Mentre su Aleppo continuano a cadere le bombe, si complica lo scenario nel Nord della Siria, dove la lotta all’Isis si mescola sempre più alla questione curda. I carri armati di Ankara presidiano da ieri la città siriana di Jarabulus, ufficialmente in chiave anti-califfato, mentre nella non lontana Hassakeh a confrontarsi armi in pugno sono i curdi e le forze siriane fedeli ad Assad. Tra i media locali c’è chi vede in questi eventi un possibile effetto del recente avvicinamento del governo turco all’asse Mosca-Assad. L’obiettivo delle azioni militari, insomma, sarebbe più votato al contenimento dei curdi che non a quello dei jihadisti di al Baghdadi.

HASSAKEH, TRUPPE DI DAMASCO CONTRO I CURDI DEL PYD. Hassakeh è stata teatro di scontri fra le forze fedeli a Damasco e le milizie dell’Ypg – Unità di protezione popolare – il braccio armato del Pyd (Partito dell’Unione democratica), che è la branca siriana del Pkk turco. Gli scontri sono terminati solo due giorni fa grazie al raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco. Da un lato, “gli scontri a Hassakeh sono nella norma, non c’è nessun cambiamento”, scrive Majid Mohamad, giornalista curdo siriano, originario di Hassakeh. “A Qamushli – prosegue – circa sei mesi fa, ci sono stati alcuni scontri fra i Comitati Popolari (forza paramilitare fedele al governo di Damasco) e l’Ypg, a causa di azioni criminali dei primi. Il consiglio delle tribù e quello locale hanno fatto da mediatori fra le parti: si è raggiunto un accordo in cui il governo di Damasco ha promesso di sciogliere i Comitati Popolari in città. Il non aver mantenuto questa promessa, insieme alla reiterazioni di azioni criminali di questi a Hassakeh, ha dato il via ai combattimenti di questa settimana. Anche questa volta si sarebbero risolti velocemente, sempre con la mediazione delle tribù e del consiglio locale, se il governo di Damasco non avesse usato, per la prima volta, l’aviazione contro i curdi: ciò ha interrotto ogni trattativa”.

Settimana scorsa, il governatore di Hassakeh, Mohammad Zaal al-Ali, è apparso alla televisione di stato siriana, spiegando che “il Pkk – riferendosi all’Ypg che è il suo braccio armato in Siria – ha tagliato la strada di collegamento fra il reggimento 21 e 23, fra la città e Qamishli” e questo ha scatenato l’offensiva delle forze di Damasco. Il governatore ha ricordato che “i nostri fratelli curdi – riferendosi all’Ypg –hanno combattuto al nostro fianco contro i terroristi e hanno ricevuto supporto. Li invito a ritornare sui propri passi e alla loro ‘sirianità’!” si è appellato al-Ali.

“ERDOGAN SPINTO DA PAURA DEI CURDI PIU’ CHE DELL’ISIS”. Diversi analisti concordano comunque sul fatto che questo cambio di rotta fra il governo di Damasco e il partito curdo deriverebbe dal progressivo riallineamento della Turchia all’asse Putin-Assad. “Non è stata la paura dell’Isis – commenta Ghassan Sherbal, editorialista di Al Hayath, uno dei maggior quotidiani panarabi – a costringere Recep Tayyip Erdogan a camminare sopra le macerie del proprio ego. Ma è stata la paura verso i curdi – turchi e siriani. In questa ottica si è in grado di comprendere il viaggio di Erdogan a San Pietroburgo e la sua prossima visita a Teheran. A ciò va aggiunto l’annuncio di Ankara sull’accettazione di un ruolo del presidente Bashar al-Assad in una fase di transizione e le indiscrezioni, pubblicate da As Safir, quotidiano libanese vicino al governo siriano, riguardo al viaggio nei giorni scorsi a Damasco di Hakan Fidan, capo dell’intelligence turca e uomo fidato di Erdogan.  “Questi scontri a Hassakeh – prosegue Sherbal – sarebbero un messaggio di Damasco alla Turchia: la linea dura (comune) contro le opposizione curde potrebbe essere il ponte per ripristinare i rapporti fra Asad e Erdogan”.

L’entrata a Jarablus, altra città siriana a ridosso con il confine turco, di alcuni reparti speciali e carri armati turchi, supportati da gruppi d’opposizione di ribelli siriani, è un segnale del riavvicinamento fra Mosca, Damasco e Ankara che ha come conseguenza la maggior libertà d’azione dell’ultima per portare avanti i propri interessi: far ritirare i curdi oltre l’Eufrate, prevenendo un ulteriore avanzata che li conduca a collegare il Rojava – il Kurdistan siriano – con il cantone di Afrin, controllato dai curdi.
Durante questi anni, il partito curdo è riuscito a intessere rapporti di collaborazione con gli americani e russi, in una strategia a doppio binario. Gli americani, dopo diversi falliti tentativi di supportare milizie siriane ribelli, come Haraka al Hazm, che agissero promuovendo l’agenda di Washington, hanno puntato sull’Ypg come attore armato locale per portare avanti la lotta all’Isis. Per stemperare le tensioni curdo-arabe “gli americani hanno formato la Forza Siriana di Difesa: una formazione offensiva che l’obiettivo di riprendere i territori dall’Isis” sottolinea Majid. A loro volta, i Russi hanno trovato nell’Ypg un partner nella lotta alle formazioni ribelli siriane. Questo sodalizio fra l’YPG e Mosca si ufficializzò con la visita, nell’aprile del 2015, di una delegazione guidata da Salih Muslim, il co-presidente del partito, nella capitale russa.

