“Ötzi Glacier Tour, Val Senales. Dalla stazione a monte della funivia (3.205 m) attraverso il ghiacciaio del Gioco Alto (2.800 m) fino alla Croda Nera e poi al Passo di Tisa (3.280 m). Quindi al Giogo di Tisa (3.210 m), luogo del ritrovamento di Ötzi. Ristoro presso il rifugio Similaun nel primo pomeriggio. Discesa attraverso la Val di Tisa in direzione Vernago (1.700 m). Requisiti: buona condizione fisica, esperienza di montagna non necessaria, bambini di età minima 12 anni accompagnati dai genitori”.

Be’, dovrei farcela. La montagna mi piace e ogni tanto ci vado. Faccio un po’ di attività fisica durante l’anno, senza strafare ma con una certa costanza, quindi non dovrebbero esserci problemi. Anche se, scrivono, sono previste “7-8 ore di cammino”. Dai, si può fare. E sicuramente si saranno tenuti un po’ larghi, calcolando il tempo senza sapere con chi avranno a che fare, gente sconosciuta che si reputa in buona condizione fisica (e vai a sapere qual è il parametro). E poi saranno comprese le soste per godersi il paesaggio, che deve essere spettacolare e quindi bisogna ammirarlo con la dovuta calma, e fotografarlo. Senza contare il pranzo prima della discesa: già lo si pregusta e ci si vede lì, stanchi ma felici, ai 3.017 metri del rifugio al cospetto del monte Similaun, con la sua cima aguzza che sfonda i 3.600 metri, che di qua è Italia e di là è Austria. Sarà un piccolo, epico momento, quello in cui ‒ con i piedi sotto il tavolo ‒ ci si racconta com’è stato difficile quel passaggio (che lo è sempre meno di quanto lo si racconti), quel brivido mentre si attraversava il ghiacciaio, la soddisfazione all’arrivo nel luogo esatto del ritrovamento della mummia superstar. Mica ci sono andati tutti…
Certo, poi ci sono 1.300 metri di dislivello in discesa. In picchiata, sembrerebbe. E prima di consumarlo, quel meritato (e lungo?) pasto, si deve camminare qualche ora intorno ai tremila metri di quota, più verso i 3.200 che i 2.900, ma insomma, forse non è un’altitudine che si possa soffrire più di tanto, se si è in buone condizioni fisiche… D’altra parte, non se ne fa cenno. A pensarci bene, sui calcoli del tempo avranno tenuto conto anche di questo: non si può far correre, a tremila metri, gente senza esperienza… Il passo sarà lento, ecco perché ci vogliono 7-8 ore. In effetti non c’è scritto da nessuna parte di quanti chilometri è l’escursione. Cosa che in fondo conta poco: un chilometro è sempre un chilometro, ma se è verticale! Certo, scrivono che c’è quella “possibilità di sperimentare l’emozione che regala una cordata fra le rocce”… Che vorrà mai dire? Cioè, siamo proprio sicuri che non sia necessaria una “certa” esperienza di montagna, di alpinismo per dire, seppur piccola piccola? Meglio cercare qualche altra informazione, per non fare il passo più lungo della gamba. Ma no, è sicuramente una cosa che non richiede particolari abilità, impensabile che corrano rischi. Ci portano pure i ragazzini! E se uno ha sbagliato a valutarsi sapranno cosa fare. Ah ecco, la definiscono “escursione di alta difficoltà” per cui, fra l’altro, è necessaria l’“assenza di vertigini”. Ok, non soffro di vertigini, ma comincio a vedermi appesa come le capre su una parete, imbragata e legata a un manipolo di inesperti come me. O magari, a parte me, sono tutti espertissimi e tirano come pazzi. E se scivolo? E se scivola quello sopra di me? O quello sotto? Mica l’ho mai fatta, quell’esperienza.
Ma è l’occasione perfetta… Ok, ci vado.

