Mi chiedo come farebbero gli uomini (Sì, sì, non tutti, ci sono pure quelli bravi e buoni, lo so) ad articolare un discorso su un aspetto qualsiasi della metà femminile dell’umanità, se le donne non avessero una anatomia. Intendo proprio anatomia, non autonomia. Fateci caso: quando si parla di donne, la loro anatomia fornisce gran parte degli elementi del discorso. Il vocabolario, le definizioni, gli elementi dei paragoni, le metafore e le analogie, le immagini di sintesi e via elencando. E non importa quanto astratto sia il concetto: è sempre attraverso una immagine del soma che esso viene formulato e comunicato.

Si arriva così al punto che, per satireggiare, mettere alla berlina, deridere, rendere ridicola (scegliete voi) l’incompetenza e l’arroganza di una ministra, si parla delle sue cosce. Ora qualcuno mi dovrebbe spiegare qual è il nesso semantico che lega le cosce all’incompetenza e all’arroganza. Longilinee o paffutelle che siano, non riesco a vederne né i nessi oggettivi, operativi né quelli metaforici o analogici con l’incompetenza costituzionale, l’insensibilità istituzionale, la presunzione, l’arroganza, l’egocentrismo spinto fino alla sordità totale ai segnali che le arrivano dall’ambiente, tutte ‘qualità’ queste ultime che non fanno certo difetto alla ministra.

Afferma Mannelli, l’autore della vignetta di cui stiamo discutendo: “Si parla delle cosce per coprire il vuoto”. Ma trattandosi (suppongo) del vuoto di un cervello che fa parte del governo, meglio sarebbe metterlo in mostra, indicarlo al ludibrio popolare, contribuire ad aprire gli occhi degli italiani sulle vere carenze di questa donna di governo. A meno che la signorina ministra non sia del tutto priva di cervello, cosa che, trattandosi di una donna, non è da escludere che qualcuno pensi. E è ovvio che, se il cervello non c’è, non lo si può satireggiare.

Mi è stato fatto notare da un giovane e intelligente collega che non di rado sono le donne stesse che mescolano il discorso anatomico a quello politico; e non in senso metaforico, ma molto concretamente, in relazioni di scambio. E’ vero. Ma questo discorso va fatto completamente, non a metà, proprio perché è un discorso di scambio, cioè un discorso che coinvolge due attori. E perché lo scambio anatomia/politica vada a buon fine, entrambi i contraenti devono essere d’accordo. Allora chiedo: se un Capo, tanto più un Capo che gestisce su delega, su mandato, beni e risorse che non sono suoi, ma nostri e la cui cattiva gestione danneggia noi più di lui, se questo Capo ha così poca considerazione del compito dei suoi più diretti collaboratori , anzi collaboratrici, da ritenere che nel loro curriculum siano determinanti le misure anatomiche più di un eventuale dottorato in diritto costituzionale…….. se un Capo si comporta così, lo considerereste estraneo allo scambio? Lo considerereste innocente? O magari raggirato, ingannato e sedotto dalla maliarda?

Spero di non essere per queste mie considerazioni respinta nel recinto dei conformisti, servili e bigotti; vorrei solo dire a Mannelli e a Travaglio (che lo sanno meglio di me, non per nulla sono i due grandi professionisti che sono), che la satira deve rendere evidente l’assurdo. E dunque forse sono io che non ho capito la vignetta di Mannelli.

Inseriamo una nota inviataci dall’autrice

Caro Direttore,

nei commenti al mio ultimo intervento in questo blog e al mio ultimo intervento in una trasmissione televisiva ripresa da Il Fatto on line, sono presenti numerose espressioni a me indirizzate , che considero inaccettabili. Non si tratta infatti di critiche alle mie opinioni, sempre legittime, né di insulti, sempre ignorabili; si tratta di affermazioni false che mettono in dubbio la mia correttezza professionale e la mia onorabilità personale. Pertanto vorrei pubblicare le informazioni che seguono, ad uso di quei lettori che apprezzano i fatti e non le insinuazioni. Non ho un contratto né con Il Fatto on line, né con la7 né con la RAI , né l’ho mai avuto con nessuna delle tre. Non ho mai avuto un emolumento, pagamento, assegno da nessuna delle tre emittenti e neppure un rimborso spese, tranne l’ accompagnamento in taxi o in una macchina della produzione da casa mia agli studi e ritorno, quando partecipo a una trasmissione. Questo rapporto privo di contenuto economico mi lascia un’ampia libertà nella scelta degli argomenti e nel modo di trattarli. Essendo titolare di una pensione che mi consente di vivere decentemente, ho la libertà di partecipare al dibattito politico nazionale senza ricavarne emolumenti di alcun genere. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare le redazioni che mi danno questa opportunità. A proposito di pensioni: sono andata in pensione a 72 anni nel 2006, a norma di legge. Sono pensionata dell’Università Federico II di Napoli, dove ho insegnato come professore universitario ordinario di antropologia culturale. Dopo il pensionamento sono stata chiamata dal Preside della facoltà di Sociologia dell’Università La Sapienza di Roma per tenere per supplenza annuale l’insegnamento di antropologia culturale. Questa prassi è stata adottata da molte università: poiché non vengono bandite cattedre perché né il MIUR né le università hanno fondi, si incarica della supplenza un professore in pensione, che praticamente non viene pagato, ma mantiene in vita l’insegnamento in questione. Se ricordo bene, è previsto un compenso che si aggira intorno ai 1000 Euro all’anno, meno di 100 Euro al mese. Comunque ho smesso di tenere questa supplenza nel 2009, né ne ho assunte altre. Quanto alla mia produzione scientifica, Wikipedia ne dà un quadro piuttosto ridotto. Sono stati tradotti oppure pubblicati direttamente in spagnolo, inglese, francese e tedesco sia miei libri che saggi e articoli. Alcuni hanno ricevuto giudizi assai lusinghieri da colleghi autorevoli, un volume ha vinto due premi. Ma non voglio tediare i lettori. Mi piacerebbe però che si parlasse dei comportamenti altrui con un minimo di cognizione di causa.

Con questo auspicio, Direttore, ti saluto e ti ringrazio per l’ospitalità. 
Amalia Signorelli

Roma, 18.8.16

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