Oltre 17mila detenuti sono morti nelle strutture di detenzione del governo siriano dall’inizio della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad nel 2011, secondo Amnesty International. L’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani rende noto il bilancio pubblicando un rapporto in cui parlano anche 65 sopravvissuti a torture subite in prigione. Nelle testimonianze raccolte vengono messi in luce gli abusi e le condizioni disumane delle strutture detentive gestite dalle agenzie d’intelligence siriane e nella prigione militare di Saidnaya, nei pressi di Damasco. I sopravvissuti descrivono metodi di tortura che includono scariche elettriche, violenze sessuali, asportazione delle unghie di mani e piedi, bruciature con sigarette o acqua bollente. Tra quelle mura si consumano veri e propri “crimini contro l’umanità” secondo Amnesty, che punta il dito contro le forze governative di Damasco ricostruendo le esperienze di migliaia di persone attraverso i casi raccolti.
“Da decenni le forze governative siriane usano la tortura per stroncare gli oppositori. Oggi – ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International – viene usata nell’ambito di attacchi sistematici contro chiunque, nella popolazione civile, sia sospettato di non stare dalla parte del governo. I Paesi della comunità internazionale, soprattutto Russia e Stati Uniti che condividono la direzione dei colloqui di pace sulla Siria, devono mettere questo tema in cima all’agenda delle discussioni tanto col governo quanto con i gruppi armati e sollecitare gli uni e gli altri a porre fine alla tortura”, ha aggiunto Luther.
Amnesty ha chiesto inoltre il rilascio di tutti i prigionieri per motivi di coscienza

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