Dimenticatevi l’erba perfetta dello Juventus Stadium oppure la suspense della Premier League con la FA Cup e le partite a Natale e Capodanno che tutti vogliono vincere. Il calcio in Groenlandia si gioca sul terreno meno malmesso dell’isola e soprattutto lo si gioca in una sola settimana, tradizionalmente ad agosto, considerato che qui la neve c’è nove mesi all’anno e le temperature rimangono quasi sempre sottozero.

Se per noi italiani tre mesi sembrano troppi senza la Serie A, in Groenlandia, gli appassionati del pallone hanno dovuto attendere un anno intero per vedere i loro beniamini tornare in campo lo scorso 8 agosto, mentre l’assegnazione del titolo si terrà già domenica 14 con le due finali. Innanzi tutto va specificato che la Groenlandia a livello calcistico non fa parte della FIFA, a causa di diverse ragioni logistiche che ne impediscono da sempre l’affiliazione. Una su tutte? La mancanza di terreni in erba naturale che per altro costringono la nazionale a emigrare sempre in trasferta persino per le amichevoli, anche perché nessuno si sognerebbe mai di rincorrere il pallone in un campo di ghiaccio, con il rischio di infortunarsi seriamente.

Non solo, un altro grosso problema sarebbe il collegamento sia via nave che aereo, che comunque comporterebbe ogni volta costi esorbitanti e non sostenibili. Tutto questo nonostante i groenlandesi più volte abbiano fatto richiesta per superare questa barriera che sembra essere insormontabile. Quindi tra campi di terra battuta e pozzanghere di neve, il B-67 di Nuuk, la squadra locale più celebre, va anche quest’anno a caccia del suo quinto titolo consecutivo, dove le avversarie hanno nomi impronunciabili come Siuteroq 43 e Kagssagsuk.

In un torneo dove la maggior parte dei calciatori scende in campo con la tuta al posto dei calzoncini per via del freddo polare e dove gli “stadi” in realtà sono dei campetti oratoriali, l’agonismo e una severa terna arbitrale di certo non mancano. Il calcio del resto nel Paese degli eschimesi non è una novità degli ultimi tempi, anzi è a partire dal 1954 che si giocano in forma ufficiale i campionati, naturalmente in forma ristretta e sempre d’estate. Su 55 mila abitanti infatti ben 5000 sono coloro che lo praticano, ovvero 1 calciatore su 10 abitanti, sebbene non si ricordano risultati eclatanti nel rispettivo campionato.

Rimangono comunque 70 squadre che prima di giungere alla finale di Nuuk, devono sudare la gloria nei campetti sperduti in mezzo ai ghiacci, dove i tifosi si arrampicano sulle rocce che fungono da spalti. Eppure i bambini che decidono di giocare a calcio crescono con in camera il poster di Jesper Grønkjær, gloria locale ed ex calciatore di Ajax, Chelsea e Atletico Madrid, giunto a diventare bandiera della Danimarca, essendo Nuuk, la capitale della Groenlandia, dipendente dallo stato danese.

Un calcio come simbolo di aggregazione di sociale, considerato che il problema della disoccupazione resta elevato e la piaga dell’alcolismo come conseguenza sono sempre in agguato in questa terra fredda e lontana. Nel frattempo, dopo le continue richieste ci si aspetta sempre una risposta da parte della FIFA, perché i groenlandesi nonostante i tanti rifiuti non si arrendono, in un Paese dove tra campi di ghiaia e ghiaccio la passione per il calcio resta eterna.

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