Allora: se si è guidati dalle persone giuste, si è vestiti come si deve, in buona forma e abituati a camminare, davvero non ci sono problemi. Anche se in una giornata d’estate ci si ritrova catapultati all’improvviso in pieno inverno, a qualche grado sotto zero, sospesi nel bianco della nebbia e della neve caduta in abbondanza nella notte. Un momento il sole abbaglia vette e vallate, quello dopo cala il sudario e il vento sputa in faccia la neve, per dirla con De André. A noi è successo così: a Maso Corto, milleduecento metri e sei minuti di funivia più in basso, era luglio, ma lassù… E quindi non servivano più i ramponi per attraversare il ghiacciaio, in qualche punto si sprofondava fino al ginocchio e si annaspava su pendii che si sfarinavano. Ma hanno ragione le guide alpine, e come potrebbe essere altrimenti? Robert Ciatti e Georg Hofer, che se sommi la loro esperienza su quelle montagne arrivi a oltre 30 anni, hanno accompagnato talmente tante persone, nelle condizioni umane e atmosferiche più disparate, che se dicono che è sufficiente una buona condizione fisica bisogna crederci. Perché due cordate su pareti rocciose si fanno sul serio, ma è una prima esperienza perfetta. Alla fine, come ripete Robert, non c’è niente di complicato. Anche se non è proprio facile e veloce come per lui o per Tamara Lunger, accompagnatrice speciale in quel giorno di luglio e anche, e solo, nel tour del 30 agosto. Faticava a trattenere il passo, Tamara, nel senso che era troppo lento per lei. Rideva e correva, sulla neve e sulle rocce, in salita e in discesa. «Bisogna tenere la testa alta, intorno è tutto così meraviglioso», diceva, e tu magari eri lì che ti guardavi i piedi, a scandagliare ogni possibile appoggio. Ma non vale: nei suoi trent’anni di vita ha fatto cose che noi umani… A luglio 2014 ha conquistato il K2 senza ossigeno, seconda italiana di sempre a compiere l’impresa (prima di lei, nel 2006, solo Nimes Meroi). Un mese dopo ‒ così, giusto per non farsi mancare niente ‒ ha partecipato in coppia con Annemarie Gross, un’altra superdonna, alla Transalpine Run, un ultra-trail di attraversamento delle Alpi: 293 chilometri fra Germania, Austria e Italia, con quasi 14.000 metri di dislivello, distribuiti in 8 giorni consecutivi, coperti in 36 ore e una manciata di minuti. Si fa fatica solo a pensarci… E ha pure vinto! All’inizio del 2016, per la sua prima salita invernale, Tamara ha scelto un ottomila (ti pare?), il leggendario Nanga Parbat. Ci è andata con Simone Moro e al campo base si sono uniti a loro altri due scalatori. A 70 metri dalla vetta, un’oretta di scalata, ha rinunciato: era stremata e non voleva rallentare i compagni, impedendo loro di arrivare in cima e mettendo a rischio la vita di tutti. Una decisione difficile e matura, per una caparbia e inarrestabile come lei. Allora si è girata ed è tornata indietro da sola (era sempre al limite delle forze, eh?). È caduta e scivolava senza sapere come fermarsi, ma lo ha fatto. Ed eccola qui, a sognare un paio di ottomila e qualche settemila. Figlia dello scialpinista Hansjörg, è venuta su a pane e montagna. Che fa con suo padre? Be’, cose tipo 2 seimila inviolati del Karakoram in due giorni… È cresciuta nel rifugio di famiglia, il Santa Croce di Lazfons, a 2.305 metri. Sei mesi lassù, ogni anno. E se vuoi vedere gli amici che fai? Scendi e risali, scendi e risali. Ovvio. Scendere e risalire è normale, per lei, come per noi andare avanti e indietro da casa al lavoro o da casa a scuola (e magari lo facciamo anche in auto). «Conosco solo questa vita. Se dovessi trovarmi in difficoltà economiche, pianterei una tenda in montagna e vivrei lì». Capito il tipo?
Vabbè, è chiaro che guardandola sembra tutto facile facile, ma ti senti più sicuro e capace pure tu. L’Ötzi Glaciar Tour diventa quel che è, un’escursione un pochino impegnativa per chi ha un andamento di pianura. E allora ci si può godere non solo una giornata in un paesaggio alpino spettacolare, ma anche un appuntamento con la storia, raggiungendo, esattamente 25 anni dopo, il luogo in cui fu rinvenuto il corpo di un 45-46enne vissuto 5.300 anni fa. Un quarto di secolo festeggiato come si deve, in valle, fino alle iniziative speciali del 19 settembre, giorno in cui – nel 1991 – una coppia di tedeschi si imbatté in Ötzi e istintivamente pensò a uno sfortunato escursionista… Il 19 settembre 1991 non c’era ghiaccio nella conca che aveva ospitato per millenni il corpo. Riverso a pancia in giù su una pietra, emergeva dall’acqua di fusione. Era così anche il 21 settembre: gli austriaci –meno di cento metri più in là, oltre le creste, è casa loro – avevano dovuto sospendere le operazioni di recupero e sul luogo arrivarono Hans Kammerlander e Reinhold Messner. Non pensarono affatto a un collega sfortunato: quel che restava di abiti e attrezzatura raccontava ben altro, forse di un pastore o un guerriero di qualche centinaio di anni fa. Certo Messner deve essersi mangiato le mani, lui che aveva lasciato i solchi tante erano le volte che aveva attraversato quegli spazi. E arrivare due giorni dopo tali Erika ed Helmut Simon, assurti a fama eterna insieme con la mummia del Similiaun… Non che Messner abbia bisogno di altri per passare alla storia, diritto che ha conquistato sul campo. Però, però… Ötzi è Ötzi, la sua scoperta è epocale. Con lui si sono scardinate convinzioni e costruite nuove realtà. Dopo 25 anni, quella mummia umida conservata al Museo archeologico dell’Alto Adige a Bolzano non ha ancora smesso di sorprendere. Parla di sé, di noi, delle nostre migrazioni, di batteri che hanno viaggiato con l’uomo, di specie animali e vegetali. Ovunque e per sempre, la Val Senales sarà la casa di Ötzi, il luogo del ritrovamento del secolo. Una fama planetaria impensabile da offuscare.
Oggi quella scoperta non sarebbe possibile, nel senso che la conca è colma di ghiaccio, un punto bianco nel bianco. Se non te lo indicano non riesci a individuarlo. Lo si può fare per approssimazione, camminando in direzione nord-est per una settantina di metri a partire dal cippo commemorativo. Sulla targa c’è scritto così. Incredibile in un mondo in cui i ghiacciai si vanno via via sciogliendo, e quello del Giogo Alto non fa eccezione. L’Hochjochferner si estende a cavallo fra Italia e Austria. Più in Austria che in Italia. Sul versante meridionale copre una superficie di meno di due chilometri quadrati e ha una profondità massima di una quarantina di metri. Ma ogni anno si snellisce, e arretra di circa un metro. Fino al 2013 ci si allenavano le nazionali di sci anche in piena estate. Ora no. A vederlo nelle foto scattate dopo il torrido agosto 2015 mette tristezza. Per proteggerlo dai raggi del sole lo coprono in parte con i teli, nei mesi più caldi. Qualcosa fa. Quest’anno è andata meglio, tanto che l’apertura degli impianti sciistici è anticipata al 2 di settembre, prima del rientro di pecore e capre dai pascoli estivi nella valle di Vent, in Austria. Da secoli (probabilmente millenni, tanto che lo stesso Ötzi potrebbe esserne stato coinvolto), gli animali altoatesini oltrepassano il Giogo Alto e il Giogo Basso (che, con i suoi 3019 m, è più alto dell’Alto) a metà giugno e compiono il percorso inverso a metà settembre. Oltre 44 chilometri in due giorni. Quest’anno un primo gregge arriverà il 10 a Vernago, un secondo l’11 a Maso Corto. È una transumanza patrimonio dell’Umanità. Una storia nella storia.

