“Non ho bisogno di dimostrare nient’altro. Che altro posso fare per dimostrare al mondo che sono il più grande?”. Sono queste le prime parole di Usain Bolt dopo la conquista dell’ottavo oro olimpico. Otto ori che con ogni probabilità diventeranno nove grazie alla staffetta. Bolt scherza gli avversari – sempre più sparring partner per le sue esibizioni – anche sui 200 metri. “Sto cercando – ha aggiunto dopo la gara – di essere uno dei più grandi. Essere tra tra Muhammad Ali e Pelé. Spero che dopo questi Giochi sarò in quel gruppo”. Il mezzo giro di pista lo consacra ancora una volta come la star internazionale dell’atletica leggera. Senza rivali. Questa volta Justin Gatlin si è tirato fuori dai giochi già in semifinale, mentre Andre De Grasse si è inchinato in finale.

Il giamaicano ha corso in 19”78 facendo il vuoto attorno a sé grazie a una partenza veloce. È stato l’unico sotto i 20 secondi e probabilmente il riferimento cronometrico è stato più lento del voluto, come dimostrato in maniera palese con un gesto di stizza dopo l’arrivo. Il secondo posto è andato a De Grasse in 20”02, mentre il bronzo – a sorpresa – se lo mette al collo il francese Christophe Lemaitre grazie al 20”12 che gli ha permesso di bruciare al fotofinish Adam Gemili e conquistare una storica medaglia nella velocità dopo una carriera all’apparenza in fase calante. Invece il treno lanciato da Bolt, vicino di corsia, gli ha permesso di impostare un grande finale.

Con il successo nei 200 diventano quindi otto gli ori conquistati da Bolt da Pechino 2008 a Rio 2016. La scheggia di Trelawny chiuderà le sue avventure olimpiche da imbattuto, se dovesse trionfare anche con la staffetta. Una dittatura indiscussa nella velocità. Iniziò tutto il 16 agosto di otto anni fa con il 9”69 – nuovo record del mondo, poi ritoccato – stampato nelle Olimpiadi cinesi, bissato quattro giorni più tardi con il 19”30 sui 200, altro tempo mai registrato prima e poi abbattuto ancora. Infine la vittoria nella 4×100, medaglia che Bolt rischia di perdere per la positività del compagno Nesta Carter. A Londra, altro capolavoro. Il 5 agosto firma la vittoria nella gara regina in 9”63 davanti al connazionale Yohan Blake, poi fa 19”32 in scioltezza, ancora seguito da Blake, nei 200 e trascina la staffetta.

Nella notte di Ferragosto ha messo il settimo sigillo e ora fa otto grazie al mezzo giro di pista. Imprendibile, inarrivabile. Un alieno, la migliore macchina da corsa mai concepita dalla natura che in otto anni non ha trovato un avversario degno con il quale confrontarsi nei grandi appuntamenti internazionali. Nella sua carriera c’è un solo buco: ai mondiali di Daegu 2011 venne squalificato per aver anticipato la partenza. Anche allora, se non si fosse fermato da solo, non avrebbe incontrato rivali. Non li ha mai avuti, l’imbattibile scheggia di Trelawny. Il più grande di sempre.

Aggiornato dalla redazione alle 11:25 del 19/08/16

Articolo Precedente

Rio 2016, pallanuoto: Italia battuta dalla Serbia in semifinale

next
Articolo Successivo

Rio 2016, l’occasione perduta di Casa Italia dove si entra solo con invito

next