IL DOPPIO BINARIO DEL PYD: SOLDI DAGLI USA, LEGAMI CON MOSCA”. “Questo sistema – analizza Mohamed Diub, sul quotidiano panarabo araby al Jadid -, ha garantito al Pyd armi, denaro e gli ha agevolato la presa del controllo delle città del nord della Siria, diventando un attore locale potente. Ma il suo ruolo crescente ha aumentato i dissapori con Damasco, specialmente quando è stato dichiarato l’autogoverno nei territori del Rojava e con la progressiva marginalizzazione del ruolo delle tribù arabe del nord”. “Nel 2011 – ricorda Hashem, siriano curdo rifugiato in Svizzera dal 2010 –, il governo siriano diede la cittadinanza alle centinaia di migliaia di curdi siriani che fino ad allora erano stati apolidi, credendo che così non avrebbero preso parte alle manifestazioni contro il governo. La vita dei curdi siriani non era facile prima del 2011: dovevi far fronte al razzismo, alla mancanza di molti diritti, al non avere la cittadinanza. Io insegnavo arabo agli studenti stranieri che in quegli anni affollavano Damasco. C’erano tre membri dei servizi di sicurezza che mi estorcevano continuamente soldi. L’ultima volta, prima di lasciare la Siria, ero stato convocato alla sezione palestinese del servizio segreto a Damasco: quattro ore di interrogatori, insulti e la paura di non uscire più”. Ma, nonostante la concessione della cittadinanza, le proteste dei curdi continuarono. “Questo deve aver indotto Assad a cambiare strategia – ipotizza Hashem –, consegnando il controllo del territorio al Pyd” .

Queste contingenze hanno condotto il Pyd a diventare il partito curdo siriano egemone. “Forse era inevitabile – riflette Hashem. Per trent’anni, i curdi in Siria si erano divisi fra chi sosteneva Ocalan (il leader del Pkk turco) o Barazani (del rivale Pdk e presidente del Kurdistan iracheno). Si è guardato ai partiti curdi al di fuori della Siria perché i servizi segreti siriani erano stati capaci di frammentare l’opposizione politica curdo-siriana. Ma Ocalan, e il Pkk, è stato protetto per molto tempo da Hafez al Asad”. “Chi dice che l’Ypg è alleato di Damasco lo fa per screditarlo – sostiene Majid. Il partito non ha aperto un altro fronte di combattimento con il governo siriano perché la lotta si è concentrata contro l’Isis. Chi fra i curdi scredita il Pyd – prosegue Majid – è un sostenitore del Consiglio Nazionale Curdo”.

MA IN SIRIA I CURDI SONO SPACCATI. I curdi in Siria sono politicamente spaccati in due aree: quella ormai minoritaria del Consiglio nazionale curdo, vicino all’opposizione siriana, e quella del Pyd, di fatto branca siriana del Pkk. “E’ normale – spiega Majid – che sia emerso il Pyd perché, come ogni altra organizzazione partitica, si è guadagnato il consenso sul campo lottando contro l’Isis, Jubhat al Nusra e tutte le altre formazioni jihadiste”. Le tensioni fra queste due correnti continuano a crescere, tanto che il 18 agosto, il sito curdo Rudaw riporta la notizia di alcune manifestazioni che si sono svolte in diverse località del Rojava per protestare contro l’arresto di alcuni rappresentanti del Consiglio nazionale curdo, da parte delle forze del Pyd. “Oggi, siamo scesi per le strade per condannare gli arresti a opera del Pyd contro i membri del Consiglio nazionale” ha detto a Rudaw Adulqadir Khalil, membro del Consiglio. “Sfortunatamente, – ha dichiarato al sito curdo Salih Simo, altro esponente del Consiglio – le azioni del Pyd, in un momento in cui dovremmo darci la mano, non servono agli interessi della nostra nazione”. Il giorno dopo l’intervista, riporta sito web, Simo è stato arrestato dal Pyd.

A questi attriti interni fra le varie anime curde, le convergenze fra Assad, Putin e Erdogan, si va a sommare la politica che Teheran ha verso i curdi: l’ascesa dell’Ypg rappresenta un pericolo nell’ottica di un possibile riaccendersi della richiesta di autonomia da parte dei curdi iraniani e della altre minoranze, a cominciare da quella sunnita. Mentre in Iraq le discussioni in corso a Baghdad intorno al ruolo dei Peshmerga nelle forze “Hashd al-Shabi” (mobilitazione popolare), nella battaglia per liberare Mosul da Isis, vertono intorno a due visioni: quella a breve termine, che si concentra sulla priorità della lotta al Califfato; quella a medio termine, in cui si teme la minaccia dell’indipendenza totale di Erbil da Baghdad. “Bisogna guardare tutto con occhio critico: non ci sono santi in Siria” conclude Hashim.

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