PS: Sì, le “7-8 ore di cammino” prevedono, oltre al meritato pranzo, soste quanto basta per ammirare e fotografare il paesaggio. Tirando linee diritte fra i punti principali, il percorso è di circa 6-7 chilometri, ma ci sono ovviamente saliscendi, zigzag… Nessuno, dicono, si è mai preoccupato di calcolarlo con precisione. Alla fine, l’attestato di partecipazione all’Ötzi Glacier Tour firmato da Tamara Lunger è un personalissimo cimelio, memoria di una giornata emozionante che si conserva con una certa cura…

 

INFO

Ötzi Glacier Tour
30 agosto 2016, con la partecipazione di Tamara Lunger
Prenotazioni entro le 17 di oggi, 29 agosto.
I trekking vengono effettuati anche i martedì 6, 13, 20, 27 settembre e 4, 11, 18, 25 ottobre.
L’escursione è prevista pure il 19 settembre, in occasione dell’anniversario dei 25 anni dalla scoperta della mummia.
Prenotazioni entro le 17 del lunedì precedente.
Costo: 100 euro (minimo 4 partecipanti; su richiesta anche 3, al costo di 120 euro a testa). Compresi nel prezzo la guida alpina, il noleggio dell’attrezzatura tecnica (ramponi, imbraghi, corde, bacchette ecc.), il passaggio a/r in funivia da Maso Corto al ghiacciaio (il biglietto, da solo, costa 25 euro), l’ingresso all’archeoParc Val Senales (che da solo costa 8 euro), l’attestato di partecipazione.
Equipaggiamento personale: scarpe e abbigliamento da montagna, ghette antineve, guanti, berretto caldo, occhiali da sole, crema protettiva, giacca impermeabile, zaino leggero con bevande e provviste per la giornata.
Informazioni e iscrizioni: tel. 0473679148 (Apt Val Senales); online, www.archeoparc.it/it/oetzi-glacier-tour

Per saperne di più su Tamara Lunger: www.tamaralunger.com

Per vedere lo stato del ghiacciaio: www.schnalstal.it/it/servizio/webcam

Articolo Precedente

Viaggi: un angolo di Ecuador tra i murales di Salinas

next
Articolo Successivo

Puglia, vi propongo un itinerario matematico

next