Alla vigilia della prova della fossa olimpica, l’azzurro su cui puntare – vuoi per una semplice questione anagrafica – sembrava il vicecampione in carica Fabbrizi. Invece sulla pedana brasiliana nessuno si è accorto delle 46 primavere di Pellielo: quasi che il tempo non passasse per il veterano del tiro al volo. In realtà entrambi gli italiani erano arrivati bene in finale, con un percorso diverso ma ugualmente convincente: perfetto nel primo giorno Fabbrizi (75/75), poi molto impreciso e ultimo dei qualificati; in grande rimonta Pellielo, alla fine addirittura primo. Purtroppo la giornata storta dell’argento di Londra è proseguita anche in finale: Fabbrizi è scivolato subito indietro con una percentuale di errori del 50% e non ha superato il primo taglio (sesto alla fine). Con 14/15, invece, Pelliello si è garantito l’ennesima medaglia olimpica e la possibilità di sfidare il croato Glasnovic, uno dei favoriti, unico a chiudere la cosiddetta “semifinale” con percorso netto.
Dalle finaline che precedono il gran finale, esce il bronzo del britannico Ling (a sorpresa a scapito di Kostelecky, olimpionico di Pechino, solo quarto). Poi è di nuovo Italia-Croazia come a Londra 2012, ormai un grande classico del tiro a volo olimpico, solo con interpreti diversi. Il primo a sbagliare è proprio Glasnovic, ma Pellielo non ne approfitta e anzi con due errori di fila scivola indietro. L’oro, per l’ennesima volta, sembra sfumare in quel black-out tra ottavo e nono piattello. Invece il croato regala un altro, insperato passaggio a vuoto che vuol dire di nuovo spareggi. Purtroppo neanche questa è la volta buona: il quarto colpo ad oltranza è fatale a Pellielo. Ancora d’argento, come a Pechino ed Atene. Mai d’oro. Forse è destino, per uno dei più grandi tiratori di sempre che da 28 anni di carriera e sette edizioni olimpiche sogna invano questa medaglia. O forse l’eterno Johnny ci riproverà fra quattro anni in Giappone.