Siamo più connessi e più stanchi. Quasi tutte le professioni ormai necessitano l’uso di computer, cellulare, tablet, posta elettronica, internet, e un flusso enorme di informazioni entra nel nostro cervello. E dobbiamo elaborare tutto con velocità. Ma con quali rischi? Eccoli: mal di testa cronico, ansia, ipertensione, attacchi di panico, insonnia, disturbi cardiocircolatori e gastrointestinali, e, nei casi gravi, la depressione e la follia, come accade con la Internet Addiction Disorder, citata nel manuale mondiale delle malattie psichiatriche.

L’ennesimo allarme, che conferma il trend sociale, arriva da una ricerca dell’Università di Melbourne, curata dai ricercatori Shinya Kajitani, Colin McKenzie e Kei Sakata, un team austrialiano e giapponese che ha analizzato le capacità cognitive di 6.500 austrialiani che hanno più di 40 anni. Cosa hanno scoperto? Chi lavora più di 25 ore alla settimana segnala una riduzione della produttività mentale, problemi di memoria e più stanchezza. In pratica, tenendo conto che di solito si lavora dal lunedì al venerdì, la ricerca ci dice che lavorare più di 5 ore al giorno manda in tilt i neuroni. E i ricercatori aggiungono: una delle cause è da individuare nell’aumento di stress che riduce le ore di sonno. Ok, bravi. Ma non lo sapevamo? Forse la novità sta nel gruppo omogeno analizzato: i quarantenni. Ma per il resto era già noto che lavorare troppo – e oggi significa usare le nuove tecnologie connesse – provoca stress, tecnostress e problemi di salute. Di ricerche de genere, infatti, ne esistono tante. Potremmo riempire un hard disk con un terabyte di memoria.

Il problema è un altro: chi lavora meno di 5 ore a settimana? Oggi nessuno. Nel 2015 ho curato una ricerca sul rischio tecnostress, che ha coinvolto 1.009 lavoratori digitali. Sapete cosa è emerso? La maggioranza lamenta problemi di salute a causa delle troppe informazioni che deve gestire per lavoro. La loro giornata lavorativa è in media di 8-9 ore. In alcuni casi superano le 12 ore. In una settimana, quindi, dichiarano di lavorare oltre 50 ore. Cioè il doppio del limite indicato dalla ricerca australiana. Ma non è tutto. Il 66,2% dei mille lavoratori digitali che ho interpellato dichiara di lavorare con cellulare e tablet anche prima di addormentarsi, mentre il 53,3% rivela di lavorare anche il sabato e la domenica, avendo sempre a portata di mano computer, internet e cellulare. A quante ore siamo arrivati? Direi anche 60 ore settimanali.

Un esempio di categoria professionale più a rischio sono proprio i giornalisti (un’attività che ho svolto a tempo pieno per oltre trent’anni, quindi conosco i pericoli della troppa informazione). Ciò emerge, ad esempio, da un’altra ricerca che ho curato nel 2009 sulle dieci professioni più tecnostressanti e i giornalisti sono nella top ten. Un esempio? Nei giorni scorsi la giornalista Emily Casciaro ha pubblicato un post nel gruppo Giornalisti italiani su Facebook: “La vacanza di una giornalista free lance: ipad sempre in borsa, c’è sempre un comunicato urgente da scrivere o dichiarazione da inviare; conviene portare anche il Pc portatile: non si sa mai, può servirti un documento in archivio da consultare; la sveglia è sempre alle 7,30 per consultare giornali on line e fare selezione di quelli che interessano: mai restare indietro con gli eventi! Reperibilità H24. Controllo preventivo della linea nella zona dove si sta andando. ‘Se non c’è campo sono rovinata’. Il telefono è sempre a portata di mano, per condividere post, mettere like, rispondere alle telefonate. Se sto scrivendo in spiaggia, non è che sto chattando con la mia amica, sto lavorando!

E tu? Quante ore lavori alla settimana?

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