“Offensive”, “indegne”, “scandalose”. Del tutto infondate. Mosca passa all’attacco dopo le accuse di Hillary Clinton, secondo cui la Russia avrebbe hackerato le mail del Partito democratico. Washington, dice il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, sbaglia ad accusare Putin di irregolarità senza prima indagare le accuse. Perché quelle “dichiarazioni emotive” non hanno “nulla di concreto”, sono “parte della retorica della campagna elettorale e non stabiliscono nulla di definito”. E costituiscono una copertura per nascondere il fatto che la campagna elettorale democratica sia stata manipolata. Inoltre, Peskov ha sottolineato che le agenzie russe non sono coinvolte in azioni di cyber terrorismo ma che anzi hanno “ripetutamente sottolineato la necessità della cooperazione internazionale, incluso con i nostri partner americani, nel contrastare tali pericolose manifestazioni. Non c’è stato tuttavia alcun segno di una volontà a cooperare e collaborare”.

Peskov ha poi ricordato che “accusare hacker russi di alcune azioni non è la stessa cosa che accusare la leadership russa o il governo russo. Dichiarazioni per cui la Russia è dietro le azioni di alcuni hacker sono anche assurde perché la Russia è una nazione”. Ancora più nette le parole che arrivano dal ministero degli Esteri russo, che definisce le dichiarazioni della candidata alla Casa Bianca offensive e indegne, così come fa anche l’ambasciatore Andrei Krutitskikh, rappresentante speciale di Putin per la cooperazione internazionale nella sicurezza informatica. “Penso che sia semplicemente scandaloso – ha detto il diplomatico – e un segno di debolezza arrivare a questo tipo di argomentazioni. La mia posizione – ha aggiunto – è basata sul fatto che gli americani non hanno presentato e non presentano nessuna lamentela ufficiale”.

“C’è una certa contraddizione – ha proseguito il diplomatico -: le pretese arrivano dai rappresentanti che lottano per la poltrona presidenziale, e i rappresentanti ufficiali della Casa Bianca o evitano di commentare o lo fanno in modo vago, senza però presentare ufficialmente le richieste, perché se si vuole andare in fondo alla questione si tratta di tentativi di intromettersi in affari interni. Perciò reagiamo a ciò molto seriamente, perché sembra piuttosto offensivo e indegno del livello stesso della campagna elettorale presidenziale” americana.

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