si vede il paragone con la Mole Antonelliana cui gareggerà per altezza. A Torino a queste gare siamo abituati, per via della lunga polemica con i due grattacieli che hanno definitivamente cambiato lo skyline della città: quello di Intesa-SanPaolo di Piano e della Regione di Fuksas, non ancora terminato e in grave ritardo.

Ho segnalato l’annuncio del nuovo “villaggio del lusso”, perché è così che adesso li chiamano, in quanto emblema dell’ennesima contraddizione del nostro Paese, dove continuano a costruirsi borghi artificiali e si lasciano deperire i borghi naturali.

A fine agosto scrissi e ribadii anche in una diretta su SkyTg24, che in Italia ci sono oltre 6.000 borghi abbandonati e fatiscenti, molti di questi in zone a rischio sismico. Progressivamente abbandonati anche per via di un sistema fiscale che non agevola a sufficienza chi vorrebbe, non per fini speculativi, restaurarli; per via di una scuola che non ha educato gli italiani a una cultura della bellezza e della cura e amore del territorio.

Coloro che volessero investire, anziché in terrificanti villette o appartamenti, in squallidi condomini, non avrebbero che l’imbarazzo della scelta.

Solo per citarne qualcuno: da Borgo di Gilli in Piemonte, a Craco in Basilicata a Consonno in Lombardia, a Balestrino in Liguria, a Faleria, Fianello e Monterano nel Lazio.

Viceversa proliferano, sparsi in tutt’Italia, 25 (di cui 3 solo nel Lazio) “Borghi dello shopping”, che pretendono di riprodurre l’idea di un piccolo insediamento storico, un’accozzaglia di stili architettonici improbabili. Visto il grande successo di pubblico, le multinazionali del settore ce ne propineranno a breve altri 20.

Inquietante è la riproduzione a Marcianise della Reggia di Caserta, nell’outlet village che, non a caso, si chiama Reggia, per opera del Gruppo McArthurGlen, affollatissima di estasiati frequentatori, certamente più pratici dei vicoli artefatti del Borgo, delle firme degli stilisti che dell’autentica Residenza dei Borboni a firma Vanvitelli.

Preciso che non ho un pregiudizio ideologico contro gli imprenditori, i costruttori, né contro lo shopping, tanto meno contro la moda, anzi (oltre che architetto sono anche donna), ma quello che fa male ed intristisce è che a nessuno sia venuto in mente di indirizzare, anzi dirottare, investimenti verso il già costruito.

Perché non chiedere ad esempio a questi gruppi, con risorse consistenti, di adottare oltre i borghi abbandonati, adesso anche una parte dei borghi distrutti e farne un loro iniziativa benefica ed imprenditoriale?

Pochi gli esempi di successo come il Borgo Azienda a Solomeo di Brunello Cucinelli o l’albergo diffuso, anche con botteghe, del visionario imprenditore Daniel Kihlgren, che ha recuperato borghi in Abruzzo e Basilicata.

Sostengo da sempre che si può, anzi si dovrebbe, coniugare imprenditorialità, tutela e conservazione dei Beni Culturali, e occupazione, nel comune intento etico di preservare il territorio nella sua originale ed ancestrale bellezza.

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