Quella del cosiddetto radical chic è per molti aspetti una creatura mitica. Beninteso, nulla di male se con tale espressione lievemente dispregiativa si voglia dipingere una persona benestante che si compiace di assumere posizioni anche avanzate su determinati temi ma senza poi far conseguire una condotta coerente alle proprie esternazioni. Si direbbe che tale definizione ben si attagli a determinati personaggi usi a trascorrere le vacanze estive in quel di Capalbio, luogo che viene oggi all’onore delle cronache per l’opposizione veemente di parte (non tutti per fortuna) dei suoi vacanzieri e beninteso dell’amministrazione comunale al fatto che sia istituito in loco un centro d’accoglienza per migranti.

La motivazione è talmente risibile che si è tentati di dare ragione perfino a Salvini quando ironizza in merito. Si tratterebbe cioè di un “luogo speciale”, non si capisce perché beneficato dalla natura e dalla storia, ovvero dalla presenza di stuoli di radical chic in genere di estrazione “sinistrorsa” (quella sinistra invero davvero sinistra di cui farebbe parte anche il senatore di Sel che ha espresso repulsione alla possibilità di venir considerato alla stregua di un metalmeccanico. Ohibò, e poi ci meravigliamo se Di Battista e Di Maio, che sono persone oneste e non avrebbero nulla in contrario di essere considerati a tale stregua, mietono, e aggiungo giustamente, consensi fra le classi popolari e operaie del nostro Paese).

Luogo speciale? Delle due l’una. O la presenza di migranti e richiedenti asilo è fonte di degrado e quindi va distribuita equamente sul territorio nazionale. Ovvero, può non esserlo, e da questo punto di vista un territorio come quello di Capalbio ben si presta, anzi probabilmente si presta meglio di altri, ad ospitarli. Fonte di degrado o no? Io propendo per la seconda, purché ci sia una gestione attenta, oculata e intelligente del fenomeno. E non si tratta di ideologia, ma di prestare attenzione ai luoghi, non meno speciali, per tanti motivi, di Capalbio, che hanno trasformato la presenza di migranti e richiedenti asilo in un fattore di crescita e di sviluppo, non solo economico ma anche morale e culturale. In genere si cita in tal senso l’esperienza di Riace, ma sicuramente ce ne sono altre che andrebbero identificate e valorizzate. Certo molto dipende dalla qualità della compagine sociale destinata a offrire l’accoglienza e da quella della sua rappresentanza istituzionale. E qui, ahinoi, potrebbe cascare l’asino.

Quello che deve essere chiaro è a ogni modo che nessun territorio, “speciale” o meno, ha diritto di sottrarsi a uno sforzo di solidarietà che ha radici normative sia di carattere nazionale (art. 2 della Costituzione) che internazionale (Dichiarazione universale dei diritti umani, Patti delle Nazioni Unite sui diritti umani, Convenzione di Ginevra sui rifugiati, ecc.). Certamente è auspicabile che il ministero dell’interno attui moduli decisionali partecipativi, ma nessun diritto di veto può essere riconosciuto al riguardo alle amministrazioni locali.

Bene ha fatto quindi il governatore piddino della Toscana a criticare il miope atteggiamento del sindaco di Capalbio (anche se bizzarramente ha voluto infilarci dentro un’autostrada che non c’azzecca proprio niente) e meglio ancora hanno fatto vari giovani imprenditori e residenti del luogo che hanno chiesto che i migranti vengano accolti.

Occorrerebbe anzi spingersi più in là promuovendo, come fa il governo canadese, l’ospitalità, ovviamente su base volontaria, di migranti e richiedenti asilo da parte delle famiglie. Se poi alla fine di questo itinerario luoghi come Capalbio saranno contrassegnati più dalla presenza di nuclei familiari e singoli in cerca di asilo e meno da vacanzieri più o meno radical chic, tanto meglio.

Quello che tutti, radical chic o meno, debbono finalmente comprendere, è che la sfida che ci pongono migranti e richiedenti asilo va affrontata e vinta facendo leva su percorsi di integrazione e solidarietà umana che possono risultare vincenti. Alla faccia dei trogloditi, votati all’estinzione, che parlano a vanvera di “invasione” e appoggiano Salvini quando afferma che ci vuole una pulizia etnica. L’avvenire del nostro Paese, come di tutto l’Occidente, è multi e interculturale.

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